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numero 112 - settembre 2024

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Rassegna stampa

Rassegna stampa #112

Rassegna stampa #112

L’evoluzione delle carriere criminali nel tempo

Storicamente, all’interno del settore della criminologia la letteratura scientifica si è concentrata principalmente su "chi siamo", ovvero sulle caratteristiche dei criminali, sui fattori di rischio e di protezione e sugli eventi del corso di vita; meno interesse, invece, è stato posto sul “dove siamo” e sul “quando siamo”, ovvero sul luogo in cui le carriere criminali si sviluppano e sui cambiamenti sociali che avvengono in un determinato periodo di tempo. Con lo scopo di studiare questi ultimi due aspetti, un team composto da quattro ricercatori ha condotto uno studio in Italia e nei Paesi Bassi per analizzare le diversità nelle carriere criminali con lo scopo di valutare anche l'influenza dei cambiamenti generazionali e dei cambiamenti sociali, come le politiche di controllo della criminalità, su questi comportamenti. Per fare ciò, sono stati analizzati i dati disponibili sui criminali di sesso maschile nati tra il 1950 e il 1986. I risultati, quindi, hanno evidenziato la presenza di differenze significative tra i campioni italiano e olandese, in linea con le attese date le peculiarità differenti dei due Paesi; in particolare, in Italia la carriera criminale inizia prima rispetto a quanto avviene nei Paesi Bassi. Per quanto concerne il “quando siamo”, i risultati più interessanti suggeriscono spostamenti generazionali minimi verso reati più gravi; inoltre, è emerso come l’esordio criminale avvenga ad un’età significativamente inferiore rispetto a quanto avveniva nelle generazioni precedenti. Infine, è emerso come i cambiamenti sociali, come modifiche nelle politiche antidroga e anticrimine organizzato, abbiano degli impatti notevoli sull’evoluzione delle carriere criminali tra individui nati in decenni diversi. Per concludere, questo studio mette chiaramente in luce come lo studio delle carriere criminali non debba concentrarsi esclusivamente sulle caratteristiche personali dei criminali, per quanto resti comunque fondamentale, in quanto sia il contesto sociale ("dove siamo") che le influenze temporali ("quando siamo") sono essenziali per comprendere le carriere criminali.

Calderoni, F., Comunale, T., van der Geest, V. & Kleemans, E. R. (2024). When and where we are: Comparing early criminal careers of organized crime offenders in Italy and the Netherlands across decades. Journal of Criminal Justice, 95, 102276.

 

L’impatto del sonno e della regolazione delle emozioni nei disturbi d’ansia

I disturbi d'ansia presentano numerose comorbidità con i disturbi del sonno e sono stati anche associati a deficit nella regolazione delle emozioni, come la capacità di controllare ed esprimere le proprie emozioni. Tuttavia, la misura in cui dimensioni specifiche dei disturbi del sonno e della regolazione delle emozioni sono associate alla diagnosi di ansia non è stata ben esplorata nella letteratura scientifica internazionale. Per cercare di comare, almeno in parte, questa lacuna un gruppo di ricercatori ha condotto uno studio che aveva l’obiettivo di esaminare le dimensioni della regolazione delle emozioni e dei disturbi del sonno che possono predire una maggiore probabilità di diagnosi di ansia utilizzando nuove tecniche di apprendimento automatico. Tale studio è stato condotto su un ampio campione di persone con disturbi d'ansia primari, tra cui disturbo d'ansia generalizzato e disturbo d'ansia sociale, e su un gruppo di controllo composto da persone sane. I risultati hanno mostrato come due dimensioni inerenti alla regolazione delle emozioni fossero i migliori predittori della diagnosi di ansia: in dettaglio, l’utilizzo di strategie dirette a gestire le emozioni negative e la non accettazione delle emozioni negative sono le principali variabili in grado di determinare una diagnosi di disturbi d’ansia. Per coloro con una migliore regolazione delle emozioni, una scarsa qualità del sonno e un funzionamento diurno peggiore a causa della mancanza di sonno erano importanti predittori della diagnosi di ansia. Gli aspetti più interessanti riguardavano il fatto che una buona regolazione delle emozioni e un sonno non disturbato risultavano sufficienti ad avere un’elevata probabilità di esclusione di una diagnosi di ansia. Per questo stesso motivo, quindi, gli studiosi concludono evidenziando come gli aspetti della regolazione delle emozioni e dei disturbi del sonno possono essere importanti obiettivi di un trattamento atto a ridurre i disturbi d’ansia e, soprattutto, al fine di prevenire l’insorgere della stessa tipologia di disturbo.

Schantz, B. L., Toner, E. R., Brown, M. L., Kaiser, N., Chen, A., Adhikari, S., Hoepnner, S. S., Bui, E., Simon, N. M. & Szuhany, K. L. (2024). Examining the relationship between emotion regulation, sleep quality, and anxiety disorder diagnosis. Journal of Mood & Anxiety Disorders, 8, 100072.

 

La resilienza come fattore protettivo per il COVID-19

Nella letteratura scientifica internazionale è ormai noto come gli stress esterni siano fattori capaci di aumentare la probabilità di contrarre malattie; questa associazione è mediata, tra le altre cose, dalle differenze individuali: alcune persone sono maggiormente resistenti agli stress esterni, altre meno. Con l’avvento del COVID-19 numerosi studi hanno mostrato un’associazione tra i disturbi psichiatrici e la probabilità di contrarre la malattia in maniera più grave; altri studi hanno evidenziato come la depressione, la preoccupazione per il COVID-19 e la solitudine erano fortemente associate all'ospedalizzazione. Dal momento che il COVID-19 è maggiormente pericoloso per le persone anziane, solo pochi studi si sono concentrati sulla popolazione giovane e sull’analisi della relazione tra il livello di stress percepito e la probabilità di contrarre la malattia in maniera particolarmente severa. In particolare, un gruppo di ricercatori svedesi ha condotto una ricerca nella popolazione degli adolescenti con l’obiettivo di comprendere l’associazione tra la resilienza agli stress esterni e la probabilità di contrarre il COVID-19 in forma grave. Per fare ciò, hanno analizzato i dati di circa un milione e mezzo di maschi svedesi che avevano svolto la leva militare tra il 1968 e il 2005. I risultati hanno evidenziato come una scarsa resilienza allo stress nella tarda adolescenza è associata a un rischio successivo di gravi infezioni delle basse vie respiratorie, a prescindere dall’età della persona; la portata di questi risultati risiede sia nell’ampio numero di soggetti coinvolti nello studio sia negli indicatori utilizzati, come la probabilità di decesso e di ricovero in terapia intensiva. Queste ultime due variabili sono risultate connesse all’aver esperito maggiori livelli di stress in tarda adolescenza. Alla luce di ciò, appare evidente l’importanza di una riduzione dei fattori di stress negli adolescenti, insieme a dei trattamenti capaci di aumentare la resilienza degli adolescenti stessi, come decisivo fattore di protezione rispetto alla probabilità di sviluppare malattie respiratorie gravi, come il COVID-19.

Geijerstam, A., Hunsberger, M., Mehlig, K., Nyberg, J., Waern, M., Aberg, M. & Lissner, L. (2024). Poor stress resilience in adolescence predicts higher risk of severe COVID-19 and other respiratory infections: A prospective cohort study of 1.4 million Swedish men. Journal of Psychosomatic Research, 187, 111935.

 

La concordanza di genere nella relazione tra studenti e insegnanti

All’interno del panorama scientifico internazionale sono state trovate ampie prove come il legame emotivo tra singoli studenti e insegnanti sia importante per l'adattamento scolastico degli studenti; più specificamente, gli studenti che condividono relazioni positive e calorose con i loro insegnanti tendono a essere più coinvolti a scuola, a ottenere risultati migliori e ad avere un migliore adattamento sociale e comportamentale. Tuttavia, non tutti gli studenti riescono a sviluppare relazioni positive con gli insegnanti: ad esempio, alcuni studi sulla scuola primaria hanno fornito prove del fatto che i ragazzi sperimentano meno positività e più conflitti nelle loro relazioni con gli insegnanti rispetto alle ragazze. Nonostante ciò, solo pochi studi si sono concentrati sulle differenze di genere nella qualità delle relazioni tra studenti e insegnanti nella scuola secondaria. Per questo motivo, due ricercatori olandesi hanno condotto uno studio su un ampio campione di studenti della scuola secondaria al fine di verificare se i ragazzi condividevano relazioni più favorevoli con insegnanti maschi e se le ragazze condividevano relazioni più favorevoli con insegnanti femmine. I risultati hanno innanzitutto mostrato come i ragazzi mostravano maggiori conflitti delle ragazze con gli insegnanti, a prescindere dal genere e dalla materia di riferimento dell’insegnante stesso. Inoltre, particolarmente interessante il fatto che l’ipotesi formulata dagli studiosi sia stata confermata solo a metà: negli studenti maschi non sono emerse differenze in base al genere dell’insegnante, mentre le studentesse mostravano delle relazioni migliori con le insegnanti donne a conferma della teoria della concordanza di genere. A conferma di ciò, il fatto che questo insieme di risultati non presenti particolari differenze in base alla materia di riferimento dell’insegnante: ciò, quindi, supporta la generalizzabilità dei risultati sulla concordanza di genere come fattore protettivo della relazione tra insegnanti e studentesse, mentre questo stesso aspetto non sembra fornire benefici agli studenti di sesso maschile.

Roorda, D. L. & Jak, S. (2024). Gender match in secondary education: The role of student gender and teacher gender in student-teacher relationships. Journal of School Psychology, 107, 101363.