Rassegna stampa
Rassegna stampa #21
Rassegna stampa #21
La valorizzazione delle emozioni positive è legata alla soddisfazione di vita?
La psicologia positiva sta prendendo sempre più campo in molti settori delle scienze psicologiche. Nel presente studio si prende in esame una possibile relazione tra emozioni positive e soddisfazione per la propria vita, a partire dalla considerazione che le emozioni non possono essere studiate indipendentemente dal contesto, perché sono proprio i contesti sociali a veicolare in modo molto potente le emozioni ritenute accettabili e non. La ricerca è di tipo cross culturale, ha coinvolto 98.745 partecipanti (prevalentemente studenti) di 47 nazioni. Sono stati somministrati alcuni questionari: il Satisfaction With Life (per valutare la soddisfazione di vita), il Social Value of Positive and Negative Emotions (per valutare quanto le persone ritenevano appropriate per la loro cultura le dodici emozioni presentate) ed è stata valutata la frequenza riportata nello sperimentare le dodici emozioni proposte. La ricerca ha messo in luce una forte relazione tra emozioni positive e benessere nei contesti sociali che valorizzano le emozioni positive; tuttavia, è risultato che, in quegli stessi contesti, le emozioni negative hanno un impatto negativo sul benessere della persona perché non vengono esplicitate (per mancanza di consenso sociale) e quindi favoriscono pensieri rimuginativi. Inoltre, è stato osservato che, in questi stessi contesti, se le persone sperimentano un livello troppo elevato di emozioni positive corrono il rischio di non focalizzarsi sugli stati interni e sull’autoriflessione perché danno per scontato che si stanno adeguando a uno script socialmente richiesto.
Valutazione di processo per gli interventi sullo stress organizzativo e sul benessere: implicazioni teoriche, metodologiche e pratiche
Si parla da anni e si continua a parlare di tematiche relative allo stress lavoro-correlato. Tuttavia il problema del malessere e dello stress sul lavoro, non solo permane ma sembra essere sempre più diffuso. Gli interventi maggiormente documentati sono relativi a studi che si sono focalizzati sulle iniziative individuali per far fronte allo stress piuttosto che sugli interventi organizzativi. Questi infatti sono più complessi di quelli individuali perché implicano un livello di complessità maggiore. Tuttavia, gli interventi organizzativi, oltre a essere stati meno studiati rispetto a quelli individuali, sono stati quasi sempre condotti con un approccio quantitativo centrato sull’outcome (approccio sommativo) mentre esiti decisamente incoraggianti giungono da approcci centrati sul processo (intervention process evaluation; IPE). Nel primo caso, viene proposto un programma di intervento che viene implementato e di cui viene misurata l’efficacia; nel secondo caso l’approccio è quello della ricerca-azione in cui prima di valutare se un intervento è efficace l’obiettivo è mettere a fuoco come e perché un intervento può essere efficace sulla base dei requisiti che caratterizzano il contesto organizzativo. Una volta sistematizzate le fasi, l’approccio di processo implica un monitoraggio e un’eventuale revisione delle fasi della consulenza. Questo approccio sembra promettente in termini di efficacia degli interventi.
Il dolore, la depressione e la fatica: la solitudine come fattore di rischio longitudinale
Il dolore, la solitudine e l’affaticamento sono un cluster di sintomi che, in quanto tale, fa sì che i tre elementi in esso compresi possano condividere dei fattori di rischio comune oltre a rinforzarsi a vicenda. Questa ricerca suggerisce che le persone sole possono sviluppare nel tempo dolore, depressione e affaticamento. Sono stati condotti due studi longitudinali su due diverse tipologie di persone: nel primo i soggetti erano persone sopravvissute al cancro mentre nel secondo i partecipanti si occupavano di un coniuge affetto da demenza. In entrambi i casi erano presenti dei gruppi di controllo. Nel primo studio, è stata fatta una rilevazione di dolore, depressione e fatica per due anni mentre nel secondo studio la valutazione è stata condotta per quattro anni. I risultati hanno messo in evidenza che su entrambi i campioni, le persone sole sperimentavano livelli significativamente più alti di dolore, depressione e affaticamento rispetto alle persone meno sole. La ricerca mette quindi in evidenza che la solitudine è un fattore di rischio importante per lo sviluppo di dolore, depressione e affaticamento. Se accompagnata a un contesto di malattia grave, va ad impattare in modo profondamente negativo nella vita di una persona.
Intelligenza Emotiva delle Abilità e dei Tratti. Doppia influenza nell’adattamento psicologico degli adolescenti
L’Intelligenza Emotiva (IE) è una caratteristica psicologica associata a una maggiore salute mentale. Ci sono molte evidenze che mettono in luce come l’Intelligenza Emotiva sia un fattore protettivo verso gli agenti stressanti e favorisca l’adattamento della persona all’ambiente. Ci sono due modelli principali sull’Intelligenza Emotiva: il modello dei tratti e il modello delle abilità. Sebbene ci siano numerose ricerche che li esaminano separatamente, il costrutto di IE è stato poco studiato relativamente all’azione comune degli aspetti di tratto e di abilità nel proteggere gli adolescenti dai fattori stressanti. Nella presente ricerca 1.170 adolescenti inglesi hanno completato una batteria di test che prendeva in esame più variabili: Intelligenza Emotiva (MSCEIT Research edition; Trait Emotional Intelligence Questionnaire - Adoleshent Short Form), stili di coping (Children’s Coping Strategies Checklist), funzionamento familiare (McMaster Family Assessment Device), depressione e disturbi della condotta (Beck Youth Inventories of Emotional and Social Impairment), eventi di vita negativi (Adolescent Perceived Events Scale - Short Form), problematiche socio economiche (attraverso quattro item specifici). La Path Analyses ha messo in evidenza che l’aspetto delle abilità e l’aspetto dei tratti dell’Intelligenza Emotiva lavorano insieme per modificare la selezione e l’efficacia degli stili di coping e quindi l’adattamento. Inoltre, agiscono come fattore protettivo per la depressione mentre non agiscono in modo così determinante sui disturbi della condotta. Tuttavia, le abilità di Intelligenza Emotiva che una persona ha (modello delle abilità) sembra che di per sé siano poco impattanti sul proteggere gli adolescenti dagli eventinti stressogeni se manca una fiducia nelle proprie emozioni. Infatti, la mancanza di consapevolezza e fiducia nelle proprie emozioni favorisce uno stile di coping evitante che può acuire gli effetti dello stress.