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numero 39 - luglio 2016

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The social unconscious in persons, groups, and society

The social unconscious in persons, groups, and society

Recensione.jpg Earl Hopper, Haim Weinberg (Editors)
The social unconscious in persons, groups, and society.
Volume 2: mainly foundation matrices.
Karnac, 2016, Pp. XX+172
£ 22.99 (Paperback)

Questo volume segue a distanza di circa cinque anni la prima parte dell’opera curata sempre da Earl Hopper e Haim Weinberg: The Social Unconscious in Persons, Groups, and Organizations. Volume 1: Mainly Theory (Karnac, 2011). L’idea di pubblicare una serie di volumi dedicati all’inconscio sociale è nata nei curatori con lo scopo di raccogliere le esperienze e le nuove sfide che oggi si vivono e si sperimentano nel mondo, operando in diversi contesti culturali, professionali e socio-organizzativi. Con la scomparsa dei “padri fondatori” e degli ispiratori del concetto di inconscio sociale  Jacob Levy Moreno (1889-1974), Siegmund Heinrich Foulkes (1898-1976) e Enrique Pichon-Rivière (1907-1977)  oggi ci si muove in un campo dai confini poco definiti, in cui ognuno procede per la sua strada, correndo il rischio di smarrire il senso delle origini e di non avere chiare le traiettorie di sviluppo imboccate.
Il materiale utilizzato per creare il primo dei tre volumi della serie che qui segnaliamo proviene dai lavori del XIV European Symposium in Group Analysis, intitolato Despair, Dialogue, Desire, tenutosi a Dublino nell’agosto del 2008. A questo primo volume, dedicato alle principali scuole teoriche, segue ora il testo dedicato alle Mainly Matrices e, successivamente, sarà la volta del lavoro indirizzato verso il Mainly Clinical Work (questi tre libri sono inseriti nella collana “The New International Library of Group Analysys” dell’editore Karnac di Londra).
Sono undici gli autori di questo volume sulle matrici fondamentali, compresi i due curatori.
Il testo – diviso in due sezioni  si apre con l’illustrazione dei miti intesi come elementi significativi delle dimensioni culturali e delle matrici che segnano la vita nei gruppi e nelle istituzioni. Qui trovano spazio alcune riflessioni inconsuete (per il mondo del lavoro) sulla trasmissione intergenerazionale, soprattutto di eventi o fatti traumatici. La frequente mancanza di coesione che si può notare esistere all’interno delle dimensioni socio-organizzative prende qui la forma simbolica della Torre di Babele.
La seconda sezione del libro è probabilmente quella di maggiore interesse anche perché le tematiche qui discusse possono essere collegate decisamente al Diversity Management e alle società multiculturali di oggi. Infatti, ogni capitolo esamina il concetto e la dinamica delle foundation matrices in differenti contesti culturali, partendo dagli elementi inconsapevoli che, nell’attuale Germania, coprono il trauma sociale del Nazismo e si riverberano sulle generazioni più giovani. Il quinto capitolo analizza la situazione della Cecoslovacchia, marchiata da due occupazioni (nazista e sovietica) che hanno reso le persone tendenzialmente deboli nell’assertività e nell’autonoma presa di responsabilità. Nel capitolo successivo si discute la cultura giapponese intrisa di senso del sacrificio e dell’idea di dover comunque e sempre accettare ciò che accade nella realtà senza speranza di poter modificare nulla, mentre i sentimenti di vergogna e di colpa sono qui analizzati anche in relazione alla sconfitta subita negli Anni Quaranta.
I successivi due capitoli trattano delle propensioni sociali diffuse in Gran Bretagna e in Irlanda verso una speciale popolazione costituita da coloro che hanno disabilità mentali, e della situazione culturale del Brasile in cui emergono tre tipologie di caratteri sociali e, nel complesso, ben si delineano le proprietà del concetto di “matrice” (sviluppato da Foulkes negli Anni Settanta) e le difese sociali ideologiche che sono attivate contro l’angoscia della percezione dell’impotenza sociale dei cittadini. Questi aspetti, ed anche il metodo impiegato dagli osservatori partecipi, richiama alla mente l’opera di tre padri fondatori degli approcci alla dinamica di gruppo: mentre il lavoro di Foulkes è abbastanza noto, è interessante soffermarsi sull’idea di co-unconscious di Moreno (che nel 1950 fondò a Parigi l’International Committee for Group Psychotherapy), e riflettere sui legami che hanno caratterizzato la tradizione latino-americana della gruppo-analisi e di analisi istituzionale, partendo dall’opera di Pichon-Rivière.
In questo testo – così come nel precedente lavoro a cura degli stessi studiosi  si possono bene apprezzare le configurazioni teoriche attuali di talune grandi tradizioni – come quelle della teoria generale dei sistemi (Ludwing von Bertalanffy) e dei sistemi socio-tecnici (Elliott Jaques) – e le attuali elaborazioni di pionieristiche esperienze condotte il secolo scorso come il progetto noto con la denominazione di Northfield Experiment, e l’insieme delle esperienze vissute da Wilfred Bion nel corso del primo conflitto mondiale – vedi W. R. Bion (2015), War Memories. 1917-1919. Second Edition, a cura di Francesca Bion. Karnac, London) . Da notare, infine, che uno dei due curatori, Earl Hopper, ha un’amplissima esperienza nel campo, racchiudendo le competenze di analista, gruppo-analista e consulente di organizzazioni, oltre ad aver pubblicato estesamente su tali tematiche.