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numero 95 - marzo 2022

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Rassegna stampa

Rassegna stampa #95

Rassegna stampa #95

La psicoterapia ai tempi del COVID-19: il numero di sedute non è diminuito in modalità online

La pandemia ha determinato un aumento nelle richieste di supporto per malattie mentali e i servizi si sono attrezzati per rispondere a queste domande da remoto. Questa soluzione è stata adottata senza robusti dati a supporto di questa modalità di intervento, rispetto alla bontà e all’efficacia del trattamento psicologico a distanza. All’interno di questo panorama, sono rientrati anche i trattamenti basati sulla terapia cognitivo-comportamentale. Per cercare di comprendere meglio gli effetti di una terapia cognitivo-comportamentale svolta a distanza, un team di studiosi statunitensi ha analizzato una larga mole di dati provenienti da centri specializzati nel trattamento dei disturbi d’ansia. In particolare, il campione era composto da oltre 3.000 persone che seguivano un processo psicoterapeutico prima dell’avvento della pandemia e che hanno continuato tale percorso in modalità a distanza. I risultati hanno mostrato come la percentuale di sedute annullate fosse pari a circa il 10%, contro il 13% delle sedute annullate in presenza. Inoltre, non sono state evidenziate differenze statisticamente significative nel numero di sedute annullate in base ad alcune variabili socio-anagrafiche. Questo studio, quindi, ha evidenziato come lo svolgimento di sedute di psicoterapia cognitivo-comportamentale non sia influenzato dalla modalità, in presenza o a distanza utilizzata: anzi, è emerso come nella modalità a distanza si osservi una diminuzione nella cancellazione degli appuntamenti. Diversamente da ciò, è diminuito il numero di nuovi contatti: ovvero, sono arrivate meno richieste da parte di nuovi pazienti. Seppure siano necessari ulteriori studi per analizzare l’efficacia della psicoterapia cognitivo-comportamentale condotta a distanza, è possibile affermare come il cambiamento del setting imposto dalla pandemia da COVID-19 non abbia influito sulla quantità di richieste per questa tipologia di prestazioni per le persone che già affrontavano un percorso di psicoterapia, mentre sembra aver scoraggiato nuovi pazienti ad avviare questo tipo di percorso.

Cuthbert, K., Parsons, E. M., Smith, L. & Otto, M. W. (2022). Acceptability of telehealth CBT during the time of COVID-19: evidence from patient treatment initiation and attendance records. Journal of Behavioral and Cognitive Therapy, 32, 67-72.

 

Uno strumento per la misurazione dello stress da COVID-19

Il COVID-19 ha avuto degli effetti molto importanti nella vita di tutti noi; tra questi, si è assistito ad un peggioramento nella salute mentale delle persone. In particolare, è emerso come i livelli di stress siano in costante aumento. Ciò ha determinato delle difficoltà nella misurazione dello stress attraverso strumenti messi a punto prima della pandemia. Per questo motivo, dei ricercatori canadesi hanno costruito un questionario per la misurazione del livello di stress dovuto agli effetti della pandemia, la COVID Stress Scale (CSS). La necessità di questo strumento è data dal fatto che gli indicatori di stress da COVID-19 sono diversi rispetto a quelli utilizzati in precedenza. Nonostante la maggior parte delle persone sia resiliente nei confronti di ciò, circa il 40% delle persone in Canada ha mostrato di soffrire di forme più o meno acute di stress da COVID-19. Tra queste, le persone con problemi di salute mentale pregresse all’avvento della pandemia sono risultate maggiormente vulnerabili e a rischio di sviluppare patologie importanti. Il CSS, quindi, può essere uno strumento utile per la misurazione dello stress connesso alla pandemia, ma non si hanno studi di validazione di questo test. Alcuni ricercatori canadesi hanno somministrato questa scala, insieme ad altre misure, per indagare la validità dello strumento, a un campione di oltre 6.000 adulti. Al di là delle caratteristiche psicometriche dello strumento, che ha comunque evidenziato di essere valido e attendibile, è emerso come persone con disturbi d’ansia o dell’umore abbiano ottenuto dei punteggi significativamente superiori rispetto alle altre persone. Inoltre, non sono emerse differenze statisticamente significative tra diversi gruppi clinici, a supporto del fatto che non ci siano gruppi clinici maggiormente a rischio di altri. Questo studio ha una duplice valenza: da un lato mette a disposizione dei professionisti uno strumento utile per la valutazione dello stress da COVID-19, che presenta delle differenze sostanziali. Inoltre, evidenzia come persone che già appartenevano a svariati gruppi clinici siano maggiormente vulnerabili rispetto a questa forma di stress, a prescindere dalla tipologia di diagnosi ricevuta.

Asmundson, G. J. G., Rachor, G., Drakes, D. H., Boehme, B. A. E., Paluszek, M. M. & Taylor, S. (2022). How does COVID stress vary across the anxiety-related disorders? Assessing factorial invariance and changes in COVID Stress Scale scores during the pandemic. Journal of Anxiety Disorders, 87, 102554.

 

I lavoratori da remoto sono contenti?

L’avvento della pandemia ha, tra le altre cose, modificato le abitudini lavorative delle persone: si è assistito ad un massiccio ricorso allo smart working. Nelle ultime decadi molti studi si sono concentrati sul lavoro da remoto: in particolare, sono state analizzate variabili come l’isolamento percepito, la soddisfazione e l’identificazione con l’organizzazione. Studi condotti durante il lockdown hanno evidenziato come per alcuni lavoratori costretti a lavorare da remoto sia aumentato lo stress derivante dall’uso di tecnologie per la propria attività professionale. Nonostante ciò, delle ricerche hanno mostrato delle conseguenze positive: l’aumento del benessere e della soddisfazione dei lavoratori e la diminuzione del turnover. Nonostante ciò, solo pochi lavori si sono concentrati sui cambiamenti nella comunicazione tra colleghi che lavorano da remoto: per questo motivo, tre ricercatori finlandesi hanno condotto uno studio su un campione di oltre 1.000 dipendenti pubblici attraverso la somministrazione di un breve questionario composto da sette domande aperte relative al lavoro da remoto durante la pandemia. I risultati hanno evidenziato come il 20% delle persone non avesse mai lavorato da remoto prima del COVID-19, mentre oltre la metà dei partecipanti era solita lavorare a distanza uno o due giorni alla settimana. Di notevole interesse il fatto che solo il 13% dei partecipanti ha categorizzato il lavoro da remoto come un’opportunità: circa 80% degli intervistati, invece, non lo ritiene un fattore positivo. Le principali cause di questa valutazione negativa sono l’assenza di pause con i colleghi, la mancanza di relazione in presenza con i colleghi e la diminuzione del senso di comunità con un incremento della percezione di isolamento. Un altro aspetto molto interessante riguarda le differenze nelle variabili socio-anagrafiche tra le persone che ritengono questo aspetto un’opportunità e quelle che lo ritengono un problema; in particolare, le persone che avevano già lavorato da remoto, soprattutto per più di due giorni a settimana, vivono questa come un’opportunità in misura maggiore rispetto alle persone che non avevano mai lavorato a distanza; la differenza più rilevante si osserva in merito al genere: le donne valutano in misura maggiore degli uomini un’opportunità il lavoro da remoto. Per concludere, questo studio ha il pregio di fornire un quadro dettagliato della percezione delle persone che sono state obbligate dalle circostanze a lavorare da remoto: può essere molto utile dare uno sguardo in dettaglio agli aspetti maggiormente a rischio in modo tale da poter lavorare in ottica di prevenzione.

Jamsen, R., Sivunen, A. & Blomqvist, K. (2022). Employees’ perceptions of relational communication in full-time remote work in the public sector. Computers in Human Behavior, 132, 107240. 

 

La misurazione della depressione

La depressione è una delle patologie maggiormente diagnosticata a livello mondiale: secondo gli ultimi dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ne soffre una percentuale di persone compresa tra il 5% e il 7%. L’interesse della comunità scientifica su questo tema è aumentato negli ultimi anni, anche a causa della pandemia da COVID-19. Il problema principale riguarda la difficoltà nella misurazione della depressione dovuta alla grande eterogeneità di sintomi riconducibili al disturbo; infatti, si registrano sintomi cognitivi, comportamentali e psicosomatici oltre a quelli di natura emotiva e non si hanno strumenti che ne permettano la simultanea valutazione in modo completo. Per cercare di ovviare a questo problema, dei ricercatori spagnoli hanno costruito un pool di item capace di valutare la depressione in modo completo, analizzandone tutte le sfaccettature. Il primo passo nella valutazione della bontà del pool di item è stato quello di sottoporli ad un gruppo di 16 esperti di depressione in modo tale da avere una valutazione della validità di contenuto, per poi selezionare gli item migliori così da indagarne le proprietà psicometriche e mettere a punto la versione definitiva dello strumento. I risultati di questo studio hanno mostrato che sono stati eliminati 104 item, pari al 37% del totale. Di particolare interesse la distribuzione del numero di item per la misurazione delle diverse sfaccettature di cui si compone il costrutto indagato: 25 item sono stati sviluppati per misurare l’umore depresso, 13 per l’anedonia, 12 per il calo dell’attenzione, 10 per i pensieri suicidari. In sintesi, questo studio, oltre a fornire un ampio insieme di item utili per la valutazione della depressione secondo il DSM-5, evidenzia l’eterogeneità del costrutto di depressione che difficilmente viene considerata dagli strumenti diagnostici: in particolare, si hanno alcune componenti come il calo dell’attenzione o della libido, che difficilmente vengono valutate. Per questo motivo, quindi, il suggerimento che se ne ricava per i professionisti è quello di compiere delle valutazioni il più possibili ampie ed eterogenee al fine di coprire tutte le possibili sfaccettature della sintomatologia relativa a questo disturbo.

Gullot-Valdes, M., Guillen-Riquelme, A. & Buela-Casal, G. (2022). Content validity through expert judgment for the Depression Clinical Evaluation Test. International Journal of Clinical and Health Psychology, 22, 100292.