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numero 18 - giugno 2014

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Rassegna stampa

Rassegna stampa #18

Rassegna stampa #18

Le dimensioni del Big Five predicono il successo di percorsi formativi in ambito organizzativo

Nella letteratura scientifica sono molteplici gli studi che hanno indagato la natura e il peso delle dimensioni della personalità del Big Five Model nel predire il successo scolastico, universitario e organizzativo. Tuttavia, solo pochi lavori si sono focalizzati su quanto tali dimensioni influiscano sulla formazione al lavoro e sulle competenze che si ottengono attraverso di essa.
Dunque, un gruppo di ricercatori tedesco ha verificato quali sono le dimensioni della personalità  che predicano maggiormente il successo dei processi formativi antecedenti l’inserimento in un dato ambiente organizzativo, entro categorie professionali differenti. Più nello specifico, gli autori hanno somministrato il NEO-PI-R, test di personalità costruito sulla base del Big Five Model, ad un campione di oltre 500 lavoratori tedeschi. I punteggi ottenuti sono stati messi in relazione con il successo formativo di ciascun individuo, indagato attraverso le valutazioni effettuate da supervisori. Al fine di avere delle misure più pure di queste associazioni, sono state controllate delle variabili esterne ed intervenienti come l’età, il genere e le abilità di ragionamento; i risultati hanno evidenziato correlazioni significative tra alcune dimensioni indagate dal NEO-PI-R e la performance dei partecipanti. L’Autodisciplina e la dimensione Idee dell’area relativa all’Apertura all’Esperienza sono risultate positivamente correlate in tutte e quattro le categorie lavorative analizzate. Altre dimensioni, invece, sono risultate correlate significativamente con il successo formativo, anche se solo per alcune particolari categorie professionali analizzate. Ciò lascia pensare che esistano  aspetti della personalità che influenzano il successo dei percorsi formativi, ma non sempre in maniera trasversale. In sintesi, questo articolo mette in luce come dimensioni di personalità siano predittive del successo formativo in organizzazione e, quindi, della performance lavorativa.

Ziegler, M., Bensch, D., Maaß, U., Schult, V., Vogel, M., & Bühner, M. (2014). Big Five facets as predictor of job training performance: The role of specific job demands. Learning and Individual Differences, 29, 1-7. 

 

La depressione: relazione tra sintomi depressivi, funzioni cognitive e aspetti immunologici

Gli studi che hanno indagato il rapporto tra le funzioni cognitive e i marker immunitari in persone affette da depressione sono pochi, e non sempre tutte le variabili implicate sono state adeguatamente indagate. È questa la ragione di fondo che ha spinto un gruppo di ricercatori danese a indagare l’influenza esercitata da due proteine, la Proteina C-Reattiva (hsCRP) e l’Interleuchina-6 (IL-6), nei confronti dei sintomi e dei livelli delle funzioni cognitive associabili alla depressione. In quest’ottica psico-immunologica è stato condotto uno studio su oltre cento persone assegnate a due gruppi differenti: il primo dei quali (gruppo sperimentale) ha seguito un percorso aerobico specifico, finalizzato a ridurre i sintomi depressivi, e il secondo (gruppo di controllo) ha svolto invece un percorso aerobico standard. Dalle misurazioni effettuate prima e dopo i suddetti percorsi sono emersi nei depressi livelli di IL-6 e CRP significativamente maggiori rispetto agli altri. Per quanto riguarda le funzioni cognitive, la sola correlazione significativa riscontrata sia prima che dopo i training aerobici è stata quella tra la velocità psicomotoria e la quantità di CRP. Inoltre, conclusi i percorsi aerobici, i livelli di IL-6 e CRP nel sangue non differivano né rispetto alla prima misurazione, né tra i due gruppi. Per quanto concerne i livelli di depressione questi erano inferiori, ma non differivano significativamente tra i due gruppi, né sono state riscontrate delle correlazioni significative tra la concentrazione delle proteine nel sangue e specifici sintomi della depressione maggiore. La ricerca ha dunque messo in luce la necessità di approfondire i legami che sussistono tra i marker immunitari e i sintomi della depressione e tutti gli aspetti cognitivi ad essa legati; alla luce di ciò, appare necessario anche per il clinico utilizzare un approccio olistico, integrando i contributi provenienti da discipline diverse, al fine di eliminare alcuni dubbi su quei fattori che sembrano determinare i sintomi della depressione maggiore e i livelli delle varie funzioni cognitive.

Krogh, J., Benros, M. E., Baslev Jørgensen, M., Vesterager, L., & Elfving, B. (2014). The association between depressive symptoms, cognitive function, and inflammation in major depression. Brain, Behavior, and Immunity, 35, 70-76.

 

Le strategie comportamentali possono migliorare il nostro rapporto con il cibo?

Negli ultimi decenni la percentuale di persone obese o in sovrappeso è in costante aumento in pressoché tutti i paesi occidentali. Per meglio analizzare la possibilità di contrastare tale fenomeno, degli studiosi olandesi hanno indagato quanto l’utilizzo di alcune strategie comportamentali di auto-regolazione possano incidere sulla quantità di cibo quotidianamente consumata. Per fare ciò, gli autori in una prima fase hanno identificato più di trenta strategie comportamentali inerenti il consumo di cibo, come il comportamento d’acquisto e la frequenza ad alimentarsi. Nella seconda fase, invece, è stato chiesto a una sessantina di persone quanto frequentemente utilizzino le strategie identificate, quali di esse ritengano utili e realmente praticabili, e quali siano le aspettative che su queste ripongono nel relativo utilizzo. Nella terza fase, è stata valutata la relazione tra l’indice di massa corporeo e l’utilizzo delle suddette strategie, suddividendo i partecipanti in persone non in sovrappeso, in sovrappeso e obesi. Dai risultati è emerso che i più anziani tendono a usare maggiormente le strategie comportamentali rispetto ai giovani per gestire la propria alimentazione, e che la maggior parte di esse sono state giudicate come utili e realmente attuabili, soprattutto se l’obiettivo che si intender perseguire è il mantenimento del proprio peso, piuttosto che il dimagrimento. Il relativo utilizzo, infine, è parso differire significativamente tra le tre categorie distinte in base all’indice di massa corporea, permettendo di discriminare correttamente persone non in sovrappeso sia da quelle in sovrappeso sia da quelle obese. Concludendo, questo lavoro permette di ipotizzare l’utilizzo di appositi percorsi educativi in campo alimentare finalizzati a stimolare l’implementazione di particolari e adeguate strategie comportamentali al fine di aiutare le persone che presentano problemi di sovrappeso e obesità.

Poelman, M. P., de Vet, E., Velema, E., Seidell, J. C., & Steenhuis, I. H. M. (2014). Behavioural strategies to control the amount of food selected and consumed. Appetite, 72, 156-165.

 

Le variabili demografiche degli assessor influenzano le valutazioni sui candidati?

In letteratura sono molti i lavori che hanno indagato l’influenza delle variabili demografiche dei candidati sule valutazioni ottenute agli assessment center, mentre solo pochi lavori si sono concentrati sull’analisi delle stesse variabili negli assessor. Per cercare di rispondere a questo interrogativo due ricercatori israeliani hanno condotto uno studio per indagare se i risultati agli assessment center possano essere diversi in base al sesso e all’etnia dei valutatori, oltre che dei candidati stessi. Sulla base dei quarantaquattro assessment svolti, i risultati hanno evidenziato delle differenze legate sia all’etnia sia al genere di candidati: in particolare, le donne hanno ottenuto dei punteggi medi significativamente maggiori rispetto a quelli degli uomini. Oltre a ciò, di particolare interesse sono i risultati che analizzano contemporaneamente gli aspetti anagrafici sia dei candidati sia degli assessor: ad esempio, è emerso che nelle situazioni in cui la maggioranza dei valutatori era di sesso femminile se il gruppo di candidati era a minoranza maschile, gli uomini hanno ottenuto punteggi medi significativamente superiori rispetto alle donne. Per concludere, questo studio presenta dei risvolti applicativi molto interessanti e spesso sottovalutati: infatti, sembra che non si debba tenere sotto controllo la possibile influenza delle sole caratteristiche demografiche dei candidati nello svolgere degli assessment, ma anche la complessa interazione che si ha tra queste e le stesse caratteristiche presenti nel team dei valutatori. Alla luce di ciò, appare evidente come anche queste informazioni debbano essere prese in considerazione nel momento in cui vengono pianificati gli assessment, ad esempio prevedendo le caratteristiche che di volta in volta si ritengano possano influire sui risultati in modo da bilanciarle all’interno del team di valutatori così da non inficiare il complesso lavoro di valutazione.

Falk, A., & Fox, S. (2014). Gender and Ethnic Composition of Assessment Centers and Its Relationship to Participants’ Success. Journal of Personnel Psychology, 13(1), 11-20.