Rassegna stampa
Rassegna stampa #41
Rassegna stampa #41
L’umiltà facilita l’autocontrollo
Nella letteratura scientifica nazionale e internazionale l’umiltà è stata associate a molte qualità positive, come motivazione pro-sociale, apertura mentale e supporto sociale. Inoltre, all’umiltà sono associati variabili come la leadership, la competenza lavorativa e l’eccellenza accademica. Una questione aperta riguarda le cause di queste associazioni. In questo studio, ad esempio, l’ipotesi proposta è che al crescere dell’umiltà delle persone aumenti il loro l’autocontrollo e che da questo quindi derivino le relazioni sopra evidenziate con le perfomance lavorative e accademiche. Al fine di meglio dettagliare questo pattern di relazioni, alcuni studiosi di Singapore hanno condotto una ricerca sugli studenti universitari misurando, tra le altre cose, la loro umiltà e il relativo autocontrollo. Tale ricerca, articolata in quattro diversi studi, ha confermato l’ipotesi di partenza secondo la quale l’umiltà è un predittore significativo dell’autocontrollo. Per escludere la possibilità di ipotesi alternative, nei diversi studi sono state manipolate alcune variabili in modo tale da escludere delle relazioni diverse da quella evidenziata; ad esempio, i risultati al secondo studio escludono la possibilità che l’umiltà derivi dalla motivazione al successo così come dalla necessità di apparire migliori agli occhi delle altre persone. Inoltre, l’umiltà sembra essere indipendente da altri fattori che causano l’autocontrollo, fornendo evidenza circa la capacità predittiva dell’umiltà stessa. In un altro studio è emerso come l’autostima sia in relazione all’umiltà, ma i due costrutti non possano ritenersi sovrapponibili, tant’è che l’autostima non mostra una relazione con l’autocontrollo come invece avviene per l’umiltà. Infine, questo lavoro mette in luce anche alcuni predittori dell’umiltà che aumenta al crescere di variabili quali l’empatia. In sintesi, questo studio pone l’accento su una variabile troppo poco studiata, quale l’umiltà, capace di predire uno spettro molto ampio di costrutti psicologici implicati nel benessere generale della persona.
La relazione tra le abilità cognitive e la personalità
Il grado con il quale si ha un’associazione tra variabili di personalità e abilità cognitive è stato ampiamente dibattuto nella letteratura scientifica nazionale e internazionale. Alcuni autori, ad esempio, hanno mostrato come la perfomance ai test di intelligenza possa in qualche modo dipendere da variabili di personalità ma come questi siano comunque due costrutti indipendenti e molto diversi; altri, invece, hanno evidenziato come i tratti di personalità giochino un ruolo centrale nello sviluppo delle abilità cognitive. Empiricamente, molte ricerche hanno attestato delle relazioni significative ma non sostanziali tra i Big Five di personalità e l’intelligenza con una percentuale di varianza spiegata che va dal 5 al 10 %. In particolare, sono emerse relazioni positive tra intelligenza e Apertura e Stabilità emotiva, e negative con la Coscienziosità. Tale relazione sembra contraddire le ipotesi, dal momento che entrambe le variabili sono positivamente correlate alla performance lavorativa. È da notare che questi studi si sono concentrati su studenti universitari e questo ha determinato l’artificiosa esclusione di quelle persone con bassi livelli di intelligenza e di coscienziosità che potrebbero modificare la relazione sopra descritta. A tal proposito, due ricercatori tedeschi hanno condotto uno studio su un campione di oltre 5000 adulti rappresentativo per genere, titolo di studio e status socio-economico. I risultati, ad una prima analisi hanno confermato il pattern correlazionale noto in letteratura: ovvero, le abilità cognitive sono risultate positivamente correlate all’Apertura e alla Stabilità emotiva e negativamente correlate alla Coscienziosità. Nonostante ciò, da analisi più dettagliate è emerso come la correlazione tra abilità cognitive e Apertura sia mediata dal titolo di studio delle persone, mentre la correlazione negativa tra abilità cognitive e Coscienziosità dal tipo di occupazione: in base a ciò, quindi, emerge come tali relazioni non possano ritenersi costanti in tutta la popolazione ma si modifichino al variare di alcune variabili anagrafiche. In sintesi, questo lavoro fornisce una chiave di lettura diversa circa la nota relazione tra Coscienziosità e abilità cognitive.
L’affiliazione ad un gruppo nei bambini
Nella letteratura scientifica nazionale e internazionale, molti recenti studi si sono concentrate sui rituali di partecipazione dei bambini per l’affiliazione di gruppo: l’importanza di questo tipo di valutazione è dettata, ad esempio, dalla sua trasversalità, dal momento che se ne occupano le scienze cognitive, la psicologia sociale e l’antropologia. I rituali non sono sempre interpretabili dall’esterno dal momento che manca una relazione intuitiva e chiara tra i comportamenti agiti e le conseguenze desiderate; nonostante ciò, è comunemente accettata l’idea che i rituali esprimano appartenenza ad un gruppo aumentando l’identità di gruppo delle persone. La maggior parte degli studi si è concentrata sui rituali di ammissione ad un gruppo agiti da adolescenti e ragazzi, mentre pochi lavori hanno indagato l’affiliazione ad un gruppo di bambini, in particolare, i rituali nei gruppi di bambini e le loro conseguenze circa il sentimento di appartenenza ad un gruppo e l’isolamento sociale dei bambini stessi. Per questa ragione, tre psicologi americani hanno condotto uno studio su un ampio gruppo di bambini di età compresa tra i 7 e gli 11 anni di età. I risultati hanno evidenziato che anche nei bambini il prendere parte a dei rituali per l’affiliazione ad un gruppo accresce il sentimento di appartenenza al gruppo stesso; in particolare, già a questa età i bambini sviluppano una preferenza per i membri sello stesso gruppo rispetto agli esterni al gruppo di cui fanno parte. Un altro risultato che emerge da questo studio è che i bambini che non prendono parte a questi rituali per l’affiliazione ad un gruppo abbiano più elevate probabilità di isolamento sociale, con tutti i problemi che ciò comporta. In questo senso, gli autori evidenziano gli effetti positivi dei rituali di gruppo capaci di aumentare la coesione sociale e di favorire il nascere di relazioni sociali, anche tra bambini molto piccoli.
La sonnolenza influenza la quotidianità delle persone
Le persone assonate tendono a provare maggiori livelli di rabbia, di confusione, di fatica e sono meno entusiaste della loro quotidianità, perché la loro positività circa gli eventi della vita è minore rispetto alle altre persone. In base a ciò, è evidente come l’essere assonnati amplifichi le emozioni negative attenuando quelle positive, con effetti su tutte le attività delle persone e sui loro livelli motivazionali. All’interno dell’area della psicologia del lavoro, quindi, è diventato prioritario identificare i fattori psicologici capaci di influenzare le emozioni e i sentimenti delle persone, come i comportamenti pro-sociali, l’ottimismo, il pessimismo e l’essere assonnati. Per meglio comprendere le relazioni che legano queste variabili, due studiosi giapponesi hanno condotto una ricerca su oltre 1000 lavoratori. I risultati hanno evidenziato come le persone assonnate tendano ad essere maggiormente pessimiste delle altre, e mettano in atto comportamenti meno pro-sociali. Alla luce di ciò, quindi, emerge che fattori come la qualità del sonno, l’ottimismo e il pessimismo siano centrali nel facilitare i comportamenti sociali e un miglior adattamento delle persone all’ambiente circostante. Per questo motivo, gli studiosi evidenziano come il migliorare la qualità del sonno delle persone possa avere delle ripercussioni positive in moltissimi fattori legati alla quotidianità delle persone, come le relazioni sociali, le motivazioni lavorative e la performance lavorativa. Gli autori di questo studio propongono che nel trattamento di problematiche legate a queste variabili venga sempre indagata la qualità del sonno in modo tale da poter valutare l’incidenza di questo predittore, e nel caso in cui vengano riscontrati dei problemi legati alla qualità e alla quantità del sonno, iniziare a lavorare su questi in modo tale da innescare un circolo virtuoso capace di apportare migliorie a numerosi aspetti della vita quotidiana.