Rassegna stampa
Rassegna stampa #75
Rassegna stampa #75
L’etica al tempo dei social media
In questo particolare momento storico, nel quale la nostra libertà personale è fortemente limitata per il contenimento del Covid-19, i social network sono uno strumento ancora più utilizzato come veicolo delle interazioni sociali. In letteratura si ha un ampio dibattito circa le implicazioni etiche dell’utilizzo dei social: a tal proposito dei ricercatori statunitensi hanno condotto uno studio su un gruppo di studenti universitari iscritti ad un percorso di studi finalizzato a diventare assistenti sociali. Infatti, hanno individuato tale professione come una di quelle dove, da un punto di vista etico-professionale, l’utilizzo dei social network può portare numerose problematiche. I risultati hanno evidenziato come quasi tutti i ragazzi usino i social network quotidianamente, ritenendoli dei media affidabili anche per informarsi sulle notizie nazionali ed internazionali; in particolare, gli studenti nutrivano grosse perplessità circa la veridicità delle notizie riportate nei social media ma, nonostante questo, continuavano ad informarsi attraverso questo canale in maniera molto passiva e acritica. Ancora più interessante il fatto che gli studenti abbiano dei timori in merito a come gli altri utilizzano i social media, mentre non hanno gli stessi timori quando si riferiscono a loro stessi. Inoltre, solo una piccola percentuale di studenti ritiene pericoloso l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, del riconoscimento facciale e di altri fattori che possono potenzialmente mettere a repentaglio il diritto alla privacy delle persone. Per questo motivo, gli autori concludono dicendo che il crescente utilizzo dei social media e la percezione che le persone hanno di questi sono dei fattori chiave che possono portare nel prossimo futuro a grossi problemi di natura etica, sia all’interno dei social network, che all’esterno soprattutto in ambiti professionali dove gli standard etici e deontologici devono restare molto elevati.
La dipendenza da smartphone
In questi giorni passati soprattutto all’interno delle nostre mura domestiche, è assai probabile notare un incremento nell’utilizzo dello smartphone che è ormai prepotentemente entrato nella nostra quotidianità, anche come strumento da utilizzare nel nostro tempo libero. Alcuni autori hanno ipotizzato l’esistenza della dipendenza da smartphone, che non è stata ancora ufficialmente inclusa nei manuali diagnostici, identificando come ne soffra tra il 12% e il 28% degli studenti. Nonostante ciò, altri autori suggeriscono come questa forma di dipendenza non sia distinguibile dalla dipendenza da internet o dalla dipendenza da social media, come Facebook o Whatsapp, dal momento che l’utilizzo degli smartphone è legato quasi esclusivamente alla navigazione in internet e all’utilizzo di social media. Per questo motivo, un gruppo di ricercatori ha condotto uno studio su 48 persone che i test somministrati hanno identificato come dipendenti da smartphone utilizzando la tecnica di imaging a risonanza magnetica al fine di individuare differenze o somiglianze con altri disturbi, come la dipendenza da internet o da social media. Per prima cosa, è interessante notare il modo in cui i partecipanti utilizzano lo smartphone: è emerso come le persone con una dipendenza da smartphone lo utilizzino più volte al giorno per navigare su internet, per accedere ai social media e per utilizzare app di messaggistica; solo una piccola percentuale lo utilizza più volte al giorno per telefonare e inviare email. I risultati dell’imaging a risonanza magnetica hanno mostrato delle analogie con altre forme di dipendenza, mentre l’attivazione di altre regioni del cervello sono differenti da quelle che si attivano in persone con dipendenza da internet o da social, avendo più punti in comune con regioni che si attivano in persone con dipendenze da sostanze. Gli autori, quindi, hanno evidenziato come la dipendenza da smartphone abbia molto in comune con la dipendenza da internet e da social network, ma non possa essere assimilata a queste: per questi motivi, quindi, sarebbe utile distinguere tra queste differenti forme di dipendenza al fine di sviluppare più mirati interventi psicoterapeutici.
I genitori devono fare i compiti a casa con i figli?
All’interno dell’ambito scolastico, i compiti a casa sono da sempre un argomento di dibattito in merito alla quantità e a come debbano essere svolti da parte degli studenti. Ad esempio, numerosi studi hanno dimostrato una correlazione tra le ore passate a fare i compiti a casa e il rendimento scolastico. A differenza di ciò, non si hanno studi che indagano i potenziali effetti del coinvolgimento dei genitori nel fare i compiti insieme ai propri figli, e degli insegnanti stessi, ad esempio nel tempo passato a correggerli e nella quantità e qualità dei feedback che ne derivano. Per questo motivo, tre ricercatori hanno condotto uno studio su oltre seimila studenti cinesi e oltre 200 insegnanti di matematica. Al fine di identificare quali fossero le variabili in grado di predire il rendimento in matematica, sono stati testati dei modelli di equazione strutturali in grado di identificare quali fossero i predittori statisticamente significativi del rendimento in matematica. I risultati hanno evidenziato come il coinvolgimento dei genitori sia un predittore statisticamente significativo del rendimento in matematica, così come il tempo passato dagli studenti a casa a fare i compiti. Diversamente da ciò, gli autori non hanno trovato risultati similari per quanto concerne l’effetto del coinvolgimento degli insegnanti sull’importanza percepita nei compiti a casa rispetto al rendimento in matematica. È importante sottolineare come questi risultati siano specifici alla matematica, e non siano generalizzabili ad altre discipline scolastiche. In sintesi, i risultati di questo lavoro confermano l’importanza dei compiti a casa rispetto al rendimento scolastico, quantomeno in matematica; di notevole interesse, il fatto che a prescindere dall’importanza attribuita dagli insegnanti ai compiti a casa, ciò che fa la differenza è l’importanza attribuita ai compiti dai genitori dei bambini e il loro coinvolgimento in questa attività. Ciò ha anche una ricaduta applicativa importante: per lo meno nella matematica, il fatto che un genitore faccia i compiti assieme al figlio aumenta la sua probabilità di un buon rendimento scolastico.
Il profilo di personalità ideale per gli autisti di mezzi pesanti
Gli incidenti stradali che coinvolgono mezzi pensati sono in costante aumento e provocano nei soli Stati Uniti circa centomila feriti l’anno e quattromila morti. In queste circostanze, il 90% di tali incidenti è provocato da un errore umano. Nella letteratura scientifica di riferimento, sono stati condotti numerosi studi per identificare i tratti di personalità, attraverso il modello dei Big Five, maggiormente connessi agli incidenti stradali: per esempio, socialità e coscienziosità mostrano delle correlazioni negative con il numero di incidenti stradali, mentre si hanno relazioni positive con estroversione e nevroticismo. Nonostante ciò, solo pochi studi hanno indagato tali aspetti esclusivamente su autisti di mezzi pesanti, valutando non solo i Big Five ma anche le sue sfaccettature. A tal proposito, un team di ricercatori statunitense ha messo a punto uno studio su oltre 600 autisti di mezzi pesanti. I risultati hanno evidenziato come le dimensioni dell’apertura mentale e della socievolezza siano indipendenti rispetto al numero di incidenti stradali. Diversamente da ciò, sono emerse delle correlazioni positive statisticamente significative con dimensioni dell’estroversione, come l’esibizionismo. Viceversa, sono state osservate delle correlazioni statisticamente significative di proporzionalità negativa con le dimensioni della coscienziosità e dell’instabilità emotiva, come l’ansia, l’empatia e il senso di colpa. In sintesi, i risultati di questo studio sono molto interessanti arrivando a definire una sorta di profilo ideale per il profilo di autista di mezzi pesanti, dato dalle sue relazioni con il numero di incidenti stradali; per questo motivo, quindi, appare evidente come all’interno dei processi di selezione del personale per questa tipologia di mansioni debbano essere necessariamente inclusi strumenti per la misurazione della personalità, preferibilmente attraverso il modello die Big Five in modo tale da utilizzare il profilo emerso da questo studio come base per la scelta del candidato che meglio si adatta a tale profilo, caratterizzato da una minor probabilità di essere coinvolti in incidenti stradali.