Rassegna stampa
Rassegna stampa #3
Rassegna stampa #3
Come si autopresentano i candidati in selezione: che cosa si aspettano i selezionatori?
In questo periodo storico dove la ricerca del lavoro, purtroppo, coinvolge un numero sempre maggiore di persone ogni aspetto del processo di selezione acquista importanza. A partire dalla credenza diffusa che i candidati mentano, o quanto meno tendano a presentarsi nel modo migliore possibile durante un processo di selezione, un gruppo di studiosi tedeschi e svizzeri ha indagato quali siano le aspettative dei selezionatori e quali possano essere le strategie migliori da mettere in atto da parte dei candidati. A tal fine è stato somministrato un questionario ad oltre 500 persone in cerca di lavoro per la misurazione della desiderabilità sociale, delle modalità di autopresentazione e della falsificazione intenzionale delle informazioni fornite. Lo stesso questionario è stato somministrato ad oltre 50 professionisti della selezione del personale chiedendo quanto apprezzino tali comportamenti. Come ci si poteva aspettare, i risultati in merito al campione di persone in cerca di lavoro hanno evidenziato come queste si presentino in modo non del tutto onesto: ad esempio, circa una partecipante su due ha dichiarato di enfatizzare i propri lati positivi e di trascurare quelli negativi; nonostante ciò, un risultato molto interessante riguarda il basso numero di menzogne utilizzate: ad esempio, non viene mai dichiarata un’esperienza che in realtà non si ha. Sotto certi punti di vista, sono ancora più interessanti i risultati in merito al campione di professionisti della selezione: oltre a preferire persone che si presentino in modo onesto, è stato evidenziato come la maggior parte di loro reputi appropriato il fatto che i candidati enfatizzino gli aspetti più positivi e non diano ampio spazio a quelli negativi; inoltre, è molto interessante evidenziare come nel gruppo di selezionatori non siano state osservate differenze significative né per genere né per esperienza. In sintesi, indipendentemente dall’età e dal genere del selezionatore il consiglio che emerge da questo studio è quello di presentarsi in modo sincero ma strategico: ovvero, senza mentire sulle proprie competenze o esperienze pregresse ma mettendo in risalto alcuni lati positivi della propria persona in modo tale da dimostrare abilità strategiche e cognitive che vengono solitamente apprezzate dai selezionatori.
L’influenza dei piercing sulla percezione che gli altri hanno dell’intelligenza e dell’attrattiva delle persone
Negli ultimi anni è aumentato in modo esponenziale il numero di persone, in particolare giovani, che hanno uno o più piercing sul proprio volto: ad esempio in Gran Bretagna è stato stimato che circa un adulto su dieci ha un piercing. Nonostante questa ampia diffusione, non si hanno molte ricerche in merito alla percezione di aspetti psicologici e sociali che la presenza di piercing può in qualche modo influenzare; lo studio qui presentato si è posto l’obiettivo di valutare l’impatto dei piercing nel viso delle persone sulla percezione altrui in merito all’intelligenza e all’attrattiva di queste persone. Per fare ciò, i ricercatori hanno presentato ad un campione di oltre 400 persone una serie di volti, creati graficamente al computer, che differivano tra loro per genere, per numero e posizione di piercing. I risultati hanno mostrato come, generalmente, il numero di piercing determini una valutazione peggiore sia dell’intelligenza che dell’attrattiva delle persone. Nonostante ciò, entrando nello specifico emerge come i volti femminili con piercing vengano valutati più positivamente, in entrambe le variabili, dei rispettivi volti maschili. Inoltre, da questo lavoro è emerso come una variabile molto importante sia la posizione dei piercing: in particolare, i volti femminili con un piercing all’orecchio o al naso hanno ricevuto delle valutazioni simili a quelle dei volti senza piercing; sempre per quel che riguarda i volti femminili, il piercing sule labbra è stato quello a determinare le valutazioni più basse. Per quel che riguarda i volti maschili, invece, il piercing al naso ha prodotto una valutazione molto inferiore rispetto al volto senza piercing; a differenza di ciò, e quindi coerentemente con i volti femminili, il piercing alle labbra è risultato essere quello che produce le valutazioni peggiori. La rilevanza di questi risultati è data anche dal fatto che il campione di persone aveva un’età media di circa 24 anni: infatti, è plausibile ritenere come queste stesse valutazioni possano peggiorare al crescere dell’età del rispondente. In sintesi, i risultati di questo studio hanno evidenziato come la presenza di piercing sul volto possa produrre un peggioramento nella valutazione delle persone, nonostante debbano essere prese in esame variabili come il genere e la posizione del piercing.
I fumatori sanno che fa male?
Le persone tendono sempre a mantenere un positivo concetto di loro stesse anche quando hanno comportamenti oggettivamente disfunzionali, come ad esempio il fumo che comporta una serie di tremende conseguenze negative per la salute dei fumatori. Per ridurre la dissonanza cognitiva generate dal fatto di fumare, i fumatori solitamente sottostimano la relazione che lega il fumo all’insorgere di una serie di malattie, o possono enfatizzare altri spetti del fumo come ad esempio dei vantaggi a breve termine che ne ricavano da questa pratica. Al fine di indagare i meccanismi cognitivi dei fumatori, gli autori del presente lavoro hanno somministrato a 40 studenti un questionario per la misura della percezione del rischio derivante da questo comportamento. Come ci si poteva aspettare, i risultati hanno mostrato come i fumatori abbiano una percezione del rischio derivante dal fumo minore rispetto agli altri. Un risultato molto interessante, riguarda il fatto che le stesse differenze nella percezione del rischio non sono state osservate in merito a disturbi non connessi con il fumo: ciò evidenzia, quindi, come i fumatori tendano a sottostimare i rischi esclusivamente quando questi sono connessi con il loro comportamento disfunzionale. È ancora più interessante il fatto che gli stessi fumatori non sottostimino i rischi di derivanti dal fumo quando non sanno esplicitamente che questi siano dovuti a tale comportamento disfunzionale. In sintesi, quindi, da questo studio emerge come una possibile strategia per combattere il fumo potrebbe essere quello di esplicitare la relazione tra questo comportamento e le malattie associate, ad esempio attraverso messaggi diretti e carichi emotivamente, in modo tale da non permettere ai fumatori di sottostimare i reali rischi connessi.
Le differenze di genere nel ricordo di ciò che gli altri dicono di loro stessi
Due persone vanno ad una festa. La prima dice all’altra: “c’è Giorgio? Ricordi? Giorgio, quel ragazzo che lavora nel campo immobiliare, il marito di Sara”; l’altra persona replica: “Ah Giorgio, l’immobiliare. Ma è il marito di Sara?”. Secondo gli stereotipi di genere, la persona che non ricorda il fatto che Giorgio sia il marito di Sara è un uomo, mentre l’altra persona è una donna. Uno studio pubblicato nel Journal of Individual Differences si è chiesto se, a parità di abilità mnemoniche, le donne ricordano meglio degli uomini le informazioni sulla famiglia della persona. Per fare ciò, gli autori hanno somministrato ad un campione di oltre 100 studenti universitari un test per la misurazione delle abilità mnemoniche e hanno mostrato loro un video nel quale una persona parla della sua vita e della sua famiglia. Il risultato principale ha evidenziato come nelle donne la memoria di specifiche informazioni verbali di tipo interpersonale sia superiore. Il motivo per cui le donne si ricordano meglio degli uomini le informazioni circa la famiglia dell’interlocutore non sono del tutto chiare: una possibile spiegazione riguarda il maggior interesse delle donne verso la sfera familiare rispetto a quello degli uomini; in altre parole, se due persone, di cui una appassionata di calcio, si ritrovano in una conversazione sull’ultima partita della domenica è molto probabile che la persona appassionata di calcio abbia dei ricordi più chiari e precisi di questa conversazione rispetto alla persona non appassionata di calcio. In modo simile a ciò, tale differenza nel ricordo delle informazioni che riguardano la famiglia sembrano essere dovute al fatto che le donne sono più sensibili e attente a tale tematica. Per concludere, lo stereotipo presentato ad inizio recensione è vero sino ad un certo punto: non è il genere a determinare la quantità e qualità dei ricordi quanto l’attenzione posta che sembra dipendere, almeno in parte, dall’interesse soggettivo verso lo specifico argomento.