Rassegna stampa
Rassegna stampa #22
Rassegna stampa #22
La pubblicità sui social network
Negli ultimi tempi si è assistito ad una diminuzione del potere della pubblicità nell’influenzare i comportamenti di consumo delle persone: ciò è vero soprattutto quando si utilizzano i media più comuni nel veicolare i messaggi pubblicitari, come ad esempio la televisione, la radio e i giornali. Per questo motivo, numerose aziende si sono concentrare sull’utilizzo dei social network per identificare meglio la popolazione target del proprio messaggio pubblicitario. Allo stesso tempo, l’utilizzo dei social network serve anche a veicolare nuovi messaggi pubblicitari cercando di coinvolgere maggiormente la popolazione target così da modificarne i comportamenti di acquisto. Al fine di meglio conoscere il potenziale dei social network nell’identificare la popolazione target di un dato messaggio pubblicitario, tre ricercatori tedeschi hanno condotto uno studio su un ampio campione di studenti differenziando i risultati sulla base della tipologia di social network. Innanzitutto, è emerso come non tutti i social network portino gli stessi benefici: ad esempio, Facebook è risultato quello con la minore capacità di targettizzare le persone, rispetto a LinkedIn e, soprattutto, Google+. È inoltre emerso che il veicolare messaggi pubblicitari attraverso questi canali comporta maggiori benefici rispetto all’utilizzo dei media più classici: ciò appare evidente soprattutto nella promozione di un prodotto nuovo non ancora presente sul mercato. Il risultato probabilmente più interessante riguarda il ricorso a persone identificate come opinion leader per veicolare dei messaggi pubblicitari; così facendo la portata del messaggio aumenta notevolmente rispetto alle classiche campagne pubblicitarie: ad esempio, vedere su Facebook che ad un nostro amico piace un determinato prodotto ci influenza maggiormente rispetto a vedere uno spot sullo stesso prodotto. Il problema in questo caso riguarda tuttavia la difficoltà di individuare gli opinion leader: a differenza di quanto si possa immaginare, le informazioni fornite dai social network alle aziende non permettono di identificare molto facilmente quali sono le persone che riescono ad influenzare un gran numero di altri utenti dello stesso canale. Per concludere, questo studio evidenzia la complessità legata alle strategie di marketing che utilizzano i social network per la promozione pubblicitaria mostrando dei risultati che dovrebbero incoraggiare ancora di più l’utilizzo di questo canale di promozione rispetto a quelli classici, ormai vicini alla saturazione.
La performance degli studenti nei corsi online
La diffusione di internet ha prodotto, tra le altre cose, una crescita esponenziale dei corsi di apprendimento a distanza (e-learning). Questo grazie ai minori costi rispetto ai tradizionali corsi faccia a faccia e all’elevata flessibilità offerta agli studenti. In letteratura sono stati condotti numerosi studi sulle differenze tra la performance degli studenti nei corsi on line e nei corsi tradizionali e i risultati sono tra loro contrastanti: alcune ricerche hanno mostrato come gli studenti abbiano un rendimento maggiore nei corsi tradizionali, mentre altri studi hanno osservato un andamento opposto. Con lo scopo di meglio chiarire quali fattori sono in grado di influenzare la performance degli studenti iscritti a corsi on line, due studiosi spagnoli hanno condotto una ricerca su un ampio campione di persone iscritte a vari corsi on line dell’Università della Catalogna. Attraverso un modello di equazioni strutturali, hanno evidenziato come la motivazione degli studenti sia il principale predittore della performance. Questo risultato, in linea con molti altri studi, è stato maggiormente dettagliato indagando quali variabili possano influenzare la motivazione dello studente di corsi on line: in particolare, è stato evidenziato come la sua abilità nell’uso di internet e del computer possa far aumentare l’autostima in modo tale da produrre un incremento nella motivazione. Inoltre, questo studio ha evidenziato, in modo più sorprendente, come il numero di anni trascorsi a studiare e i feedback ricevuti dagli insegnanti non abbiano alcuna influenza sulla performance dello studente. Allo stesso modo, la storia scolastica, come ad esempio il voto di maturità, non predice in alcun modo la performance attuale dello studente. Un altro risultato interessante mostra una relazione tra età e performance: ovvero, gli studenti meno giovani ottengono una performance migliore rispetto ai compagni più giovani. In sintesi, questo lavoro ha messo in evidenza come la performance scolastica dipenda in gran parte dalla motivazione dello studente, indipendentemente dal tipo di percorso formativo intrapreso!
Ragazze violente: l’importanza dell’intelligenza socio-emotiva
Negli ultimi decenni si è assistito ad un incremento di comportamenti violenti da parte di giovani ragazze. Questi comportamenti causano gravi problemi, sia alle ragazze che sono vittima di tali condotte aggressive sia alle ragazze che agiscono in modo violento; in particolare, numerosi studi presenti in letteratura hanno evidenziato come queste condotte siano in relazione con la depressione, l’assunzione di alcolici, il fumo e la probabilità di rimanere incinta nell’adolescenza. Nonostante ciò, non sono stati eseguiti molti studi per identificare dei fattori capaci di prevenire tali condotte. Proprio per questo motivo, un pool di ricercatori statunitensi ha messo a punto uno studio su un ampio campione di ragazze con problemi legati a comportamenti violenti. Il primo risultato emerso riguarda il fatto che le ragazze che hanno subito delle violenze, siano esse fisiche o psicologiche, hanno una maggior probabilità di mettere in atto lo stesso tipo di comportamenti, dando il via ad una spirale di violenza con tutte le conseguenze negative che ciò comporta. Un fattore protettivo molto importante è risultato essere l’intelligenza socio-emotiva: le ragazze con elevati livelli di intelligenza socio-emotiva, e quindi in grado di comprendere e gestire le proprie emozioni e reazioni anche in situazioni stressanti, hanno una minore probabilità di essere coinvolte in episodi violenti, sia fisici sia psicologici, nel ruolo di vittime e di carnefici. L’importanza applicativa di questo lavoro emerge dal fatto che gli autori ipotizzando un percorso di intervento al fine di potenziare tali abilità nelle ragazze in modo da poter fare una reale opera di prevenzione rispetto al diffondersi di comportamenti violenti. In particolare, è necessario ma non sufficiente mettere a punto degli interventi nelle scuole: da un lato, infatti, nel panorama scolastico americano non si rilevano programmi di promozione dell’intelligenza socio-emotiva; dall’altro lato, le ragazze coinvolte in questi episodi spesso non frequentano la scuola, rendendo quindi necessario mettere a punto dei piani di intervento esterni al contesto scolastico. Concludendo, questo lavoro offre degli spunti interessanti in merito alla prevenzione di episodi di bullismo e di violenza nelle ragazze che possono essere applicati anche al contesto italiano, nonostante lo studio sia stato condotto in contesto statunitense.
Come far mangiare frutta e verdura ai bambini
La preferenza verso cibi dolci nei neonati è innata e ha una funzione evolutiva in quanto corrisponde ad un predilezione per cibi dal grande apporto calorico, necessario nei primi anni di vita. Inoltre, i bambini sono riluttanti ad assaggiare cibi sconosciuti: questo presenta il vantaggio di evitare che i bambini possano mangiare delle sostanze non commestibili, soprattutto nel periodo durante il quale iniziano ad esplorare autonomamente l’ambiente circostante. Nonostante ciò, questi comportamenti presentano degli svantaggi, soprattutto con la crescita del bambino: ovvero la difficoltà a far mangiare frutta e verdura. Numerose ricerche si sono concentrate sulle differenze di sapore tra questi cibi, così come numerosi interventi messi a punto in diversi asili della Gran Bretagna. Tali studi hanno evidenziato come il far assaggiare questi cibi nuovi presenti dei vantaggi: nonostante ciò, sono pochi i genitori che provano ripetutamente a far assaggiare frutta e verdura ai propri figli. Due studiosi hanno messo a punto una ricerca che, a differenza della maggior parte dei lavori presenti nella letteratura scientifica, si approccia alla questione non dal versante del sapore dei cibi ma da quello della familiarizzazione. In questa ricerca, quindi, ad un vasto numero di bambini di età compresa tra 1 e 3 anni sono stati proposti dei giochi nei quali sono presenti frutta e verdura. I risultati in merito al consumo del cibo hanno evidenziato come i bambini che hanno familiarizzato con la frutta e la verdura ne consumino significativamente di più degli altri quando questi cibi vengono presentati nel piatto. Inoltre, un’analisi condotta sull’ordine con il quale i bambini mangiano le differenti pietanze ha evidenziato come la familiarizzazione con la frutta e la verdura è connessa con il fatto che i bambini iniziano il pasto mangiando quei cibi con i quali hanno giocato prima, che sono quindi diventati familiari. In sintesi, questo lavoro permette di affrontare il problema di far accettare frutta e verdura ai bambini da un’altra prospettiva spesso sottovalutata: ovvero quella del gioco e del divertimento che si può associare a questi cibi.