QI - Questioni e idee in psicologia - Il magazine online di Hogrefe Editore

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numero 68 - giugno 2019

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Rassegna stampa

Rassegna stampa #68

Rassegna stampa #68

Lo Yoga e le malattie mentali

Lo yoga ha antiche origini ed è una disciplina che mira a integrare corpo, mente e anima; la mindfulness invece ha come obiettivo l’attenzione concentrata sull’esperienza presente con consapevolezza e accettazione priva di giudizio. Attraverso queste tecniche si può entrare in contatto con le malattie psichiatriche in un modo completamente nuovo, chiaramente in aggiunta alle terapie standard. Nella revisione condotta dagli autori sono stati riportati risultati positivi sia per i disturbi d’ansia che per la schizofrenia, con miglioramenti in sintomi positivi e negativi, funzionamento sociale e lavorativo, nel riconoscimento delle emozioni e in funzioni cognitive e mnemoniche. La pratica dello yoga apporta anche notevoli miglioramenti in pazienti che sono in trattamento per la depressione, poichè aiuta a raggiungere una accettazione di sè e promuove un pensiero più adattivo e positivo, riducendo quindi la ruminazione; anche la mindfulness influenza questo fattore, grazie al decentramento, e aiuta a sviluppare migliori abilità di regolazione delle emozioni. Oltre che la depressione la mindfulness ha effetti benefici anche su ansia e stress fisico e non, esalta gli affetti positivi e migliora la qualità del funzionamento quotidiano. Sebbene siano state mosse critiche sul fatto che tali discipline portassero benefici soltanto grazie all’effetto placebo, alcune ricerche hanno riportato che provocano dei cambiamenti in marker biologici come per esempio l’ossitocina, legata al funzionamento cognitivo.

Thomas, E. V., Warren-Findlow, J., & Webb, J. B. (2019). Yoga is for every (able) body: A content analysis of disability themes within mainstream yoga media. International Journal of Yoga, 12(1), 68.

 

Workaholism nello Sport

L’articolo si pone l’obiettivo di indagare la relazione tra workhaolism e bournout, mediata dal conflitto lavoro-famiglia negli impiegati del settore sportivo all’interno del college. Per workaholic si intende una persona che investe totalmente la propria persona e la propria identità nell’ambito lavorativo; può avere un lato positivo in quanto permette di avere un buon successo lavorativo e buone prospettive di crescita di carriera ma dall’altro si correla con stress, bournout e conseguenze su salute e famiglia. Nel settore sportivo il rischio di diventare workaholic è maggiore perchè è una professione in cui c’è una forte cultura del successo, del sacrificio e della competizione, che portano tutti ad un grande coinvolgimento nel proprio lavoro. Nella ricerca condotta dagli autori è emersa una correlazione positiva tra workaholism e bournout e che essa è mediata dal conflitto lavoro-famiglia. I livelli quest’ultimo variano in base al genere e allo stato civile dei partecipanti. Questo studio però è stato condotto in un ambiente limitato, quello sportivo, e specificamente per impiegati nell’ambito del college, quindi sarebbe opportuno estendere la ricerca anche ad altri campi. Gli autori infine suggeriscono che sarebbe interessante indagare quale è la soglia tra impegno e coinvolgimento nel proprio lavoro e il bournout, e quali potrebbero essere i fattori ambientali che influenzano la linea di confine tra i due aspetti.

Taylor, E. A., Huml, M. R., & Dixon, M. A. (2019). Workaholism in Sport: A Mediated Model of Work–Family Conflict and Burnout. Journal of Sport Management, (00), 1-12.

 

La depressione nella gravidanza

Nonostante i disturbi dell’umore in gravidanza siano poco indagati e spesso sottovalutati dagli operatori sanitari, si stima che il 15% delle donne soffra di una malattia psichica durante la gestazione. Gli studi di psicopatologia prenatale si sono concentrati sullo studio dell’umore in gravidanza ma solo come predittore della depressione post-partum, trovando che nel 40% dei casi le donne con questa patologia soffrivano già di depressione nel periodo della gravidanza. In questo lasso di tempo nella donna avvengono molti cambiamenti e con essi possono emergere problematiche preesistenti o anche nuove, in quanto la gravidanza destabilizza l’identità della donna. Nel corso di essa infatti è normale provare sentimenti di angoscia, paura e anche lutto (di una parte di sè come donna, del ruolo di figlia ecc). Monitorare queste situazioni è importante perchè oltre a curare o prevenire una patologia emergente, aiutare una madre significa anche prendersi cura della vita che sta per nascere e la famiglia che verrà a crearsi. I professionisti che si occupano delle donne in questo delicato periodo dovrebbero essere sensibilizzati a rilevare e non sottovalutare certi elementi; ciò vale anche per gli operatori che organizzano i corsi pre-parto, i quali andrebbero affiancati ad una figura che insieme a loro possa occuparsi degli aspetti emotivi del parto oltre che quelli fisici. Una interessante proposta è anche quella di prevedere degli incontri di confronto tra le gestanti stesse e psicologi o psicoterapeuti. In questo modo le donne verrebbero accompagnate in un percorso di autoconsapevolezza di sè e dei propri bisogni e delle proprie paure, che permetterebbe loro di vivere nel modo più sereno possibile uno dei momenti più emozionanti della vita.

Ortolano, M., Marcelli, Z. A., & Perilli, E. (2018). The dark in the birth: Psychodynamic interpretation of pregnant depression. Rivista di Psicologia Clinica, (1), 93-98.

 

Il bullismo e i suoi correlati neuropsicologici

Sebbene siano già numerosi anni che sono state avviate campagne di sensibilizzazione sul fenomeno, in Italia il bullismo viene riscontrato sempre più spesso tra i ragazzi di varie età, e sotto forme in continuo cambiamento. Nasce a partire da un disagio sociale e interpersonale e si sviluppa con atti di prevaricazione contro un singolo individuo da parte di una sola persona o addirittura un gruppo. È un fenomeno complesso, poichè si articola in molte dinamiche diverse e con modalità diverse. Olweus fa una distinzione tra bullismo diretto e bullismo indiretto: il primo si riferisce a attacchi manifesti di prevaricazione verbale e/o fisica nei confronti del soggetto percepito come più debole; il bullismo indiretto invece fa riferimento a una forma di prepotenza più subdola, che mira a isolare e escludere la vittima dal gruppo sociale esteso. Spesso il bullismo è stato accostato a disturbi della condotta e a comportamenti antisociali, e riguardo le variabili esplicative del fenomeno sono stati presi in considerazione il contesto familiare, lo stile di attaccamento, il livello cognitivo, la disposizione all’empatia e lo sviluppo del pensiero morale. Recentemente sono state eseguite delle ricerche neuroscientifiche sul fenomeno che oltre ai più noti ruoli e comportamenti visibili hanno rintracciato variabili quali: inferiori livelli di comportamenti prosociali o cooperativi, bassi livelli di empatia e anche deficit neuropsicologici nel dominio delle funzioni esecutive. Grazie a questi studi è quindi possibile delineare dei diversi stili e tipi di bullo, permettendo agli organi competenti di progettare interventi mirati ai deficit neurocognitivi dei singoli individui e ai loro punti di forza, tenendo presenti anche le differenze di genere, per progettare interventi adatti ad ogni situazione e non un unico approccio omogeneo sia per il bullismo diretto, sia indiretto.

Torregiani, G., Mariani, A. M., & Amoroso, C. (2019). Il contributo delle neuroscienze cognitive e del diritto in una prospettiva interdisciplinare sul fenomeno del bullismo. FORMAZIONE & INSEGNAMENTO. Rivista internazionale di Scienze dell'educazione e della formazione, 16(2), 367-380.