QI - Questioni e idee in psicologia - Il magazine online di Hogrefe Editore

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numero 20 - settembre 2014

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Rassegna stampa

Rassegna stampa #20

Rassegna stampa #20

Che ruolo ha il web-surfing nel consumo di alcool e fumo?

Ogni anno nel mondo circa il 12% dei decessi è riconducibile all’uso di alcolici o al fumo, eppure in alcuni paesi le relative condotte sono talmente frequenti da esser praticate anche dagli adolescenti. Poiché la letteratura scientifica è ricca di contributi che indicano i media quali catalizzatori di comportamenti rischiosi per la salute, tre ricercatori hanno implementato uno studio longitudinale per indagare se anche il web-surfing svolga un certo ruolo. Partendo dalle teorie di Bandura secondo cui la maggior esposizione a taluni comportamenti può influenzare le proprie condotte, ed essendo il web pieno di contenuti che mostrano sovente riferimenti al fumo o all’alcol (video, immagini, blog, ecc.), gli autori hanno supposto che quanto più gli adolescenti navighino sul web senza alcun controllo genitoriale tanto più sia possibile predire l’eventuale adozione futura di comportamenti di questo genere. Per tale ricerca sono stati coinvolti circa tremila partecipanti di Taiwan di età compresa tra i 16 e i 20 anni e dai risultati è emerso come il navigare sul web sin da un’età precoce possa incidere sull’adozione futura delle suddette condotte, soprattutto se ciò viene praticato in luoghi ove non vi è alcun controllo genitoriale. Inoltre, l’avere il proprio miglior amico che fuma o beve e l’aver perso la verginità prima dei 15 anni sono risultate due ulteriori variabili predittive delle condotte legate all’alcool o al fumo. Tuttavia è bene ricordare come dal presente studio sia emerso altresì un fattore protettivo capace di ridurre la probabilità di assumere dei comportamenti rischiosi, ossia l’avere una media scolastica piuttosto elevata.
Il presente studio risulta così particolarmente utile alle scienze psicologiche contemporanee, sia perché pone l’attenzione su due problematiche che si estendono sempre più a macchia d’olio tra le cerchie adolescenziali, sia perché rimette in discussione l’autostima come fattore protettivo, dato che in studi pregressi essa era risultata una variabile capace di inibire i comportamenti rischiosi, mentre qui tale influenza non è stata confermata, fornendo così nuovi spunti per le ricerche future.

Chiao, C., Yi, C., & Ksobiech, K. (2014). Adolescent internet use and its relationship to cigarette smoking and alcohol use: a prospective cohort study. Addicated Behaviors, 39, 7-12. 

 

Quali effetti derivano dal mangiare sempre lo stesso cibo in grosse quantità?

Piacere e volere sono due processi psicologici implicati nell’assunzione del cibo. Sebbene essi siano ben distinti l’uno dall’altro, è errore piuttosto comune considerarli simili: il “piacere”, infatti, sottintende il grado di appetibilità del cibo, ossia quanto ci piace un determinato alimento; con il termine “volere”, invece, si fa riferimento al desiderio di mangiarlo. In virtù di tale distinzione, tre ricercatori statunitensi hanno indagato l’influenza esercitata dai due processi nel determinare il tempo che intercorre nell’assunzione di un dato alimento una prima e una seconda volta. I partecipanti coinvolti sono stati suddivisi in due gruppi, i quali ricevevano rispettivamente piccole o grandi porzioni di un dato alimento. A metà di ciascun gruppo, inoltre, è stato chiesto di eseguire un compito aritmetico durante il consumo del pasto, ipotizzando che gli sforzi cognitivi influiscano sulla codifica dei ricordi legati all’assunzione del cibo. Dallo studio è emerso come all’aumentare della quantità di cibo ingerita corrispondesse una diminuzione sia del piacere sia del voler mangiare nuovamente lo stesso alimento, che a loro volta determinerebbero poi un allungarsi dei tempi che intercorrono tra il mangiare una prima e una seconda volta il medesimo cibo. Anche il compito aritmetico è risultato un fattore significativo: i gruppi sottoposti allo sforzo cognitivo richiesto hanno esibito livelli maggiori di desiderio e di gradimento verso il cibo, lasciando così ipotizzare che i compiti di natura cognitiva possano influire sulla sensazione di sazietà. È così possibile trarre degli spunti interessanti: si pensi ad esempio alle volte in cui si mangia mentre si svolgono attività che richiedono un certo sforzo cognitivo, come lavorare o studiare, situazioni in cui il nostro organismo può percepirsi meno sazio, finendo così col mangiare di più di quanto fosse nelle nostre intenzioni iniziali. Oppure, si pensi a quando scegliamo dal menù del ristorante un qualcosa che ci aggrada meno ma che non mangiamo da tempo, anziché il nostro piatto preferito. Sebbene il presente studio necessiti di ulteriori conferme, sarebbe interessante indagare nuove variabili, come l’insieme di fattori capaci di determinare le nostre scelte alimentari oppure le quantità di calorie che decidiamo di assumere.

Garbinsky, E.N., Morewedge, C., & Shiv, B. (2014). Does liking or wanting determine repeat consumption delay? Appetite, 72, 59-65.

 

Quali sono le possibili cause della dipendenza da internet?

Internet è entrato a far parte della vita di chiunque: oggigiorno qualunque dispositivo informatico è pensato in funzione della possibilità di accedervi e ricercare qualsivoglia informazione. In pratica il mondo intero giorno dopo giorno dipende sempre più dalla rete e nonostante gli evidenti benefici derivanti è bene riuscire a mantenerne anche un certo distacco, pena la possibilità di avere delle ripercussioni nella propria vita sociale. Purtroppo alcune persone entrano in questa spirale e non riescono ad uscirne, a tal punto da sfaldare parte delle proprie relazioni sociali: tali casi sono spesso riconosciuti come vere e proprie dipendenze da internet (“Internet Addiction”, I.A.). Nel tentativo di capire quali siano le possibili cause, un pool di ricercatori cinesi ha voluto indagare se il gaming online abbia qualche influenza e, in caso affermativo, se incida al pari di altri fattori. Grazie al coinvolgimento di oltre seicento partecipanti, lo studio ha permesso di osservare una correlazione positiva significativa tra il grado di attrazione esercitato dal gaming online e la dipendenza da internet. Anche il nevroticismo e lo psicoticismo, ossia due delle cinque dimensioni della personalità indagate, son parsi correlare positivamente con la I.A. La coesione familiare, il supporto sociale e il grado di soddisfazione della propria vita son parsi correlare invece negativamente. L’aspetto più sorprendente della ricerca è il fatto che l’attrazione esercitata dai giochi online sia risultata predittiva della dipendenza da internet più degli aspetti sociali o delle caratteristiche della personalità. Lo studio è stato condotto tuttavia esclusivamente entro un unico contesto culturale, pertanto è impossibile generalizzare i dati emersi, ma sono necessari nuovi e ulteriori studi che confermino quanto osservato. In futuro sarebbe interessante misurare l’influenza di variabili qui non considerate, come la cultura sociale di appartenenza, il gruppo dei pari e i fattori fisiologici.

Tone, H., Zhao, H., & Yan, W. (2014). The attraction of online games: an important factor for internet addiction. Computers in Human Behavior, 30, 321-327.

 

L’insoddisfazione del proprio corpo da quali fattori dipende?

Le ricerche che hanno indagato la soddisfazione nei confronti del proprio corpo sono molteplici, eppure buona parte di esse sono state condotte entro i medesimi confini territoriali. Due ricercatori statunitensi hanno così voluto misurare l’influenza esercitata da alcune variabili sul grado di soddisfazione nei confronti del proprio corpo entro un nuovo contesto, stavolta latino-americano: il Texas. Grazie alla collaborazione di circa centosessanta studenti universitari ispanici è stato possibile raccogliere dei risultati in parte sovrapponibili a quelli ottenuti in passato da altri studi. I livelli di insoddisfazione nei confronti del proprio corpo, ad esempio, sono risultati significativamente maggiori nelle donne, nelle persone esibenti una maggiore severità dei sintomi depressivi o nelle persone aventi un peso superiore alla media, correlazioni già riscontrate in studi pregressi. La peculiarità principale di tale ricerca è stata tuttavia quella di fornire altresì dei risultati discordanti: sia nei fumatori che nelle persone aventi un basso tono umorale, infatti, non sono emersi grossi livelli di insoddisfazione, così come le donne non si sono percepite più attraenti degli uomini. Sulla base di quanto riscontrato è lecito domandarsi se tali discrepanze derivino o meno dalle differenze interculturali piuttosto che dall’ampiezza campionaria piuttosto limitata. Sarebbe altrettanto utile continuare ad approfondire il focus qui trattato per giungere ad una visione più chiara e meno approssimativa della realtà, cercando di indagare se i presenti risultati siano generalizzabili entro tutte le popolazioni latino-americane o circoscrivibili esclusivamente a quella texana, e se vi siano eventuali differenze interculturali.

Blow, J., & Cooper, T.V. (2014). Predictors of body dissatisfaction in a hispanic colleg student sample. Eating Bahaviors, 15, 1-4.