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numero 111 - luglio 2024

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Rassegna stampa

Rassegna stampa #111

Rassegna stampa #111

Il meccanismo della giustificazione nel gioco d’azzardo patologico

Molto spesso, le persone che hanno un problema di dipendenza da gioco d’azzardo continuano a giocare anche quando in passato hanno tentato di smettere; ciò è vero soprattutto quando il contesto permette di utilizzare delle giustificazioni in tal senso. Infatti, le persone si costruiscono dei pensieri, come "Ho lavorato duro", per concedersi il permesso di impegnarsi in comportamenti allettanti. Nella psicologia sociale e del consumo, questo è un fenomeno ben documentato, ma è meno chiaro se questo processo contribuisca a comportamenti di dipendenza da gioco d’azzardo. Per provare a rispondere a questa domanda, due ricercatori canadesi hanno condotto uno studio su un ampio numero di persone con la dipendenza da gioco d’azzardo con alle spalle almeno un tentativo di interrompere tale comportamento. Gli studiosi hanno, quindi, applicato un modello in merito all’utilizzo delle giustificazioni ampiamente riconosciuto negli ambiti del comportamento alimentare e del consumo. In tal modo, hanno esaminato se le giustificazioni fossero associate alla gravità del problema del gioco d'azzardo e se spiegassero una varianza aggiuntiva rispetto all'impulsività e alle distorsioni cognitive. I risultati hanno evidenziato come i giocatori d'azzardo con una storia di tentativi di ridurre il gioco d'azzardo utilizzano delle giustificazioni per continuare a giocare d'azzardo. In particolare, le giustificazioni erano positivamente associate alla gravità del problema e correlate positivamente con le distorsioni cognitive, indicando che tale pensiero potrebbe non essere antitetico all’impulsività. Questi dati forniscono supporto al fatto che il pensiero giustificativo si verifica nel contesto del gioco d’azzardo, è correlato alla gravità del problema e può quindi rappresentare un aspetto trascurato delle cognizioni legate al gioco d’azzardo. A tal proposito, è molto interessante il fatto che le giustificazioni potrebbero anche essere costruite solo dopo l’episodio di gioco d’azzardo, come una forma di razionalizzazione degli episodi di gioco passati, presumibilmente per ridurre la dissonanza cognitiva.

Wu, R. & Clark, L. (2024). Impulse and reason? Justifications in problem gambling. Addictive Behaviors, 157, 108072.

 

La (s)fiducia verso l’intelligenza artificiale

La rivoluzione dell’intelligenza artificiale sta plasmando le società di tutto il mondo. Le persone interagiscono quotidianamente con un numero crescente di prodotti e servizi che prevedono l’integrazione dell’intelligenza artificiale. Senza dubbio i rapidi sviluppi in questo campo porteranno risultati positivi, ma anche sfide. È importante capire se le persone si fidano di questa tecnologia, perché la fiducia rappresenta un prerequisito essenziale per utilizzare i prodotti di intelligenza artificiale e questo a sua volta ha probabilmente un impatto su quanto questa verrà adottata dalle economie nazionali: infatti, nel pensiero comune si associano grandi preoccupazioni e timori rispetto alla proliferazione dell’intelligenza artificiale. Per fare più luce su questi aspetti, in particolare per valutare se il concetto di fiducia verso l’intelligenza artificiale presentasse delle somiglianze con il concetto di fiducia verso le altre persone, tre ricercatori hanno condotto uno studio su due differenti campioni: il primo era composto da persone residenti a Singapore, mentre il secondo da persone che vivono in Germania. I risultati hanno mostrato come le due distinte forma di fiducia fossero maggiormente connesse a Singapore rispetto a quanto osservato in Germania. Inoltre, in entrambi i paesi, è emerso come le persone mostrino un maggior livello di fiducia verso le altre persone rispetto a quello dichiarato nei confronti dell’intelligenza artificiale. Di notevole interesse, infine, le relazioni che mostravano i Big Five di personalità con il livello di fiducia verso l’intelligenza artificiale; infatti, è emerso come solo l’estroversione e la stabilità emotiva presentassero una relazione statisticamente significativa con la fiducia verso l’intelligenza artificiale: in entrambi i casi, al crescere dei punteggi nel dominio di personalità si associava una maggior fiducia verso l’intelligenza artificiale. A differenza di ciò, con la sola eccezione dell’apertura all’esperienza, tutti i Big Five di personalità presentavano un’associazione positiva con la fiducia verso le altre persone. Per concludere, questo lavoro cerca di rispondere in maniera scientifica alla forte diffidenza verso l’intelligenza artificiale mostrando come, questa, vari molto in base alla cultura di appartenenza ma anche in base alla caratteristiche di personalità.

Montag, C., Becker, B. & Li, B.J. (2024). On trust in humans and trust in artificial intelligence: A study with samples from Singapore and Germany extending recent research. Computers in Human Behavior: Artificial Humans, 2, 100070.

 

La dieta come precursore dei disturbi alimentari

Nel mondo si assiste, soprattutto negli ultimi anni, ad un proliferare di diete diverse che le persone seguono. Ciò porta con sé numerose criticità: infatti, è ormai ben noto come la dieta sia un fattore di rischio significativo per i disturbi alimentari. Per questo, si ha la necessità di individuare quali siano le diete maggiormente pericolose e, al contempo, in che modo questi comportamenti possano sfociare in veri e propri disturbi alimentari, soprattutto nella popolazione degli adolescenti che è stata identificata come quella maggiormente a rischio. Per cercare di chiarire alcuni importanti aspetti in merito, un team di ricercatori ha condotto uno studio su un campione molto ampio di adolescenti canadesi: in particolare, sono state esaminate undici diete differenti. Dai risultati di questo studio emerge come il 15.7% delle ragazze e il 10.4% dei ragazzi hanno riferito di aver seguito una dieta negli ultimi 12 mesi. Inoltre, è emerso come la dieta maggiormente seguita, a prescindere dal genere dei rispondenti, sia la dieta chetogenica; a differenza di ciò, si differenziano molto in base al genere le diete vegane e vegetariane: i ragazzi, infatti, le seguono in misura molto minore. Di particolare interesse il fatto che i risultati di questo lavoro hanno mostrato che intraprendere qualsiasi dieta negli ultimi 12 mesi era associato a una maggiore rischio di sviluppo di disturbi alimentari tra ragazze e ragazzi. Inoltre, i differenti regimi alimentari mostrano delle relazioni diverse con il rischio di sviluppo di disturbi alimentari: da questo studio emergerebbe come la dieta chetogenica sia quella maggiormente connessa alla probabilità di sviluppo di problematiche nel comportamento alimentare. Per concludere, alla luce del fatto che la dieta è relativamente comune tra gli adolescenti, e che il seguire una dieta è associato a una maggiore probabilità di sviluppo di disturbi alimentari, gli operatori sanitari dovrebbero prendere in considerazione lo screening per i disturbi alimentari tra gli adolescenti che riferiscono di intraprendere pratiche dietetiche al fine di prevenire l’insorgenza di eventuali disturbi. 

Fam, J., Nagata, J.M., Cuccolo, K. & Ganson, K.T. (2024). Associations between dieting practices and eating disorder attitudes and behaviors: Results from the Canadian study of adolescent health behaviors. Eating Behaviors, 54, 30-37, 101886.

 

Il disturbo post-traumatico nelle donne vittima di violenza sessuale

Negli ultimi anni, purtroppo, gli episodi di violenza sessuale sono in costante aumento e tale tendenza non sembra destinata a mutare nel breve periodo. La violenza sessuale è una forma pervasiva di violenza che colpisce milioni di persone in tutto il mondo; gli studi sulla vittimizzazione riportano costantemente tassi di prevalenza globali elevati, con tassi più elevati per le donne rispetto agli uomini. Per capire la portata della questione, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, circa 1 donna su 3 ha subito nel corso della propria vita violenza sessuale da parte di persone diverse dal partner o violenza fisica e/o sessuale da parte del partner. Inoltre, spesso provoca traumi psicologici a lungo termine, manifestati in varie forme di disfunzione psicologica: ad esempio, molto spesso si osservano i sintomi del disturbo da stress post-traumatico. Sebbene ricerche precedenti abbiano stabilito il legame tra stile di attaccamento insicuro e disturbo post-traumatico, i meccanismi sottostanti non sono noti, così come il potenziale ruolo del supporto sociale percepito come mediatore in questa relazione è stato trascurato e mancano studi che indagano questa mediazione tra le vittime di violenza sessuale. Per cercare di colmare questa lacuna è stato condotto uno studio che mira a indagare l’interazione tra lo stile di attaccamento negli adulti, il supporto sociale percepito e i sintomi di stress post-traumatico tra le donne adulte vittime di violenza sessuale. I risultati hanno confermato il modello previsto, mostrando una correlazione positiva tra stili di attaccamento insicuro e sintomi di stress post-traumatico, nonché una correlazione negativa con il supporto sociale percepito. In particolare, dopo la violenza sessuale le donne con attaccamento insicuro, soprattutto quelle con attaccamento di tipo evitante, hanno difficoltà a fare affidamento e a utilizzare il sostegno del loro ambiente, il che potrebbe renderle più suscettibili allo sviluppo di sintomi di stress post-traumatico. Questo lavoro, quindi, mette in relazione una serie di variabili rilevanti nel cercare di supportare le donne vittime di violenza sessuale: in particolare, è emerso come sia rilevante sostenere la rete sociale di queste donne, soprattutto in funzione del loro stile di attaccamento.

Zvi, L. & Rachimi, A. (2024). Adult attachment style, perceived social support, and post-traumatic stress among female victims of sexual assault. International Journal of Clinical and Health Psychology, 24, 100481.