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numero 91 - ottobre 2021

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Rassegna stampa

Rassegna stampa #91

Rassegna stampa #91

Solitudine adolescenziale: è in aumento? 

Diversi studi hanno documentato un aumento della solitudine e della depressione adolescenziali nei paesi anglosassoni dopo il 2012, ma non è noto se queste tendenze si manifestino in tutto il mondo o siano collegate a fattori quali condizioni economiche, uso della tecnologia o cambiamenti delle dimensioni delle famiglie. A questo scopo i ricercatori hanno utilizzato i dati raccolti mediante il sondaggio Programm for International Student Assessment (PISA) per ragazzi tra i 15 e i 16 anni, promosso dall’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) per l’anno 2018 e li hanno confrontati con quelli degli anni precedenti in 37 paesi del mondo. Infatti, i sondaggi del 2000, 2003, 2018, 2015 e 2018 includono anche una misura della solitudine scolastica con domande come ad esempio “Mi sento un estraneo (o escluso) a scuola”. Invece, solamente nel sondaggio del 2018 sono stati inclusi degli item relativi alla frequenza con cui i ragazzi sperimentano emozioni positive (es. felicità, gioia) ed emozioni negative (es. tristezza, paura).
Nell’analisi dei dati, i ricercatori in fase preliminare hanno valutato le correlazioni tra la solitudine e altre misure legate al benessere psicologico presenti nel sondaggio: emozioni positive, emozioni negative e soddisfazione per la propria vita. Inoltre, è stato valutato se la solitudine scolastica tendeva a rimanere inalterata nel corso degli anni attraverso il confronto dei dati in cinque punti temporali corrispondenti alle rilevazioni prese in considerazione. Le tendenze risultanti sono state poi considerate sia per i singoli paesi che raggruppati in regioni più ampie. In aggiunta, per determinare quali fossero i fattori associati alla solitudine sono stati considerati sei indicatori relativi al singolo e al Paese: accesso ad uno smartphone, uso di internet, disoccupazione, PIL, disparità di reddito e tasso di fertilità totale. 
I risultati riportano una generale tendenza all’aumento della solitudine adolescenziale in tutti i paesi. Inoltre, la solitudine scolastica è risultata significativamente più alta in corrispondenza di un maggiore accesso agli smartphone da parte degli studenti e un uso prolungato di internet, ma non è risultata legata alla disoccupazione, al PIL, disparità di reddito o tasso di fertilità (dimensione della famiglia).
In conclusione, l’aumento della depressione e solitudine adolescenziale rilevato inizialmente nei paesi anglosassoni a partire dal 2012, sembra essere un fenomeno mondiale. Nel campione di adolescenti considerato, la solitudine è aumentata tra il 2012 e il 2018 in 36 paesi su 37 in tutto il mondo e si è mostrata in forte associazione con un maggiore accesso agli smartphone e all’uso di internet. I risultati emersi in questo studio, quindi, mostrano come l’uso dei media digitali può avere un effetto sugli adolescenti, indipendentemente dal loro livello personale di utilizzo.

Twenge, J. M., Haidt, J., Blake, A. B., McAllister, C., Lemon, H., & le Roy, A. (2021). Worldwide increases in adolescent loneliness. Journal of Adolescence. Published. 

 

Comportamenti pro-ambientali: l’impatto delle norme personali

Numerose evidenze nel campo della psicologia sociale e ambientale mettono in luce la potenzialità dell’introduzione di interventi di cambiamento del comportamento come strumenti validi per incentivare le persone a mettere in atto comportamenti in favore dell’ambiente (es. riduzione del consumo di carne, di elettricità, di acqua ecc.). All’interno di questa tipologia di interventi, quello più utilizzato si basa sull’implementazione di norme sociali. In letteratura questo genere di interventi sono molto popolari, in quanto le norme sociali si sono dimostrate dei forti predittori dei comportamenti pro-ambientali; nonostante ciò, la loro efficacia è dibattuta ed emergono risultati contrastanti in merito a quali siano i migliori contesti nei quali essere applicati. Lo scopo degli autori è verificare fino a che punto gli interventi sulle norme sociali sono efficaci per incoraggiare le persone a mettere in atto comportamenti pro-ambientali e valutare il ruolo moderatore delle norme personali in questa relazione. La differenza tra norme sociali e norme personali è che le prime sono percezioni di quanto sia importante quello che le persone nella tua vita sociale pensano o fanno, fornendo linee guida su ciò che è “normale” fare, mentre le seconde sono regole o standard per il proprio comportamento. Sembrerebbe che avere delle forti norme personali relative a comportamenti pro-ambientali corrisponda anche ad una maggiore intenzione/comportamento relativi a questa norma.
In questo studio, gli autori si sono concentrati sui comportamenti pro-ambientali legati al consumo di cibo e al cambio di alimentazione; è stata valutata l’intenzione di mettere in atto comportamenti pro-ambientali come l’elemento migliore per capire il meccanismo sottostante alla base del comportamento reale in questi ambiti presi in considerazione. È stato ipotizzato che coloro che hanno delle norme sociali più forti, hanno maggiore probabilità di mettere in atto il comportamento normativo (desiderato) indipendentemente dalle loro percezioni delle norme sociali. Per verificare ciò sono stati creati tre diversi studi: nel primo sono state esaminate la misura con cui le norme personali indeboliscono il rapporto tra norma sociale e intenzione a favore dell’ambiente, indagando l’intenzione dei partecipanti a passare ad una dieta di tipo vegetale; nel secondo e terzo studio, invece, sono stati utilizzati dei messaggi normativi di minoranza per coloro che hanno norme personali più forti: infatti, si presuppone che interventi di questo genere dovrebbero essere meno efficaci se la prima ipotesi risultasse verificata.
Infatti, saranno sempre presenti persone che hanno sviluppato delle norme personali più forti relative al consumo sostenibile ed è molto più facile che queste persone mettano in atto il comportamento normativo (desiderato) nei confronti della norma sociale. 
I risultati mostrano come coloro che avevano delle forti norme personali avevano anche una maggiore intenzione a mettere in atto comportamenti pro-ambientali rispetto a coloro con norme personali più deboli. Ciò è stato convalidato indipendentemente dal fatto che queste norme sociali fossero statiche (ovvero che affrontano lo stato attuale della norma) o dinamiche (percezioni degli sviluppi futuri in relazione al comportamento) del comportamento desiderato. Inoltre, all’aumentare della forza della norma personale, si è notato che veicolare il messaggio che la maggior parte delle persone come loro aveva iniziato o aveva seguito il comportamento desiderato (quindi un intervento con messaggi normativi di maggioranza) era meno efficace per cambiare positivamente le intenzioni pro-ambientali legate al consumo di cibo.
In conclusione, è possibile affermare che le norme sociali sono sempre state considerate un importante predittore per una grande serie di comportamenti pro-ambientali, tra cui l’ambito del cibo e dell’alimentazione e sono state molto utilizzate per incoraggiare cambiamenti comportamentali positivi per l’ambiente. Nonostante questo, i risultati relativi alla sua efficacia sono sempre risultati dubbi. I risultati relativi a questi tre studi svolti potrebbero parzialmente spiegare il perché della sua dubbia efficacia, andando ad incrementare la letteratura esistente su questo argomento.

de Groot, J. I., Bondy, K., & Schuitema, G. (2021). Listen to others or yourself? The role of personal norms on the effectiveness of social norm interventions to change pro-environmental behavior. Journal of Environmental Psychology, 78, 101688.

 

L’effetto dei pari sul comportamento adattivo di studenti con disabilità intellettive

Bambini ed adolescenti con disabilità intellettive mostrano bassi livelli di comportamenti adattivi, ovvero abilità concettuali, sociali e pratiche finalizzate all’adattamento al proprio ambiente. Nello sviluppo tipico, questo tipo di competenze vengono apprese non solo attraverso le disposizioni individuali, gli insegnati e il contesto familiare, ma anche grazie al gruppo dei pari, come ad esempio i compagni di scuola. La letteratura esistente non ha però approfondito l’influenza dei compagni di classe in studenti con disabilità intellettive. Per questo motivo gli autori hanno deciso di esaminare se i livelli dei comportamenti adattivi concettuali, sociali e pratici nelle scuole con bisogni speciali influenzano lo sviluppo individuale degli studenti di queste competenze. Sono stati confrontati i dati raccolti in due momenti temporali diversi, ipotizzando che livelli più alti di comportamenti adattivi della classe al T1 avrebbero predetto in modo significativo livelli più alti di comportamenti adattivi al T2.
Dai risultati emerge un effetto dei pari per lo sviluppo di competenze concettuali durante l’anno scolastico, ma non per lo sviluppo di competenze sociali e pratiche. Per capire questo risultato è importante considerare i livelli e i cambiamenti nei comportamenti adattivi degli studenti. 
La maggior parte degli studenti aveva livelli molto bassi di competenze adattive all'inizio dell'anno scolastico, ma nel tempo sono aumentate significativamente le competenze concettuali e sociali. Mentre una parte sostanziale di questi cambiamenti può essere spiegata da fattori individuali e contestuali, gli autori hanno cercato di determinare il ruolo specifico del contesto classe. Ne è emerso che i livelli maggiori di competenze concettuali dei compagni di classe prevedevano aumenti individuali rispetto a tali capacità. L'effetto del contesto tra pari in classe era di dimensioni moderate e per lo più universale, in quanto non dipendeva da altre caratteristiche, come la distribuzione del livello di abilità all'interno delle classi, o dall'età o dal genere degli studenti. Non è quindi possibile concludere se l'effetto dei pari in questo studio fosse maggiore o minore di quello riscontrato tra gli studenti con sviluppo tipico.
In generale, i risultati per le abilità concettuali suggeriscono che gli studenti con disabilità intellettiva sono in grado di integrare le informazioni sui livelli di competenza dei compagni di classe e possono beneficiare di queste informazioni nel proprio sviluppo delle abilità. Nel complesso, la scoperta che le caratteristiche dei compagni di classe hanno un effetto sulle competenze concettuali, ma non su quelle sociali e pratiche apre il campo a futuri studi per cercare una spiegazione più esaustiva. Intanto, i risultati ottenuti potranno avere numerose implicazioni nello studio del comportamento adattivo in studenti con disabilità intellettive.

Müller, C. M., Cillessen, A. H., & Hofmann, V. (2021). Classroom peer effects on adaptive behavior development of students with intellectual disabilities. Journal of Applied Developmental Psychology, 76, 101327. 

 

Paura e ansia dovute al COVID-19

Una pandemia come quella da COVID-19 può avere diversi effetti sulla salute mentale delle persone, comprese risposte di ansia e paura. Per questo motivo è importante identificare i fattori che rendono le persone particolarmente vulnerabili allo sviluppo di problemi di salute mentale al fine di fornire trattamenti adeguati. Diversi fattori di vulnerabilità sono evidenti e facilmente identificabili (ad esempio, persone con problemi di salute mentale pregressi e/o in corso; persone che subiscono traumi diretti dalla pandemia, come operatori sanitari e parenti del malato). Gli autori si sono concentrati sullo studio di due fattori di rischio meno ovvi, ma potenzialmente importanti nel predire le differenze interindividuali nelle risposte alla paura: l'avversione al rischio generale (GRA) e l'intolleranza all'incertezza (UI). Questi costrutti vengono utilizzati prevalentemente nelle scienze delle decisioni comportamentali e sono stati concettualizzati in modi molto diversi in letteratura. Il costrutto di rischio viene spesso definito come relativo a quelle situazioni in cui l’esito di un certo comportamento è di tipo probabilistico, ovvero può implicare solo guadagni, solo perdite o guadagni e perdite. Il costrutto psicologico dell'intolleranza all'incertezza (UI) sostiene che le situazioni definite imprevedibili, complesse e/o insolubili sono percepite come minacciose e portano a uno stato emotivo di incertezza. L'incapacità di tollerare l'incertezza è considerata un tratto-caratteristico, portando ad una predisposizione a reagire negativamente ad un evento o situazione incerta, indipendentemente dalla probabilità che accada. In questa ricerca, 550 residenti negli USA hanno risposto ad una serie di domande riguardanti: disposizione al rischio e all’incertezza, paura per il COVID-19, ansia e depressione e comportamenti protettivi.
I risultati hanno evidenziato come l’avversione al rischio (GRA) e l’intolleranza all’incertezza (IU) sono fortemente predittivi della paura legata al COVID-19; inoltre, il potere predittivo di questi costrutti è risultato indipendente dai livelli generali di ansia e depressione. Si è visto infatti che gli effetti di GRA e IU erano sia diretti che indiretti attraverso l’ansia.
In conclusione, i risultati relativi ai costrutti considerati permettono di avere ulteriori elementi per poter prevenire e trattare la paura da COVID-19. Questo studio permette di aprire le porte a nuove ricerche per capire come strutturare un trattamento per problemi di salute mentale che sembrano essere legati a questi costrutti.

Millroth, P., & Frey, R. (2021). Fear and anxiety in the face of COVID-19: Negative dispositions towards risk and uncertainty as vulnerability factors. Journal of Anxiety Disorders, 83