QI - Questioni e idee in psicologia - Il magazine online di Hogrefe Editore

Qi, il magazine online di Hogrefe Editore.
Ogni mese, cultura, scienza ed aggiornamento
in psicologia.

numero 27 - maggio 2015

Hogrefe editore
Archivio riviste

Rassegna stampa

Rassegna stampa #27

Rassegna stampa #27

Correlati fisiologici della stanchezza nell'artrite reumatoide

La stanchezza è una condizione comune e debilitante nell'Artrite Reumatoide (RA). Lo scopo di questa revisione è stato quello di identificare sistematicamente le variabili psicologiche legate alla stanchezza in RA, con l'obiettivo generale di proporre obiettivi evidence-based per l'intervento inerente alla stanchezza in RA. Ventinove studi hanno soddisfatto i criteri di inclusione e sono stati inseriti nella sintesi narrativa. Sono state affrontate una vasta gamma di variabili psicologiche in 6 categorie: disturbi mentali comuni; funzioni cognitive legate alla RA; funzioni cognitive non legate alla RA; tratti della personalità; stress e coping; il sostegno sociale/relazioni interpersonali. Il rapporto più consistente rilevato è stato quello tra l'umore e la stanchezza, in particolare viene associato un umore negativo ad una maggiore sensazione di stanchezza percepita. Alcuni risultati evidenziano il rapporto fra funzioni cognitive legate alla RA (come l’autoefficacia) e stanchezza, e funzioni non cognitive legate alla RA (come la capacità di individuare degli obiettivi) e stanchezza. Non è stata trovata invece una relazione significativa tra livello di stress, strategie di coping e tratti di personalità e livello di fatica, invece contrastanti sono state le evidenze sul rapporto fra sostegno sociale e stanchezza. I risultati di questo rassegna suggeriscono che gli interventi per la stanchezza associata a RA possono beneficiare di un focus di intervento che tenga conto di diversi aspetti legati alla vita del paziente. Raramente le ricerche sulla RA hanno preso in considerazioni il livello di stanchezza, questa rassegna invece indica che indagare tale variabile può sicuramente aiutare nel trattamento psicologico sulla RA. 

Matcham, F., Ali, S., Hotopf, M., Chalder, T. (2015). Psychological correlates of fatigue in rheumatoid arthritis: A systematic review. Clinical Psichology Rewiew, 39, 16-29.

 

Il ruolo dei segnali sociali nel ricordo di persone e contesti 

Il presente studio analizza la relazione fra memoria ed emozioni ed utilizza come stimolo i “volti”. In letteratura sono presenti molti studi che utilizzano “volti” come fonte di stimolazione, specialmente di tipo emotivo, per valutare se i volti che mostrano emozioni influenzano in modo diversificato i processi cognitivi di memoria, percezione, attenzione ecc. Classicamente la memoria inerente i volti che  mostrano emozioni è stata indagata attraverso tali stimoli in condizione isolata, senza contesto, mentre solo recentemente è stato aggiunto il contesto, usando tuttavia volti con espressione neutale. In questo studio sono state utilizzati “volti” con espressioni emotive e contesti di tipo emotivo (rappresentati da luoghi fisici reali), secondo 4 condizioni:

  1. Volto felice in contesto felice
  2. Volto impaurito in contesto felice
  3. Volto felice in contesto pauroso
  4. Volto impaurito in contesto pauroso

È stata poi valutata la memoria per l'identità dei volti (presentate senza espressione emotiva particolare, ovvero neutre) e per i contesti. È stato osservato che, in generale, le identità dei volti felici presentati in un contesto felice sono quelli che si ricordano meglio rispetto a tutte le altre condizioni. Per quanto riguarda i contesti, indipendentemente dal fatto che suscitassero paura o felicità, si ricordavano meglio quando erano accoppiati a volti felici. Questi risultati evidenziano che i segnali socialmente positivi veicolati dai volti sorridenti producono una maggiore memorizzazione rispetto a segnali considerati negativi.  

Righi, S., Gronchi, G., Marzi, T., Rebai, M., Viggiano, M.P.  You are that smiling guy I met at the party! Socially positive signals foster memory for identities and contexts. Acta Psychologica, 159, 1-7

 

Un approccio ecologico al potenziamento cognitivo

Il training cognitivo recentemente ha ricevuto molta attenzione, ottenendo risultati che possono essere controversi. In questa rassegna viene presentato un nuovo approccio al training cognitivo basato su attività motorie di tipo complesso. In un disegno randomizzato controllato, i partecipanti sono stati assegnati ad uno di tre condizioni previste: l'esercizio aerobico, training sulla memoria di lavoro e uno sport progettato su misura che include una performance sia fisica che cognitiva. Dopo l'allenamento per otto settimane, il gruppo sportivo così costituito ha mostrato maggiore incremento in tutte le misurazioni relative agli aspetti cognitivi, che dimostrano l'efficacia delle attività motorie complesse per migliorare le capacità cognitive. L'allenamento sportivo ha anche rilevato notevoli benefici per la salute, ovvero riduzione della frequenza cardiaca e della pressione sanguigna. In un periodo di scetticismo sulla efficacia del training cognitivo computerizzato, si discute la possibilità di interventi di tipo ecologico rivolti sia agli aspetti cognitivi che a quelli prettamente fisici.  I risultati riportati in questa rassegna sottolineano la possibilità di personalizzare i programmi in base alle capacità cognitive, agli interessi, limiti e o punti di forza di un individuo. Un risultato promettente emerso nella presente rassegna consiste nella possibilità che le capacità cognitive generali possono essere migliorate attraverso la formazione, e che l'intervento che porta a guadagni cognitivi non necessita di essere noioso o poco emozionante ‒ attività che offrono situazioni difficili attraverso l'acquisizione di abilità motore complesso può indurre cambiamenti notevoli in modo piacevole e sano accessibile a tutti.

Moreau, D., Morrison, A.B., Conway, R.A.A. (2015) An ecological approach to cognitive enhancement: Complex motor training. Acta Psychologica, 157, 44-55.

 

Il processo di inviduazione-separazione in contesti di abuso di alcol

Questa ricerca si propone di studiare quelle che sono le dinamiche del processo di separazione-individuazione (secondo la teoria di Margaret Mahler) nelle donne figlie di alcolisti (ACOA) rispetto alle donne che invece non hanno vissuto l'alcolismo dei genitori nella loro infanzia. L'ipotesi è che i figli di genitori alcolisti possono avere traumi di tipo relazionale e questo può inibire il processo di separazione-individuazione. Lo studio cerca anche di indagare le presunte relazioni fra la gravità delle difficoltà in materia di separazione-individuazione e di “parentification” (inversione dei ruoli) nel passato e nel presente delle donne con ACOA.  La ricerca è stata condotta su 110 donne (55 appartenenti un gruppo sperimentale e 55 ad un gruppo di controllo) ed effettuata mediante dei test e questionari che indicassero nel primo caso le dinamiche del processo di separazione-individuazione e nel secondo di parentification. I risultati dello studio hanno mostrato che si verificano distorsioni nel processo di separazione-individuazione più spesso nelle donne con sindrome ACOA rispetto alle donne che non sono cresciuti in famiglie con genitori alcolisti. Questi risultati rappresentano una risorsa utile per il lavoro con le donne che hanno sperimentato l'alcolismo dei genitori nella loro infanzia. Sembra importante che il lavoro educativo e terapeutico con donne alcoliste debba includere il tentativo di recupero e riabilitazione della propria componente di individuale intrapsichica e interpersonale.

Pastemak, A., Schier, K. (2014). Psychological birth – The separation-individuation process among female adult children of alcoholics. Alcoholism and Drug Addiction, 27, 305-318.