In ricordo di Arturo Orsini
In ricordo di Arturo Orsini
In ricordo di Arturo Orsini
Non so da quanto conoscessi Arturo Orsini, ordinario di Teoria e tecniche dei test alla Sapienza, ma ricordo perfettamente quando ebbe inizio il nostro “sodalizio” di editore ed autore: una mattina di primavera che, inaspettatamente a Roma per aver perso – mia dabbenaggine – un aereo, lo andai a trovare nel suo studio di professore universitario in via dei Marsi. Il tema era la WISC-IV: il lavoro era tutto da avviare, nei tempi e nei modi; parlammo delle difficoltà che dovevano essere affrontate e di come superarle, ci dividemmo i compiti, io il supporto e la tutela dall’invadente editore americano, lui – naturalmente – il lavoro vero, coi suoi collaboratori.
L’“uomo delle Wechsler” (con poche, saltuarie eccezioni, Orsini è stato l’autore – prima con Caterina Laicardi, poi con altri – degli adattamenti italiani delle ultime versioni delle scale) lavorava con quell’estremo rigore metodologico che lo portava a scovare gli errori statistici nell’edizione originale. Scrupoloso, faceva impazzire la redazione per voler rivedere ogni intervento o correzione da lui stesso indicati, ma per la redattrice era una garanzia di qualità del lavoro e un piacere la sua squisita cortesia. Non so cosa pensassero di lui i suoi studenti (credo che non potessero che volergli bene, vista l’attenzione che mostrava per il loro futuro incerto e la sua disponibilità, autorevole e mai affettata, verso chi bussava alla sua porta), ma ho avuto il grande piacere di ascoltarlo in occasione di conferenze e di presentazioni della scala Wechsler di turno: con quel distacco partenopeo che lo contraddistingueva, andava al fondo delle cose, rendendo magicamente comprensibile l’arida serie di numeri che sfilava proiettata alle sue spalle, e mostrava, senza infingimenti, cosa funzionava e cosa no. Credo che il suo lavorare su medie e indici statistici sia stato, più che in altri, una ricerca appassionata della verità, o di quel frammento di verità che medie e indici statistici permettono di svelare.
Aveva l'abitudine di non firmare mai i contratti, se non a lavoro terminato, ma era onestà intellettuale: sapeva che il lavoro era gravoso e impegnativo, se doveva essere accurato, e che i tempi angusti imposti dagli americani e sollecitati dalle esigenze commerciali sarebbero stati certamente sforati. Ma non gliene volevo, anzi non posso che essergli riconoscente per la simpatia e la franchezza che sono state la cifra dei nostri rapporti professionali, rapporti segnati da stima ed amicizia. L’ho sentito arrabbiato una volta soltanto e non credo che allora avesse ragione, ma era – sempre – per onestà intellettuale e fedeltà ad una visione rigorosa del lavoro scientifico.
Per Hogrefe aveva accettato, con l’abituale e rassicurante entusiasmo, una nuova sfida: occuparsi di un nuovo test cognitivo, non famoso come le Wechsler, ma di cui apprezzava l'approccio al problema della misura dell’intelligenza e le potenzialità applicative. Un’altra cosa di cui devo essergli grato.
Arturo Orsini si è spento la mattina di mercoledì 8 ottobre. Martedì pomeriggio mi aveva chiamato e con voce affaticata dalla malattia, ma serena, mi ha voluto rassicurare che il lavoro non si sarebbe fermato, ma sarebbe andato avanti senza intoppi grazie alla sua più stretta collaboratrice. “Tutto finisce – mi ha detto, riferendosi a se stesso –, ma va bene così”.
Maestro nel lavoro e nella vita, è stato un grande studioso ed era uno di quei rari gentiluomini che si ha, talvolta, la fortuna di incontrare.
Jacopo Tarantino, Amministratore Delegato di Hogrefe Editore