QI - Questioni e idee in psicologia - Il magazine online di Hogrefe Editore

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numero 21 - ottobre 2014

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Vedere oltre dinanzi al morire

Vedere oltre dinanzi al morire

Il tema inerente alle perdite, alle forme con cui si muore e a come si elabora il rapporto con la morte sta ormai guadagnando un interesse sempre maggiore in ogni settore del sapere. Se il Novecento è stato definito il secolo in cui tali argomenti erano l’autentico tabù in quanto considerati, dice Geoffrey Gorer, “pornografici”, con il giro del nuovo millennio ci si è resi conto che non è più possibile assumere un tale atteggiamento negazionista. Ciò è dovuto al fatto che, se per un verso nel secolo scorso abbiamo trionfalmente celebrato, grazie al sapere scientifico, l’estensione di un lifespan impensabile lungo tutto il percorso della storia umana, di fatto le stesse conquiste della medicina hanno prodotto un effetto altrettanto importante, ovvero l’estensione dei tempi di terminalità delle malattie che in precedenza portavano rapidamente al trapasso. Questo fenomeno ha comportato nelle strutture deputate alla cura e agli interventi sulla salute un cambiamento di paradigma, grazie al quale le “medical humanities” hanno messo in essere l’approccio palliativo, teso a farsi carico del paziente e dei suoi familiari dopo diagnosi e, a maggior ragione, dopo prognosi infauste. Queste prospettive di intervento sono centrate sulla valorizzazione della “vita che rimane” affinché essa sia il più possibile sopportabile. Il punto di forza di tale prospettive è il concentrarsi sull’“adesso” come istante della vita non ancora conclusa, utilizzando tutti gli strumenti possibili per ridurre la sofferenza. In Italia un lungo percorso legislativo ha portato quindi alla legge 38 del 2010 che introduce appunto il diritto di essere malati senza dover patire a causa del disfacimento del corpo, dunque di poter fruire delle cure che riducono il dolore fino alla sua espressione massima, che viene definita “totale” e che caratterizza le fasi che precedono la morte. Si è rimasti però ancora arretrati rispetto alla presa di coscienza che questo tempo finale annuncia la morte inevitabile e i linguaggi in proposito sono ancora poco strutturati e i modelli di intervento per la presa in carico della negatività rimangono abbandonati a esperienze locali e alla buona volontà di pochi esperti.

Organizzato dal Master Death Studies & the End of Life, dell'Università degli Studi di Padovaepromosso anche da Hogrefe Editore, si è concluso il congresso internazionale “Seeing beyond in facing death/Vedere oltre dinanzi al morire, che ha impegnato dal 25 al 28 settembre circa 50 relatori e 300 convenuti, tra operatori e studiosi interessati a questo tema, da tutta Italia e dal mondo (Europa, Stati Uniti, America latina, Australia…). Il successo della partecipazione dimostra che è necessario operare un ulteriore cambiamento di paradigma rispetto a questa situazione, ovvero è necessario farsi carico della perdita e del morire in quanto tali, ovvero in quanto processi difficili da affrontare e da gestire dato che indicano non la vita che rimane ma la vita che finisce. L’evento ha affrontato l’argomento legandolo a quello della spiritualità, la quale è stata considerata nella sua declinazione tra razionalità scientifica, religione e scienze umane. Nell’ambito del congresso, infatti, si sono confrontate discipline differenti, da quelle che appartengono agli ambiti psicologico, antropologico e sociologico, fino a quelle mediche e infermieristiche. Ad ogni sapere è stato affidato il compito di discutere intorno alle forme del morire oggi, in riferimento alle mappe della storia e delle culture, per recuperare l’essenziale che la civiltà della tecnica sembra aver oscurato. Il dialogo ha incluso i rappresentanti delle principali religioni del mondo: cristiana, ebraica, musulmana, buddista… senza mai che alcuna posizione cedesse rispetto al proprio fondamento in funzione del riconoscimento della differenza degli altri linguaggi. Una certa attenzione è stata rivolta a una sessione davvero originale, dedicata alla Death and Spiritual Education in cui sono stati discussi i risultati di esperienze molto positive realizzate in alcune province d’Italia sotto la guida di psicologi specializzati nel settore in scuole dell’infanzia e in istituti superiori intorno alla tema della morte e della spiritualità. Ciò che è stato più volte sottolineato è la necessità di offrire una risposta adeguata all’esigenza di re-inscrivere la consapevolezza del dover morire nel circuito comunicativo della vita quotidiana, definendo gli strumenti operativi che permettono agli esperti di aiutare le persone a fronteggiare questa consapevolezza, la quale inevitabilmente implica il dover fronteggiare il negativo estremo. Il tema della Death education riguarda proprio questo ambito, ma in Italia è ancora tutto da costruire e deve essere collegato all’ambito della formazione, del sostegno e dell’accompagnamento (Tutte le informazioni su www.endlife.it).

Per accogliere tale istanza, durante il congresso, si è tenuto un summit tra alcuni studiosi e i vertici di Hogrefe Editore, per discutere le strategie operative che meglio possono rispondere a questa esigenza. In particolare, il gruppo centrato sulla promozione del counselling guidato da Salvatore Soresi e Laura Nota, ha proposto la predisposizione di una linea di strumenti operativi, manualistici e testistici, che permettano di intervenire in tutte le fasi di gestione delle perdite lungo il ciclo di vita, affinché psicologi, medici, infermieri, educatori professionali, assistenti sociali e insegnanti sappiano come operare rispetto a questa dimensione, facendo in modo di poter misurare l’efficacia dei loro interventi, operando con progetti mirati. L’idea che abbiamo condiviso è quella di accogliere e dare forma a un apparato di strumenti facilmente gestibili ma anche rigorosi, utili a tutti i professionisti che a vario titolo devono fronteggiare le predite e il loro annuncio di morte, affinché l’opera di aiuto sia consapevolmente efficace nel garantire la gestibilità del dolore, anche quello esistenziale estremo.