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numero 108 - gennaio 2024

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L'intervista

Intervista a Claudia Pignolo

Intervista a Claudia Pignolo

Claudia Pignolo, professoressa associata presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino, ci racconta di un esperienza interessante che vede studenti e studentesse impegnati direttamente con il Personality Assessment Inventory (PAI).

D. Negli ultimi anni il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino ha utilizzato il Personality Assessment Inventory (PAI) con gli studenti e le studentesse, a scopo di esercitazione. Ci racconta come mai è stata fatta questa scelta, e in che contesto didattico si è inserita?

R. Da anni, ormai, il PAI è stato inserito nei laboratori di “Psicodiagnostica” e di “Valutazione Psicologica e di personalità”. In questo contesto, gli studenti e le studentesse possono cimentarsi direttamente nella somministrazione, nello scoring e nell’interpretazione di alcuni dei maggiori strumenti testistici utilizzati in ambito clinico e forense. Abbiamo scelto di inserire il PAI tra gli strumenti utilizzati nei laboratori poiché esso è uno degli inventari di personalità più utilizzati al mondo e possiede caratteristiche che lo rendono adattabile ai diversi contesti (es., sia clinico sia forense). Infatti, il PAI è un inventario di personalità che si basa su un approccio teorico nella definizione dei costrutti clinici indagati e su un approccio statistico nello sviluppo di scale con forte validità di costrutto e discriminante. Il PAI, inoltre, permette la valutazione degli stili di risposta e del modo in cui l’esaminato si approccia al test: questo elemento risulta di fondamentale importanza nei contesti forensi in cui è possibile riscontrare un’esagerazione della sintomatologia e nei contesti clinici in cui è possibile osservare un certo grado di difensività. Infine, la possibilità di somministrare il PAI in formato computerizzato (attraverso la piattaforma HTS-5) lo pone al passo con i tempi, in cui l’utilizzo di dispositivi elettronici per la somministrazione dei test e il tele-assessment in generale costituiscono una possibilità concreta. Per tutte queste ragioni, abbiamo deciso di insegnarlo agli studenti e alle studentesse iscritti/e al laboratorio.

D. Chi sono stati gli studenti e le studentesse che si sono esercitati con il PAI?

R. Gli studenti e le studentesse iscritti/e al Corso di Laurea Magistrale in Psicologia Clinica hanno partecipato ai laboratori (obbligatori) di psicodiagnostica e assessment. Il laboratorio è finalizzato alla messa in pratica dei principi della valutazione psicologica affrontati durante la didattica frontale e ha, quindi, l'obiettivo di fornire agli studenti e alle studentesse le conoscenze pratiche relative al processo di assessment (interpretazione dei test e stesura del report diagnostico). Per gli studenti e le studentesse della magistrale il laboratorio rappresenta un momento formativo molto importante, in cui possono imparare concretamente a somministrare e a interpretare i test, a effettuare inferenze cliniche sulla base degli elementi emersi dai test, a integrare le informazioni dei colloqui diagnostici, a scrivere la relazione diagnostica, e a dare la restituzione dei risultati ai clienti. Queste competenze costituiscono un elemento di fondamentale importanza per un professionista della salute mentale.

D. Che tipo di esercitazione è stata proposta?

R. Agli studenti e alle studentesse è stata offerta la possibilità di autosomministrarsi il PAI tramite la piattaforma HTS-5 e di interpretare un report PAI di un paziente. Abbiamo deciso di dare agli studenti e alle studentesse la possibilità di autosomministrare il PAI per costringerli a mettersi nei panni degli esaminati che devono rispondere alle domande del test. In questo modo, gli studenti e le studentesse del laboratorio provano sulla propria pelle cosa vuol dire rispondere alle 344 domande del PAI, avere dubbi nel rispondere alle domande, e così via. Rispetto all’interpretazione del report PAI, nei laboratori ci focalizziamo sui report di diversi casi clinici e chiediamo agli studenti e alle studentesse di interpretarli in piccoli gruppi. L’esercitazione prosegue con un confronto tutti/e insieme per approfondire tutti gli elementi interpretativi emersi dal report. Con questa seconda fase di esercitazione, gli studenti e le studentesse possono imparare come si interpreta un test autosomministrato, come si maneggia il manuale del test e come integrare tutte le informazioni per arrivare alla formulazione del caso.

D. Quali sono a suo avviso gli elementi più ostici nell’utilizzo del PAI da parte di chi non conosce il test?

R. L’elemento più ostico riscontrato dagli studenti e dalle studentesse consiste nell’elevato grado di profondità e di frammentazione delle informazioni che emergono dal report. Il PAI è composto da 22 scale, 31 sottoscale, e 9 indici supplementari: questo fa sì che per interpretare tutto il test si devono prendere in considerazione un numero elevato di elementi. Inoltre, essendo il PAI uno strumento di natura dimensionale, l’interpretazione riguarda non solo le scale e le sottoscale che superano il cut-off clinico (> 70 T), ma anche le scale e sottoscale che presentano punteggi sottosoglia (es., tra 60 T e 69 T). Di conseguenza, il profilo di un paziente può rivelare moltissime informazioni slegate tra di loro rendendo l’interpretazione un po’ macchinosa per chi è alle prime armi. Tuttavia, questo “difetto” costituisce anche uno dei punti di forza del PAI: il PAI restituisce informazioni relative alle diverse aree di funzionamento (es., funzionamento interpersonale, processo e contenuto del pensiero, gestione degli affetti, aspetti comportamentali, predisposizione al trattamento, valutazione del rischio ecc…) che permettono una descrizione eccezionalmente approfondita dei punti di forza e dei punti di debolezza del funzionamento dell’esaminato. Per cui la macchinosità iniziale dovuta al dover controllare l’interpretazione di una molteplicità di scale si trasforma successivamente in curiosità nel voler mettere insieme tutte le informazioni per arrivare alla formulazione del caso.

D. Quali sono stati i feedback degli studenti rispetto al PAI?

R. Il PAI è uno strumento che generalmente piace agli studenti e alle studentesse, che apprezzano sia l’adattabilità delle inferenze ai diversi orientamenti teorici sia la completezza del quadro clinico delineato. Molti valutano positivamente anche la possibilità di leggere gli item del PAI, di provare ad autosomministrarli, e di vedere il proprio report. 

D. Che impatto può avere, a suo avviso, un’esperienza come questa su studenti e studentesse di psicologia in formazione?

R. Ritengo che i laboratori professionalizzanti siano un’esperienza di immenso valore per gli studenti e le studentesse in formazione, poiché essi permettono di correggere rappresentazioni sbagliate della valutazione psicologica, di effettuare l’interpretazione sotto la supervisione di un esperto, di affrontare tutti i dubbi e le insicurezze nell’affrontare un lavoro clinico, e di mettersi nei panni dei loro futuri esaminati. Rispetto al PAI, avere la possibilità di vedere gli item, fare lo scoring e interpretare il report con il supporto del manuale è un’occasione preziosa perché, al pari del tirocinio, permette l’acquisizione di competenze necessarie allo svolgimento della professione.