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numero 41 - ottobre 2016

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The courage to take command

The courage to take command

The courage to take command
Jill Morgenthaler
The courage to take command
Open University Press. McGraw-Hill Education, 2015 Pp. XX+188, £ 15.99.

L’autrice è una persona speciale dato che è stata la prima comandante di battaglione e di brigata in due scenari particolarmente complessi, e la prima donna comandante nell’area della intelligence in Sud Corea e in Germania. Oggi in pensione, Jill Morgenthaler è stata impegnata anche in zone di guerra come l’Iraq e la Bosnia, alla guida sia di operazioni militari, sia di operazioni di ricerca e gestione delle informazioni, e anche di operazioni umanitarie, a favore delle popolazioni civili. Per tutti questi incarichi è stata insignita di diversi riconoscimenti al merito. Ma la sua testimonianza non si limita a questo, ed è bene ricordare proprio il momento in cui Jill Morgenthaler ha iniziato a muovere i primi passi nell’ambito militare. Era il 1975 quando, insieme a una ottantina di cadette di sesso femminile, entrò a far parte di un raggruppamento costituito da circa cinquantamila uomini… Si trattava dei primordi dell’inserimento delle donne nell’esercito americano e si può comprendere come questo insieme di esperienze abbia ben presto forgiato il carattere dell’autrice, permettendole di vivere un ventaglio di esperienze senza dubbio molto impegnative, ma anche variegate e differenziate.

Dunque, in questo libro sono condensate le riflessioni che scaturiscono da circa trenta anni di esperienza militare operativa, tradotte in commenti e analisi sulla leadership e sulla gestione delle truppe. Accanto a tali riflessioni ve ne sono molte altre che coprono un arco di tematiche ampio. Ad esempio, la gestione del problema legato alla prostituzione quando nel 1977 fu inviata in Corea del Sud – un ambiente in cui, agli occhi dei soldati, qualunque essere di genere femminile era assimilato immediatamente a un corpo da poter prendere, pagando – e la fatica nel farsi riconoscere nel ruolo di comando da coloro che, pregiudizialmente, riconoscevano in tale ruolo solo l’uomo: “ho imparato molte lezioni sotto le armi su come guadagnarsi il rispetto, gestire un team, superare le opposizioni… Tutte cose che mi hanno aiutata nella vita d’azienda perché la buona leadership è sempre la buona leadership” (p. XIX). E proprio a come superare gli ostacoli e a come fronteggiare tutti coloro che, nascostamente, non desiderano affatto il successo del capo nella gestione della squadra, che sono dedicati i primi capitoli del libro. In altri capitoli emergono tematiche più propriamente militari – ma, comunque, di grande insegnamento per la leadership civile – come la necessità di non abbandonare mai nessuno del proprio team, facendo fronte a insicurezze e paure che, in modo assolutamente umano, tutti hanno o possono sperimentare, dai generali agli ultimi e più giovani soldati. Altri capitoli che coinvolgono il lettore sono quelli dedicati alla gestione del gruppo nelle fasi caotiche e di crisi, ma anche all’accortezza e alla giusta incertezza circa il prendere un incarico superiore nel momento in cui ci si rende conto di non essere veramente del tutto pronti.

Uno dei punti più interessanti dell’insieme delle riflessioni di Jill Morgenthaler è costituito dalla critica all’attività di comando come un’attività basata soprattutto (o quasi esclusivamente) sul dare ordini e sulle operazioni di controllo circa l’esecuzione degli stessi. La leadership emerge in modi del tutto diversi, dando spazio al bilanciamento tra emotività e razionalità, tra distanza nei confronti dei subordinati e cordialità nella gestione di situazioni particolari, tra la gestione di un ruolo che deve necessariamente essere duro e lo spazio interpersonale da poter offrire per consentire quelle aperture di comunicazione e di condivisione che – tra l’altro – permettono di effettuare una sana attività di prevenzione.

Da ricordare che Jill Morgenthaler è una figlia d’arte nel senso che suo padre faceva parte delle squadre che conducevano le operazioni di intelligence nei marines; come lei stessa ricorda all’inizio del libro, non tutti i bambini possono raccontare che il proprio padre “fa la spia”, ma lei poteva farlo realmente e a ragion veduta!

Sulla stessa tematica si consiglia di consultare il testo di Mark Bender, Operation Excellence - Success Strategies of the US Military for Winning in Business and in Life (Open University Press. McGraw-Hill Education, 2004).