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Sviluppo e acquisizione della comprensione verbale
Sviluppo e acquisizione della comprensione verbale
La valutazione della comprensione consente di inquadrare le problematiche linguistiche in età evolutiva, soprattutto nel bambino piccolo con ritardo di acquisizione del linguaggio. È stato infatti dimostrato che la comprensione verbale è un buon predittore del successivo sviluppo linguistico nei bambini “parlatori tardivi”(Chilosi et al., 2019) e, inoltre, fornisce indirettamente delle informazioni su capacità di ascolto, strategie, livello cognitivo, capacità attentive, interesse, relazione e capacità di condivisione e di collaborazione del bambino.
Basi neurofisiologiche della comprensione verbale precoce
Entro i primi tre/quattro anni di vita i bambini con sviluppo tipico apprendono la lingua a cui sono esposti con una velocità e una competenza che appaiono “miracolose”. Alcuni dei comportamenti che il bambino manifesta alla nascita sono collegabili da una parte a fattori innati, dall’altra ad apprendimenti che avvengono prima e dopo la nascita grazie agli stimoli ambientali ricevuti.
Già nel grembo materno il feto è sottoposto a stimolazioni uditive; lo sviluppo dell’apparato uditivo procede dal 2° al 5° mese di gravidanza fino a divenire completo al 6° mese e, da quel momento, il feto è in grado di sentire. Nell’ultimo trimestre di gravidanza il feto comincia così a percepire le voci provenienti dall’ambiente esterno e sviluppa una particolare sensibilità per le caratteristiche fisiche della voce materna.
I comportamenti che precorrono l’acquisizione del linguaggio sono il risultato di un’interazione tra strutture e funzioni pre-programmate del sistema nervoso centrale ed eventi maturativi che avvengono nel corso dello sviluppo. Le prime forme di comprensione emergono prestissimo: il lattante è già in grado di rispondere a diversi stimoli sonori, soprattutto a quelli tipici della voce umana, è capace di localizzare la fonte sonora e di riconoscere la voce della madre distinguendola dalla voce di altri.
Alla nascita il cervello del bambino presenta delle proprietà anatomo-funzionali pre-programmate a percepire e produrre i suoni del parlato. Diverse ricerche hanno dimostrato che, oltre ai lobi temporali, nel neonato e nel piccolo di pochi mesi sono già funzionalmente attive anche le regioni frontali (Dehaene- Lambertz et al., 2002, 2006). Le precoci abilità imitative vocali manifestate dal neonato sono rese possibili dalla presenza di una connessione fra il lobo temporale e la corteccia premotoria, come documentato dallo studio fMRI di Perani e collaboratori (2011) in neonati di due giorni di vita. Questa capacità di imitazione vocale può dipendere anche dai meccanismi di comprensione sociale del cervello che formano un sistema di mirroring umano per l’interazione sociale, già dopo i primi giorni di vita.
Alcune ricerche sulle componenti neurali e comportamentali in età precoce hanno mostrato che l’esposizione al linguaggio nel primo anno di vita influenza i circuiti neurali del cervello ancora prima che i bambini producano le prime parole. Il cervello umano ha, infatti, una straordinaria capacità di cambiare fisicamente e di riconfigurare la sua struttura funzionalmente in risposta a stimoli ambientali, cognitivi e a esperienze comportamentali: questa proprietà è denominata neuroplasticità. Si comprende quindi che il linguaggio a cui è precocemente esposto un bambino influenza le successive capacità linguistiche e di apprendimento.
Oggi esistono più di 2000 lingue parlate nel mondo e un bambino piccolo può acquisire con facilità una qualunque di esse se esposto fin dalla nascita, senza che sia necessaria un’istruzione specifica.
Il bambino fino a 6-8 mesi può discriminare e produrre diverse centinaia di suoni verbali differenti inclusi anche quelli che non appartengono alla sua lingua madre.
Le ricerche di Patricia Kuhl e collaboratori, con tecniche sia comportamentali che neurofisiologiche (Kuhl e Rivera-Gaxiola, 2008), hanno dimostrato che le capacità discriminative dei suoni della lingua nativa aumentano nel secondo semestre di vita, parallelamente al declino delle capacità discriminative dei suoni delle altre lingue, fenomeno quest’ultimo già descritto negli anni ’70 e ’80.
Questo fenomeno di “restringimento percettivo” si correla positivamente con migliori abilità linguistiche e di lettura in età scolare (Kuhl e Rivera-Gaxiola, 2008). La perdita selettiva o inibizione dei suoni delle lingue non native, che si manifesta intorno agli 8 mesi di vita, segna l’inizio della comprensione del linguaggio e si associa al riconoscimento dei contorni intonativi tipici della propria lingua e alla comparsa delle prime forme di lallazione. Il bambino impara a riconoscere i contorni tra le parole grazie all’integrazione di abilità computazionali, cognitive e sociali che si combinano per formare un meccanismo di apprendimento molto potente. A differenza della lingua scritta, la lingua parlata non ha indicatori affidabili per definire i confini delle parole all’interno delle frasi.
Esperimenti recenti dimostrano che i bambini, a partire dagli 8 mesi, sono in grado di identificare e capire una parola proprio grazie alla sensibilità verso la probabilità di transizione tra sillabe adiacenti. Queste abilità precorrono la comparsa nel linguaggio della capacità di denotazione o denominazione. Infatti, intorno ai 10 mesi, la maggior parte dei bambini inizia a produrre proto-parole, cioè sequenze di suoni associate in modo sufficientemente stabile a particolari contesti o referenti. Malgrado la considerevole variabilità interindividuale delle produzioni sonore osservate in questa fase, è stata identificata una chiara continuità nei “suoni preferiti” da ciascun bambino nel passaggio dalla lallazione preverbale alla produzione delle prime parole.
Tappe dello sviluppo della comprensione verbale precoce
La comprensione verbale nasce a partire da un’abilità sociale fortemente associata allo sviluppo linguistico, ovvero l’attenzione condivisa. Le abilità di attenzione condivisa sono attendibili predittori dello sviluppo del linguaggio sia nei bambini con sviluppo tipico, che nei bambini con autismo e con patologie di altra natura.
Nello sviluppo tipico, la capacità di condividere con un partner l’attenzione verso un evento inizia a manifestarsi al quarto mese di vita e si consolida nel tempo fino ad essere padroneggiata entro i 18 mesi.
Studi di tipo diaristico o sperimentale condotti tra gli anni ’70 e ’80 hanno documentato che, nelle prime fasi dello sviluppo del linguaggio, la comprensione precede e prepara la produzione (Benedict, 1979; Golinkoff e Hirsh-Pasek, 2001; Chapman e Kohn, 1978; Chapman e Miller, 1975; Fraser, Bellugi e Brown, 1963; Golinkoff et al., 1987). Il bambino sa più di quello che riesce a dire; ad esempio quando dice ancora poche parole, e si esprime con una parola alla volta, è già in grado di capire frasi multi-parole. Studi sul linguaggio diretto ai bambini hanno dimostrato che il linguaggio dell’adulto che ha caratteristiche di contiguità (temporale) e di contingenza contestuale è quello che favorisce maggiormente l’apprendimento di parole (Roseberry, Hirsh-Pasek e Golinkoff, 2014) e che la connessione del linguaggio con ciò che sta facendo il bambino, la condivisione del focus attenzionale e la reciprocità, sono gli aspetti più legati allo sviluppo linguistico. Nello sviluppo tipico, il linguaggio evolve attraverso fasi graduali dal riconoscimento situazionale, quando tutti gli indizi percettivi sono presenti, fino a un vero sistema rappresentazionale in cui le parole-simbolo sono arbitrariamente e senza similarità percettiva associate ai propri referenti. Numerosi dati, provenienti da studi sperimentali e da questionari compilati dai genitori, hanno documentato l’inizio della comprensione di parole singole tra 8 e 10 mesi, durante il IV stadio dello sviluppo sensomotorio di Piaget. In questa fase, la comprensione si manifesta di solito in contesti routinari e all’interno di scambi ritualizzati e può essere inferita quando il bambino risponde a consegne verbali con comportamenti appropriati. Molti bambini mostrano una rapida esplosione della comprensione dopo i 10-12 mesi e un rapido incremento del repertorio lessicale recettivo che include in media circa 58 parole a 10 mesi, 128 a 13 mesi e 210 a 16 mesi (Caselli e Casadio, 1995; Caselli et al., 2007).
Nel corso del secondo anno le abilità linguistiche recettive progrediscono dalla comprensione di parole singole alla decodifica di frasi a più costituenti. A circa 20 mesi, il bambino con sviluppo tipico inizia a capire enunciati “probabili” di due parole, riferiti cioè a relazioni di significato contestualmente appropriate e coerenti con la sua esperienza. In questa fase, la decodifica di enunciati verbali si basa prevalentemente sull’uso di strategie non linguistiche in cui le relazioni tra le parole di una frase sono interpretate in rapporto a ciò che il bambino conosce del mondo, piuttosto che in base alle sole informazioni linguistiche (Chapman e Kohn, 1978; Miller et al., 1980; Chilosi et al., 2018). Tra i 24 e i 30 mesi i bambini mostrano una crescente capacità di rispondere a richieste di azioni “improbabili” di due/tre parole e di eseguire richieste di azioni decentrate, in cui cioè l’agente dell’azione è un oggetto diverso da sé (ad es. “La bambola balla”). In questo periodo cominciano a essere comprese anche alcune semplici relazioni spaziali (ad esempio “sopra”, “sotto”), la cui comprensione appare dipendente dalle modalità di rappresentazione cognitiva dello spazio.
A partire dai 36 mesi la maggior parte dei bambini impara ad usare l’informazione sintattica e ad utilizzare la strategia dell’ordine delle parole per la decodifica di semplici frasi attive reversibili soggetto-verbo-oggetto (SVO) (Chapman et al., 1978; Chilosi et al., 2018). Tuttavia, lo sviluppo delle capacità di decodifica di relazioni grammaticali complesse è solo agli inizi e prosegue negli anni prescolari e scolari.
Bibliografia
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