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numero 111 - luglio 2024

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The 12 Steps. Symbols, Myths, and Archetypes of Recovery / Clinical Interviewing

The 12 Steps. Symbols, Myths, and Archetypes of Recovery / Clinical Interviewing

81zRAH2FIeL._AC_UF1000,1000_QL80_.jpg Kikan Massara
The 12 Steps. Symbols, Myths, and Archetypes of Recovery
TASCHEN, 2023, pp.  384
€ 30,00 (Hardcover)

Questo importante volume, magnificamente edito e ricco di una gran quantità di immagini che hanno un elevato potere suggestivo ed evocativo, si richiama, fin dal titolo, al classico metodo dei dodici passi ideato nei lontani Anni Trenta, negli USA, per opera di due alcolisti che nel 1939 resero fruibile a tutti il loro approccio. Bob Smith e Bill Wilson – questi i nomi dei due ideatori –fondatori di Alcoholics Anonymous – A.A.: la famosa associazione da tempo diffusa in numerose aree del mondo, a cui si sono aggiunte altre associazioni similari inerenti altre forme di dipendenza (come Narcotics Anonymous).
Le prime due sezioni del testo introducono il lettore alla dimensione simbolica, quel ponte vero e proprio che collega le dimensioni consapevoli ed inconsapevoli della vita e che si manifesta elettivamente nelle forme di arte. In queste pagine sono in specie valorizzate le forme visive dell’arte e, con esse, i meccanismi della percezione: l’essere umano ha la possibilità di viaggiare rimanendo fermo, per così dire, mutando il proprio sguardo ed evocando le grandi immagini archetipiche. Come si può intuire, è la ricerca svolta da Carl Gustav Jung a costituire un potente elemento di base di questo scritto, ma con Jung sono citati, proprio nelle prime decine di pagine, altri importanti autori che si sono occupati, nello specifico, delle dipendenze: Gabor Maté, Luigi Zoja e Nicholas Carr (quest’ultimo è un grande critico della società digitale).
Sono così esplorate le forme di trance e di estasi che l’umanità ha pratica nel tempo al fine di espandere i confini del Sé fino a giungere alla considerazione dell’odierna società tossica ed intossicata. Il mondo delle dipendenze, delle addiction, può essere visto come un mondo in cui la persona si è disconnessa dalla realtà: dagli altri, da sé stesso, e dai significati profondi della vita: la via dei dodici passi costituisce una strada per connettersi e per riparare le fratture dell’esistenza. Ma non è impresa facile rientrare dalle dipendenze (recovery from the addiction, ove la parola recovery segnala al meglio il complesso processo), soprattutto dalle situazioni cronicizzate, non solo legate a sostanze, ma anche a comportamenti compulsivi.
Sono molte le definizioni di dipendenza che sono state formulate (sottolineando il collegamento tra società dei consumi e tendenza alle dipendenze): da alcuni la dipendenza è stata vista come una sorta di tentativo di adattamento ad una realtà-società disgregativa e disturbante, un modo di risolvere il problema del dolore mentale, della sensazione di isolamento e perdita, della mancanza di controllo e del profondo sconforto verso la vita e se stessi.  Ma “per ogni soggetto alcolizzato o dipendente è stimato che altre dieci persone siano coinvolte” (p. 68): dai bambini ai colleghi di lavoro, dai familiari all’ambiente sociale di riferimento.
Nella parte centrale del testo sono ripercorsi uno ad uno i dodici passi del programma, le sue applicazioni nel gruppo dei pari e le prime pubblicazioni di Alcoholics Anonymous, sempre seguendo la direzione di integrare al modello gli aspetti del mito, della spiritualità, del simbolismo e la storia delle principali idee di saggezza emerse nelle diverse culture.
Riprendendo coloro che hanno scritto sulla storia dell’associazione Alcoholics Anonymous l’autrice sottolinea diversi aspetti della scoperta del programma di recupero e, tra gli altri, il fatto che “gli alcolisti devono essere astinenti per avere una possibilità di recupero” (p. 82) e devono raccontare la propria personale storia di vita. Eppure, per giungere alla definizione dei dodici passi ci sono voluti anni e anni di prove ed errori, di varie esperienze di detox, e di chiarificazioni – non ultimo rispondere alla domanda chi è un alcolista?
Nel 1939 è finalmente stato pubblicato il volume Alcoholics Anonymous (inserito dalla Library of Congress tra gli 88 Books that Shaped America), mentre il supporto di John Davison Rockefeller junior impresse al progetto linfa vitale.
La terza parte del volume passa in rassegna uno ad uno i dodici passi, mentre la quarta sezione si apre con una riflessione sul rapporto tra Carl Gustav Jung e Alcoholics Anonymous, richiamando non solo il contributo concettuale di Jung alla fondazione dei principi di base di A.A. ma anche le sue importanti idee sul processo psicologico di individuazione e sull’autenticità del Sé.
La quinta sezione, dal titolo Journeys of the Soul apre nuovamente il campo sul mito e sulle dimensioni spirituali e conduce il lettore verso le tre pagine dell’epilogo. Il testo si chiude con due schede che riproducono i dodici passi e le dodici tradizioni di A.A. – per un approfondimento si possono poi consultare le Note e la Bibliografia.
L’autrice di questo lavoro, Kikan Massara, ha dunque voluto rappresentare il programma dei dodici passi integrandolo in una grande narrazione visiva che propone al lettore oltre centocinquanta opere d’arte tra le più significative e suggestive. Una descrizione metaforica di trasformazione personale, recupero e guarigione, ideata con cura da una persona come Kikan Massara che è psicoterapeuta, scrittrice e creativa, ma anche una appassionata ricercatrice di studi sulla coscienza che da tempo utilizza le arti visive, i simboli e i miti per facilitare l’accesso alle risorse del mondo interiore.
Questo bel volume (curato da Jessica Hundley) atipico nel suo genere, conduce il lettore a riflettere ampiamente su numerosi temi della vita al di là del problema delle dipendenze psicologiche.
Un testo che si associa magnificamente a Il libro dei simboli. Riflessioni sulle immagini archetipiche, pubblicato dall’editore Taschen in sei lingue tra cui l’italiano, che attinge all’Archive for Research in Archetypal Symbolism (ARAS) a cura di Kathleen Martin, con la responsabilità editoriale di Ami Ronnberg. 

1119981980.jpg John Sommers-Flanagan, Rita Sommers-Flanagan
Clinical Interviewing. Seventh Edition.
John Wiley & Sons, 2024. pp. XX+667
$ 125,00

La settima edizione di questo noto manuale sul colloquio clinico si presenta notevolmente arricchita rispetto alle edizioni precedenti e si colloca in un panorama internazionale in cui non sono molti i testi che affrontano l’argomento con lo scopo di essere, a un tempo, didattici ed applicativi.
La struttura del testo consente, infatti, una lettura-studio per argomenti specifici, o una consultazione trasversale sui grandi temi del colloquio (il libro si avvale anche di un sito web dedicato in cui sono reperibili numerosi supporti, consentendo anche la lettura online del testo). Si tratta di una struttura che conduce il lettore passo dopo passo nel mondo del colloquio individuale di genere clinico, applicabile sia in campo psicologico, sia in campo psichiatrico sulla base delle indicazioni operative e metodologiche che sono fornite.
Aperto con una sezione dedicata ai fondamenti del colloquio – in cui appare significativo il box dal titolo Empathy First, dedicato ad una delle numerose vignette cliniche che sono riportate in queste pagine – il volume segnala l’aspetto multidimensionale del colloquio e la sua duplice, fondamentale funzione di diagnosi e di terapia. Tenendo presente che “essere un operatore della salute mentale significa essere coinvolti in un lavoro molto stressante. Accettare la propria imperfezione è essenziale” (p. 81).
Passando attraverso il secondo capitolo in cui si tratta dei lati organizzativi del colloquio, i capitoli successivi sono dedicati alla gestione della relazione e al processo dell'intervista, differenziando gli aspetti direttivi e non direttivi della comunicazione con l’interlocutore, anche nella prospettiva di incoraggiare nel paziente, di volta in volta, la riflessione, l’insight, il cambiamento e l’azione.
Il settimo capitolo, che chiude questa parte del volume, è molto interessante perché tratta della grande questione tecnica versus relazione, cioè quanto sia importante l’aspetto tecnico e di metodo nel colloquio clinico (e, direi, nel colloquio-intervista in generale) e quanto sia rilevante la relazione intervistatore-intervistato, una dimensione circa la quale il riferimento classico è all’opera di Carl Rogers. In questo quadro, reso più complesso dalla dimensione evidence-based, si inserisce in sostanza il confronto tra la dimensione artistica e quella scientifica (come ho segnalato io stesso nel saggio introduttivo dal titolo “Il colloquio clinico tra arte e scienza”. In: Roger A. MacKinnon, Robert Michels e Peter J. Buckley, Il colloquio clinico in psichiatria e psicologia clinica. Giunti Psychometrics, 2019).
Il capitolo ottavo tratta nello specifico della Intake Interview e di come redigere il report a valle del colloquio (un altro tema scottante, considerati i tanti fraintendimenti che una scrittura poco attenta può provocare in chi legge la relazione). Un notevole spazio è poi dedicato a un aspetto caro alla psichiatria clinica e cioè il MSE, il Mental Status Examination, focalizzando poi l’attenzione sulla valutazione del rischio di suicidio. Un tema caro agli autori che hanno scritto il libro Suicide Assessment and Treatment Planning: A Strengths-Based Approach, pubblicato nel 2021 da John Wiley & Sons.
Con l’undicesimo capitolo si tratta nello specifico del tema della diagnosi e della pianificazione del trattamento, e anche in queste pagine – introdotte con una citazione di Emil Kraepelin – l’attenzione del lettore è sollecitata dalle numerose e importanti domande aperte che ruotano proprio intorno all’argomento della diagnosi (psicologica e psichiatrica).
L’ultima parte del volume è dedicata al confronto con le popolazioni specifiche di intervistati, mentre il capitolo finale tratta del colloquio online e a distanza – argomento sicuramente di attualità.
Il testo è di facile lettura, supportato da numerosissime tranche di interviste, da check-list, da box di approfondimento e da sezioni che introducono ogni singolo capitolo (dichiarandone gli scopi di apprendimento) e che concludono ogni parte con una sintesi dei concetti esposti.
I Sommers-Flanagan sono entrambi docenti presso la University of Montana.
John è psicologo clinico e professore di Counseling, autore di oltre cento pubblicazioni e membro sia della American Counseling Association sia della American Psychological Association.
Rita, psicologa clinica ma anche poetessa e saggista, ricopre il ruolo di professoressa emerita presso l’Università del Montana e si occupa di tematiche etiche, di questioni relative alle donne e del benessere.
Dei Sommers-Flanagan si deve ricordare la terza edizione del loro Counseling and Psychotherapy Theories in Context and Practice: Skills, Strategies, and Techniques (John Wiley & Sons, 2021).