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numero 35 - marzo 2016

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Rassegna stampa

Rassegna stampa #35

Rassegna stampa #35

Attitudini lavorative negative e positive: l’influenza del lato oscuro della personalità

Un recente studio ha indagato la relazione tra l’atteggiamento lavorativo e il lato oscuro della personalità, dal momento che risulta essere assai poco studiato nella letteratura scientifica. I due tipi di atteggiamenti considerati sono quello organizzativo positivo e quello organizzativo negativo, combinati con componenti affettive, comportamentali, cognitive. Fra gli atteggiamenti positivi i ricercatori hanno individuato la soddisfazione lavorativa, l’impegno organizzativo, il coinvolgimento lavorativo e il supporto percepito, mentre fra i negativi si hanno l’esaurimento, lo stress percepito e la salute fisica condizionata da emozioni negative. L’obiettivo che gli studiosi si sono posti consiste nello scoprire quali tratti del lato oscuro della personalità siano predittivi degli atteggiamenti lavorativi. Basato su di un campione di 451 impiegati inglesi del settore pubblico sanitario, lo studio ha rivelato che tutte e sette le variabili sono significativamente correlate fra loro. Inoltre, i risultati mostravano come i tratti del lato oscuro della personalità avessero una maggiore influenza sulle variazioni nelle attitudini organizzative negative piuttosto che in quelle positive. Questo perché, spiegano i ricercatori, gli elementi negativi hanno un maggiore impatto sullo stato psicologico di un individuo rispetto a quelli positivi. Altri interessanti risultati mostrano come l’emotività e la diffidenza sono risultati predittori negativi del successo lavorativo, laddove l’impudenza si è rivelata essere un predittore positivo. Dunque, individui che tendono a reagire troppo emotivamente alle critiche, che le prendono sul personale e con diffidenza, e che hanno un basso livello di impudenza e autostima, manifestano attitudini lavorative negative a causa di come interpretano il modo in cui vengono trattati a lavoro. Viceversa, una sfacciata audacia è associata al successo lavorativo e si contrappone alla prudenza, la quale risulta essere legata alle attitudini organizzative negative, forse perché, sostengono i ricercatori, il rischio più alto di tutti è non rischiare affatto. Sebbene il campione considerato non permetta assolute generalizzazioni, lo studio è uno dei primi che si concentra sul ruolo della personalità nelle attitudini lavorative sia positive che negative.

Palaiou, K., Zarola, A. & Furnham, A. (2016). The dark side of personality predicts positive and negative work attitudes. Personality and Individual Differences, 88, 12-16.

 

Controllare, scatenare, reprimere la rabbia: diversi atteggiamenti negli individui colpiti da ansia sociale

Il disturbo di ansia sociale è un fenomeno che si manifesta con un’intensa paura di essere valutati negativamente dagli altri, causando in questi forti difficoltà relazionali tanto nell’amicizia quanto nelle relazioni di coppia. Solitamente, si tratta di un disturbo cronico, si manifesta sin da subito in età non ancora matura e presenta un basso tasso di ripresa e guarigione. Il disturbo di ansia sociale è strettamente connesso a un deficit nella capacità di regolazione delle emozioni, conducendo spesso a evitare e reprimere ogni forma di espressione emotiva, dal momento che quest’ultima viene considerata come un segno di debolezza da tenere costantemente sotto controllo. Studi sull’ansia sociale hanno inoltre sottolineato che persone con questo disturbo tendono a esser colpite da elevati livelli di stress e di depressione ed un più alto rischio di suicidio. In particolare, una ricerca statunitense ha analizzato la relazione tra l’ansia sociale e la rabbia, descrivendo come quest’ultima viene vissuta da persone affette dal disturbo in questione. In un contesto di ansia sociale, infatti, l’obiettivo che ci si pone è l’essere socialmente accettati, e fallire il raggiungimento di questo obiettivo conduce ai timori del rigetto sociale che, è stato dimostrato, provocano rabbia. Lo studio mirava a rilevare le variazioni nelle manifestazioni di rabbia fra persone affette dal disturbo di ansia sociale. Sono state così individuati quattro diversi gruppi di individui, rivelando che la rabbia viene sperimentata e espressa in modo diverso da persone affette da ansia sociale. Un profilo emerso, ad esempio, riguarda gli individui fortemente proni a sperimentare la rabbia e pressoché privi della capacità di controllarla una volta emersa. Un altro gruppo, per contro, è stato individuato fra coloro che non sperimentano invasivi problemi di rabbia, ma che quando questa sorge si sforzano di reprimerla piuttosto che esprimerla. Altro elemento emerso riguarda una potenzialmente reciproca relazione tra il livello di rabbia e la depressione. I ricercatori, alla luce dei risultati del loro studio, hanno sottolineato l’importanza di valutare esperienze ed espressioni della rabbia in persone con disturbo di ansia sociale per migliorare diagnosi e trattamenti, tenendo in considerazione le diverse classi e come le relazioni interpersonali di queste differiscono fra loro.

Versella, M. V., Piccirillo, M. L., Potter C. M., Olino, T. M. & Heimberg, R. G. (2016). Anger profiles in social anxiety disorder. Journal of Anxiety Disorders, 37, 21-29. 

 

Udire voci nella propria testa: anticipazioni nelle allucinazioni verbali

Le allucinazioni verbali sono un fenomeno complesso ed eterogeneo che induce coloro che ne soffrono a udire delle voci non reali. Esse possono variare a seconda di diversi fattori, quali il volume, la qualità uditiva, il numero di voci, il grado di personificazione, l’emotività del tono, i contenuti, il rivolgersi in prima o terza persona, il livello di controllo sulle voci e quello di angoscia a esse associato. Un recente studio ha focalizzato le proprie attenzioni su quelle allucinazioni caratterizzate da insulti, minacce e termini violenti, cioè il tipo di allucinazioni più diffuso fra coloro che “sentono le voci”. L’ansia, spesso legata assieme alla depressione a questo tipo di disturbi mentali, è considerata non una semplice conseguenza delle allucinazioni, bensì un fattore scatenante nonché ciò che dà forma ai loro contenuti. A differenza di studiosi che hanno sostenuto la natura inaspettata del fenomeno come elemento cruciale per la comprensione dello stesso, gli autori di questa ricerca ritengono che l’assenza di un’anticipazione ansiosa non sia affatto necessaria, anzi: un’ansia generalizzata è spesso presente prima dell’insorgere delle voci e un’ansia intensificata si manifesta subito prima e durante le allucinazioni. Inoltre, molte fra le persone affette da questo disturbo anticipano le proprie voci: alcuni le controllano, altri possono dar loro inizio o fine, altri ancora percepiscono una “presenza” che le precede. I ricercatori suggeriscono, dunque, che le allucinazioni verbali sorgano in presenza di un particolare modello emotivo, quello dell’anticipazione ansiosa. Una certa allucinazione verbale si manifesterebbe così quando il contenuto del pensiero diviene oggetto di ansia, la quale ci aliena dai nostri pensieri in una misura fuori dall’ordinario. È noto fra gli studiosi che le allucinazioni verbali possono manifestarsi tanto “esternamente” sotto forma di suoni ben distinti e percepiti sensorialmente, quanto “internamente”, come la ricezione di una comunicazione priva di componenti sensoriali e dunque come un qualcosa di più astratto. Questo modello, che prevede allucinazioni verbali scatenate o aggravate dall’ansia, contenuti  scoraggianti, e voci che stanno da qualche parte tra l’udibile e il pensiero, non può valere per tutti i tipi di allucinazioni verbali (certe hanno contenuti consolatori!), tuttavia investe quelle che sono sperimentate come interne e prive di qualità uditive.

Ratcliffe, M. & Wilkinson, S. (2016). How anxiety induces verbal hallucinations. Consciousness and Cognition, 39. 48-58.

 

Piante e colori: come stimolare la creatività degli alunni

La creatività come aspetto della personalità suscita sempre più l’interesse di studiosi e ricercatori, specie da quando si è affermata l’idea che essa sia influenzata e alimentata dalle differenze individuali e dai fattori ambientali. Numerose indagini hanno rilevato l’effetto positivo che la natura e la vegetazione hanno sulla creatività. Allo stesso modo sono state condotte delle ricerche sull’influenza dei colori nel processo creativo visivo; ad esempio, studi meno recenti hanno evidenziato come i colori rosso e blu abbiano una diversa influenza sulla creatività essendo il primo associato tendenzialmente al pericolo e il secondo a un’idea di pace e tranquillità. Partendo da questi presupposti, un gruppo di ricercatori londinesi ha condotto un esperimento col fine di testare la creatività dell’apprendimento dei bambini in condizioni ritenute diversamente stimolanti. Tre classi di alunni sono state sottoposte agli stessi due test (uno sulla creatività visiva, l’altro sulla creatività verbale): la prima si trovava in un’aula senza piante e dove le imposte erano state chiuse per impedire di vedere la natura oltre la finestra; la seconda classe si trovava in un’aula che era circondata di piante in una stanza dove le ampie finestre permettevano di vedere una folta vegetazione, la terza, senza piante e con le imposte chiuse, era stata però fornita di un foglio verde anziché bianco per compilare i due test. I risultati dell’esperimento hanno confermato quasi tutte le ipotesi: tanto la classe circondata di piante quanto quella fornita di un foglio verde hanno dimostrato risultati creativamente superiori al primo gruppo di alunni, senza notevoli differenze fra di loro. Ciò che si è manifestato divergente dalle previsioni degli studiosi riguarda i due diversi tipi di creatività. I risultati sopra descritti, infatti, valgono solo per il livello di creatività visiva, mentre per quanto riguarda la creatività verbale non è stata riscontrata alcuna differenza fra le classi fornite di stimoli e quella che ne era priva. Le conclusioni a cui si è giunti, dunque, sono che, da un lato, la vegetazione ha un effetto positivo sulla creatività dell’apprendimento; il risultato più sorprendente riguarda il fatto che è sufficiente un foglio di colore verde per simulare, anche se in misura minore, gli effetti che si hanno con la vegetazione: infatti, in assenza di piante il colore verde può giocare un ruolo analogo; dall’altro, che creatività visiva e verbale non sono necessariamente correlate l’una all’altra, essendo situate in due zone cerebrali differenti (emisfero destro e sinistro, rispettivamente). È probabile quindi che quando uno stimolo creativo si concentra su di uno specifico dominio, è solo in quel dominio che si riscontrano dei progressi.

Studente, S., Seppala, N. & Sadowska, N. (2016). Facilitating creative thinking in the classroom: Investigating the effects of plants and the colour green on visual and verbal creativity. Thinking Skills and Creativity, 19, 1-8.