Esperienze
Scenotest: un caso clinico
Scenotest: un caso clinico
Questo esempio evidenzia molto bene la situazione interiore di un ragazzo di 12 anni e il suo mondo introverso. Il soggetto appariva intellettualmente poco dotato, timido e depresso. Tanto più sorprendente fu quindi notare l’intensità e il vigore espressivo della sua raffigurazione (cfr. fig.).
Nella scena una bambina – della sua stessa età – scappava di casa e si rifugiava nel bosco, dove si metteva a sedere sotto gli alberi chiacchierando con loro. “L’albero più grande”, spiegò il ragazzo, “si china verso di lei”. E proseguì: “Gli alberi raccontano alla bambina com’è la vita del bosco e quest’ultima racconta loro come questa sia in mezzo agli uomini”. Da principio gli alberi, e più tardi anche la volpe, “scrutano” la bambina. Dietro la casa, che il soggetto aveva collocato al margine del bosco, il padre della bambina rimproverava con gesti concitati delle braccia la cameriera per non aver avuto abbastanza cura di quest’ultima, mentre la madre, al suo fianco, appariva terribilmente sconvolta.
Sul tetto della casa c’era la vecchia cicogna, vicino a un nido molto “morbido” preparato per i suoi piccoli, i quali “dovevano imparare a volare, ma da principio non volevano e cercavano sempre di tornare nel nido”. Alla fine del gioco essi erano “diventati grandi”; allora sarebbero volati via per non tornare più indietro.
Una ferrovia costruita sullo sfondo doveva condurre al “paese” dove viveva la famiglia della bambina.
Da ultimo, il nonno e una zia con un bebè in braccio passeggiavano fra le aiuole disposte in primo piano, mentre la figura della nonna, inizialmente posta assieme a loro, venne subito messa in disparte come “non necessaria”, non appena l’esaminatore chiese di lei.
Qui affioravano chiaramente i problemi del ragazzo, i suoi sentimenti ambivalenti nei riguardi della casa paterna e i suoi desideri di sicurezza e protezione; la bambina fuggiva da casa, ma la sera sarebbe ritornata; in compenso, il giorno dopo fuggiva un altro bambino. Contemporaneamente, i genitori sperimentavano ansia per la scomparsa della prima – segno evidente di come il piccolo paziente desiderasse più affetto e attenzioni da parte di questi.
Assai pregnante era il contrasto fra l’atmosfera fiduciosa del bosco e la scena nella casa; nel primo la bambina e gli alberi conversavano liberi e felici come nel paradiso terrestre; nella seconda, invece, “fra gli uomini” c’erano pretese, obblighi, litigi e critiche. Padre e madre erano agitati, e il primo incolpava impetuosamente la cameriera di aver trascurato i propri doveri. Illuminante è l’osservazione del bambino che la volpe, e inizialmente anche gli alberi, “scrutassero” la bambina. L’intera famiglia era continuamente intenta a sorvegliare lo sviluppo del primo invece di sostenerlo e aiutarlo.
Tale tematica si ripeteva nell’idilliaco quadro delle cicogne sul tetto: desiderio di nido, di calore e di protezione, ma al contempo desiderio di volare via e di non ritornare. Alla fine, però, c’era la ferrovia come elemento di congiunzione, a rappresentare il legame con la casa paterna.
Lo stesso desiderio, cioè il ritorno al primo stadio di vita infantile, riappariva ancora una volta nell’ultimo particolare del bebè che andava a passeggio con il nonno e in braccio alla zia.
Per quanto forte fosse nel ragazzo l’impulso a nascondere anche nella figurazione ludica il mondo dei propri sentimenti, questo venne in luce allorché egli mise in disparte la figura della nonna con l’osservazione che questa non fosse necessaria, non appena l’esaminatore chiese di lei. Ciò è molto significativo, poiché la madre, più tardi, raccontò come questi fosse affezionatissimo alla stessa, preferendo andare a passeggio con lei anziché prendere parte ai giochi dei coetanei. Caratteristico del piccolo paziente era l’essersi identificato con una figura femminile.
Poiché la madre aveva descritto il figlio come freddo e privo di fantasia quanto suo padre, in via del tutto eccezionale le venne mostrata la scena da questi costruita. Ella fu profondamente colpita dalla vivacità e dalla fantasia che vi si manifestavano, in particolare dalla raffigurazione assolutamente perfetta del padre, che “quando si arrabbia assume esattamente quell’atteggiamento e fa quegli identici gesti con le braccia”.
Dai dati obiettivi raccolti risultava come il ragazzo fosse oggetto di preoccupazione e di critica da parte di tutta la famiglia, dal momento che a causa della sua pigrizia non riusciva a scuola e mostrava un notevole ritardo rispetto ai coetanei. Inoltre, egli non riusciva a imporsi con la sorellina più sveglia e vivace.
Dietro la sua apparente lentezza e goffaggine, lo Scenotest mostrava una vita affettiva molto ricca e una fervida fantasia.
Il problema fondamentale si poneva quindi in questi termini: conflitto fra il bisogno di restare piccolo e il dover mettere le ali; forte legame con la casa paterna e, per contro, tendenza ad allontanarsene quando avvertiva la delusione che il suo comportamento procurava agli altri.
Estratto da Scenotest. Un integrazione. Hogrefe, 2016.