Esperienze
"Ricordi sonori": un percorso di musicoterapia per la terza età
"Ricordi sonori": un percorso di musicoterapia per la terza età
Ogni cosa è illuminata dalla luce del passato. Gli anziani sono la memoria di un passato che il presente spesso trascura; in loro sono depositate esperienze, storie, immagini ma anche suoni, musiche e canzoni. Il laboratorio di musicoterapia Ricordi sonori, attraverso l’ascolto e il canto delle canzoni legate al passato degli anziani, ha come obiettivi principali stimolare la memoria, incentivare la narrazione autobiografica e arricchire la sfera affettiva. Il laboratorio offre una dimensione relazionale nella quale gli anziani trovano uno spazio di ascolto e di azione grazie al quale poter contrastare la progressiva perdita di interesse nei confronti della vita, come spesso accadere alle persone istituzionalizzate.
Il percorso di musicoterapia è cominciato presso la Casa Protetta Villa Serena di San Romualdo (Ravenna) nel luglio 2012 ed è tutt’ora attivo. Grazie a questa continuità, partendo sempre dai ricordi personali degli anziani, è stato possibile realizzare altre iniziative che uscissero dalla dimensione relazionale protetta del Laboratorio nel tentativo di raggiungere anche le persone del mondo esterno alla struttura e sensibilizzarle alla situazione degli anziani. Queste azioni, in definitiva, si pongono un obiettivo preciso quanto ambizioso: contrastare l’isolamento sociale degli anziani istituzionalizzati. La prima iniziativa è stata produrre un breve video nel quale alcuni partecipanti del laboratorio sono stati intervistati e invitati a raccontare e cantare frammenti della loro vita, nonché del territorio nel quale sono vissuti; la seconda iniziativa è una mostra fotografica permanente che racconta i luoghi dedicati allo svago e alla convivialità, ovvero le sale da ballo e i cinema della provincia di Ravenna frequentate dagli anziani nella loro gioventù. Il video è disponibile on line mentre la mostra fotografica è visibile nella sala d’ingresso di Villa Serena.
Il laboratorio si articola attraverso quattro azioni principali: ascoltare, ricordare, raccontare e cantare. Queste azioni sono armonizzate tra loro e completate da una quinta azione, elemento terapeutico fondamentale: il lavoro di relazione del musicoterapista. In questo caso l’ascolto va quindi inteso non come mero ascolto delle musiche ma come predisposizione ad accogliere l’altro, attraverso lo sguardo, il corpo e la voce; si tratta dunque di essere presenti e manifestare questa presenza. In ogni incontro, attraverso il lavoro di relazione, si cerca di dare un ritmo alternando ascolti musicali, conversazioni, canti e silenzi.
Il primo passo dal punto di vista della prassi è l’ascolto di musica. Gli anziani hanno vissuto la musica in molte delle sue forme, in diverse occasioni e fasi della loro vita: sono stati travolti dalla intensità delle opere liriche, hanno ballato spinti dai ritmi di musiche popolari, sono stati accompagnati dalla radio nei lavori casalinghi, hanno celebrato feste nazionali presenziate da bande municipali o militari, hanno intonato canti liturgici e, alcuni di loro, hanno accompagnato il lavoro nei campi con i canti di lavoro. La musica è utilizzata dunque come ponte tra presente e passato, per risvegliare i ricordi e gli affetti, facendo leva sulle tracce che essa ha lasciato nella memoria a lungo termine. È in questo momento che si inserisce il lavoro del musicoterapista, che incalzando con le giuste domande può innescare una lavoro di reminiscenza attiva e narrazione autobiografica. Ogni musica offre numerosi spunti di conversazione: il contenuto del testo, il periodo storico, la vita dell’interprete o dell’autore. Dietro una canzone ci sono mondi, vite vissute, aneddoti, persone appunto, e tutte queste cose, assieme alla naturale predisposizione e bisogno delle’essere umano di raccontarsi, di comunicare, possono nutrire le narrazioni autobiografiche. Lo psicologo Jerome Bruner (1992) parla di pensiero logico-scientifico e di pensiero narrativo, due forme di pensiero complementari e in rapporto tra loro. Se il primo cerca di spiegare gli eventi in termini di causa-effetto, in modo lineare e scientificamente verificabile, il secondo si muove in modo circolare, accogliendo molteplici ricostruzioni e interpretazioni degli eventi, tenendo presente il contesto e le intenzioni delle persone che compiono tali azioni. L’essere umano avrebbe una sorta di predisposizione a organizzare le proprie esperienze in forma narrativa. I processi narrativi non sono utili solo alla comunicazione con l’esterno, ma agiscono anche in funzione del mondo intrapsichico. Dialoghi interni, ragionamenti intimi, sogni e fantasie svolgono un ruolo fondamentale a vari livelli, influenzando in maniera significativa il mondo interiore di una persona e l’organizzazione del sé.
Se il linguaggio è più congeniale alla comunicazione delle emozioni, il canto può essere di grande aiuto alla espressione e regolazione delle emozioni, quindi promotore del benessere psicofisico della persona. Al di là dei problemi legati all’emissione vocale che può avere una persona anziana, il canto resta comunque il modo più accessibile e intimo per partecipare alla musica. Grazie al rapporto di fiducia che nel tempo si è creato, al sostegno vocale del musicoterapista e armonico della sua chitarra, gli anziani hanno trovato una loro minima dimensione musicale, resa ancora più preziosa dal fatto di viverla in gruppo, di condividerla quindi, sostenendosi l’un l’altro.
Canto e racconto si uniscono così per ridare voce a ciò che rimane in silenzio, proponendosi come linguaggi della memoria, delle emozioni e dell’identità di ogni individuo, nonché di una comunità. Canto e racconto mettono a servizio dell’anziano tutto il loro potenziale terapeutico per arricchire la loro vita affettiva, stimolare le funzioni cognitive e rallentare i processi degenerativi legati all’invecchiamento fisiologico. Ricordi sonori è quindi uno spazio condiviso nel quale le persone possono comunicare la loro presenza, raccontare le loro storie personali e collettive, e possono anche cantarle. Uno spazio nel quale gli anziani si sentono ascoltati e valorizzati per quello che sono, per quello che sono in grado di dare e nel quale possono acquisire qualche risorsa in più per affrontare una fase della vita particolarmente fragile.
Durante le riprese delle interviste si è notato che gli anziani hanno raccontato (gli stessi aneddoti già raccontati all’interno degli incontri) con molta più precisione e presenza. Si è dedotto che la presenza della videocamera è stata riconosciuta dagli anziani come qualcosa che amplificava l’importanza del loro racconto, quindi di sé stessi. È ragionevole pensare che, vista la familiarità che hanno potuto sviluppare con il mezzo televisivo, e non potendo fare una netta distinzione tra una videocamera privata e la televisione a diffusione nazionale, si siano sentiti al centro dell’attenzione, lusingati e stimolati in un sano atteggiamento narcisistico a beneficio della loro autostima. Il linguaggio audiovisivo quindi, oltre ad aver documentato il patrimonio umano e musicale che tuttora alimenta il laboratorio, ha rivelato un potenziale che può essere integrato, con le dovute considerazioni, in quei percorsi terapeutici che mettono al centro la narrazione.
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