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numero 109 - marzo 2024

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Psicologia delle decisioni economiche

Psicologia delle decisioni economiche

Immagina di andare ad un concerto, che il biglietto costi 40.00 € e di non averlo ancora comprato. Quando arrivi davanti allo stadio ti accorgi di aver perso due banconote da 20.00 €. Compri lo stesso il biglietto? La maggioranza delle persone rispondo a questa domanda in modo affermativo. Supponiamo, invece, che tu abbia già comprato il biglietto da 40.00 € e che i posti non siano numerati. Quando arrivi allo stadio ti accorgi di aver perso il biglietto. Cosa fai? Ne compri un altro? In questo caso, circa la metà delle persone decide di non voler ricomprare il biglietto. Da un punto di vista economico, queste due situazioni sono equivalenti: il costo totale è sempre 80.00 €. E proprio qui sta il punto. Anche se gli economisti ci dicono che la spesa finale è la stessa e dovremmo comportarci allo stesso modo in entrambi i casi, per il nostro cervello queste due situazioni non sono identiche. In questo articolo spiegheremo i processi psicologici che guidano queste scelte e altre simili ad esse.

Gli psicologi che si occupano di decisioni economiche hanno dimostrato che le persone fanno errori sistematici nel modo in cui prendono decisioni riguardo a questioni economiche. Per esempio, il caso descritto all’inizio di questo articolo ricade in quella che viene chiamata contabilità mentale (Tversky & Kahneman, 1981; Thaler, 1985; Priolo et al., 2023), un fenomeno che ci permette di mantenere in modo intuitivo e semplice il controllo delle nostre spese. In pratica, le persone destinano specifiche somme di denaro all’interno di cosiddette “scatole mentali” che corrispondono a diverse categorie: spese correnti o risparmi, spese per il tempo libero o per le bollette e così via. Tra le distorsioni legate a come percepiamo il valore del denaro ci sono anche quelle per cui, a parità di valore nominale, una banconota viene associata ad un valore maggiore rispetto ad una moneta (Tessari et al., 2011) oppure la tendenza ad associare un valore maggiore ad una banconota da 20.00 $ piuttosto che a venti banconote da 1.00 $ (distorsione dell’intero; Mishra et al., 2006).

I lavori a cui abbiamo appena accennato sono stati possibili grazie all’iniziale contributo dato da Simon a partire dagli anni ’60 del secolo scorso. Egli propose i concetti di razionalità limitata e di euristica (si veda: Simon, 1990). Simon fu il primo a studiare in modo sistematico i processi cognitivi alla base delle scelte economiche ed ha spiegato il comportamento umano, descrivendolo come una forbice in cui una lama rappresenta l'ambiente in cui prendiamo le decisioni e l'altra le capacità cognitive delle persone. Lo studio di uno solo dei due fattori di questo processo non è sufficiente per capire come funzionano i processi decisionali nell’uomo (Todd & Gigerenzer, 2007). Successivamente, Tversky e Kahneman (1974) hanno reso popolare il concetto di euristica mostrando che spesso le nostre valutazioni sono il frutto di strategie automatiche. Possiamo considerare queste strategie come delle scorciatoie che ci permettono di risparmiare energie ma producono, a volte, degli errori. Per esempio, gli studi che hanno mostrato che, nella nostra testa, le monete sono rappresentative di conti mentali destinati a spese di valore contenuto, mentre le banconote sono rappresentative di conti mentali destinati a spese un po' più sostanziose. Anche quando il valore di banconote e monete è lo stesso, la percezione delle persone, ovverosia il valore soggettivo ad esse associato, è diverso (Alter & Oppenheimer, 2008; per una panoramica sulle principali euristiche si veda: Rubaltelli, 2019).

Sul tema del valore del denaro non si può tralasciare il contributo fondamentale della teoria del prospetto (Kahneman & Tversky, 1979). Questa teoria descrive il modo in cui prendiamo le decisioni e mostra, tra le altre cose, che gli esseri umani sono particolarmente bravi a produrre valutazioni di tipo relativo piuttosto che valutazioni di tipo assoluto. Succede, dunque, che se Federica ed Elisa hanno entrambe 100.000 € nel conto corrente, dovrebbero essere ugualmente felici. Tuttavia, se Federica ieri aveva 50.000 € mentre Elisa ne aveva 150.000 € è facile immaginare chi delle due sia più felice. Ora immaginate di essere 300.00 € più ricchi di quanto siete realmente e scegliete una di queste due alternative:

  1. Vincere 100.00 € con certezza.
  2. Vincere 200.00 € con il 50% di probabilità oppure non vincere niente.

Se invece vi dicessi che siete 500.00 € più ricchi di quanto siete realmente e di dover scegliere una di queste due alternative?

  1. Perdere 100.00 € con certezza.
  2. Perdere 200.00 € con il 50% di probabilità oppure non perdere niente.

Nel primo caso la maggioranza sceglie l’alternativa A, mentre nel secondo caso la maggioranza sceglie l’alternativa D. Questo esempio è molto importante perché mostra che le persone cambiano le proprie preferenze a seconda di come vengono fornite le informazioni; infatti, gli esiti sono identici. Inoltre, si evince che la propensione al rischio non è stabile ma varia a seconda del contesto: avversione al rischio nel caso dei guadagni e propensione al rischio davanti a possibili perdite.

Gli studi in psicologia delle decisioni economiche hanno arricchito la nostra capacità di comprendere il comportamento di consumatori, investitori, manager e politici. Inoltre, hanno dato il via ad una serie di applicazioni pratiche e opportunità di consulenza che stanno crescendo sempre più, specialmente in Italia dove questa disciplina ha ancora ampi margini di sviluppo. Oggi, questi studi sono applicati al miglioramento del benessere dei cittadini, della comunità e del pianeta (ad esempio per promuovere comportamenti più sostenibili). Questo obiettivo può essere raggiunto in diversi modi, per esempio grazie al boosting o al nudging (Thaler, 2018; Hertwig & Grüne-Yanoff, 2017). Il nudging, ha come obiettivo quello di costruire dei contesti di scelta a prova di distorsione cognitiva, ovverosia delle situazioni in cui anche se l’individuo utilizza delle euristiche il risultato è comunque quello più positivo per il suo benessere e per la società. Un aspetto fondamentale dei nudge è quello di lasciare comunque libera la decisione senza imporre una soluzione in modo forzato. Inoltre, quando si sviluppa un nudge bisogna prevedere un test sul campo per assicurarsi che l’intervento abbia l’effetto voluto e che non ci siano risultati inattesi. Il nudge ha avuto molto successo perché permette di sviluppare politiche sociali ed economiche a costi ridotti e senza forzare le persone. Sfortunatamente da quando il nudging è diventato popolare molti interventi sono applicati in modo poco corretto o da persone che si sono improvvisate esperte della materia. Per questo è molto importante che ci siano sempre più psicologi che possano fornire un parere esperto su come e in quali situazioni utilizzare queste tecniche. Il boosting è un approccio alternativo che si propone di potenziare le capacità decisionali delle persone e di permettergli di essere agenti consapevoli delle proprie scelte. In questo caso, la strategia è quella di fornire delle competenze decisionali (per esempio, migliorare l’educazione finanziaria o le competenze di ragionamento probabilistico). In questo modo le persone saranno più preparate a prendere decisioni informate quando queste competenze fanno la differenza tra un comportamento vantaggioso e uno svantaggioso. Nudging e boosting possono anche essere combinati così che il contesto favorisca l’uso corretto delle competenze e conoscenze dell’individuo. Insieme questi due approcci fanno parte di quelli che vengono chiamati behavioral insight, ovverosia soluzioni basate sulle scienze comportamentali e sulla psicologia delle decisioni. In molti paesi quest’area della psicologia delle decisioni ha portato allo sviluppo di centri che si occupano di applicare queste tecniche per migliorare il benessere dei cittadini (si veda: il Behavioral Insight Team in Inghilterra e iNudgeYou in Danimarca).

Bibliografia

  • Alter, A. L., & Oppenheimer, D. M. (2008). Easy on the mind, easy on the wallet: The roles of familiarity and processing fluency in valuation judgments. Psychonomic Bulletin & Review, 15, 985–990.
  • Hertwig, R., & Grüne-Yanoff, T. (2017). Nudging and boosting: Steering or empowering good decisions. Perspectives on Psychological Science, 12(6), 973-986.
  • Mishra, H., Mishra, A., & Nayakankuppam, D. (2006). Money: A bias for the whole. Journal of Consumer Research, 32, 541–549.
  • Priolo, G., Stablum, F., Vacondio, M., D'Ambrogio, S., Caserotti, M., Conte, B., … Rubaltelli, E. (2023, July 18). The robustness of mental accounting: a global perspective.
  • Rubaltelli, E. (2019). Heuristics. In V. P. Glavenau (Ed.), The Palgrave Encyclopedia of the Possible. Palgrave Macmillan.
  • Simon, H. A. (1990). Invariants of human behavior. Annual Review of Psychology, 41, 1–19.
  • Tessari, T., Rubaltelli, E., Tomelleri, S., Zorzi, C., Pietroni, D., Levorato, C., & Rumiati, R. (2011). €1 ≠ €1: Coins vs. banknotes and people’s spending behavior. European Psychologist, 16, 238-246.
  • Thaler, R. (1985). Mental accounting and consumer choice. Marketing science, 4(3), 199-214.
  • Thaler, R.H. (1999). Mental accounting matters. Journal of Behavioral Decision Making, 12, 183-206.
  • Thaler, R. H. (2018). From cashews to nudges: The evolution of behavioral economics. American Economic Review, 108(6), 1265-1287.
  • Todd, P. M., & Gigerenzer, G. (2007). Environments that make us smart: Ecological rationality. Current directions in psychological science, 16(3), 167-171.
  • Tversky, A., & Kahneman, D. (1974). Judgment under Uncertainty: Heuristics and Biases: Biases in judgments reveal some heuristics of thinking under uncertainty. science, 185(4157), 1124-1131.
  • Tversky, A., & Kahneman, D. (1981). The framing of decisions and the rationality of choice. Science, 211(4481), 453-458.