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numero 53 - dicembre 2017

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"Questo è il momento della verità". Riflessioni da una ricerca-intervento con un Board aziendale

"Questo è il momento della verità". Riflessioni da una ricerca-intervento con un Board aziendale

"Voi vi occupate e fate analisi di come i gruppi funzionano e lavorano… è una vostra area di servizio? Sì, certo. Ok, allora potete aiutarci… io vorrei fare una fotografia di come funziona il mio Board… (le dinamiche come le chiameremmo noi psicologi) e capire come accrescerne l’efficacia e l’impatto decisionale (passando da un funzionamento di gruppo ad un funzionamento di team… come lo riformuleremmo noi). Vediamo se siete bravi ad accompagnarci". Sorrido, divertita.

Così comincia dopo qualche passaggio interlocutorio con l’HR manager, la relazione con MM, CEO di una importante azienda. C’è tutto quello che serve per sentirsi ingaggiata in una bella sfida professionale.
Sento la pressione, e so che il mio interlocutore si aspetta un risultato che conduca a delle azioni concrete. L’implicito è “voglio capire a partire da evidenze, per scegliere e decidere insieme delle azioni di miglioramento”.
Raccolgo le idee con una collega e presto delineiamo un progetto di ricerca-intervento che prevede più passaggi, e un mix di strumenti (analisi quali-qualitative) che ci consentano di avere una prospettiva dentro-fuori, ossia di visione interna (percezione che i membri hanno del funzionamento del Board) e anche una visione esterna (percezione esterna da parte di un osservatore neutro sui comportamenti agiti nel Board). Oltre a K.Lewin (2005) e ai riferimenti di Carli sul gruppo (2003) e l’evoluzione dei gruppi (modello di Tuckam), cerco qualche riferimento recente e specificatamente legata ai gruppi direzionali. Tra i diversi contributi ce ne uno che mi colpisce particolarmente e che afferma che ciò che distingue i Board ad alto rendimento dagli altri, non sono tanto gli aspetti “strutturali” ma il fatto di definire appropriate regole di governance legate alla grandezza del Board, al numero dei membri, al livello di skill sugli aspetti finanziari o sugli economics, al trascorso del CEO, all’indipendenza dei singoli o al fatto che ci sia equità rispetto al possesso di eventuali quote aziendali. La chiave di volte è legata alla dimensione umana.

What distinguishes exemplary boards is that they are robust, effective social systems” così sostiene A. Sonnenfeld (2002).

Lo stesso autore individua alcune guide line interessanti da cui è possibile trarre alcuni elementi su cui focalizzare la nostra analisi:

  1. Attivare un circolo virtuoso di rispetto, fiducia e trasparenza. Se le persone si rispettano, daranno e otterranno fiducia e ciò aiuterà la condivisione e lo scambio diretto e sincero.
  2. Creare un clima di fiducia attraverso lo sharing di informazioni su cui i singoli membri possano riflettere. Dare al Board una modalità di lavoro flessibile, che preveda momenti in plenaria a momenti in sottogruppi su specifici temi o issue critiche. È possibile prevedere dei passaggi anche con persone chiave in azienda che non siedono nel Board al bisogno. Limitare il potere di quelle che possono essere fazioni interne che possono polarizzare le opinioni.
  3. Favorire una cultura franca del dissenso e del conflitto, è importante favorire il fatto che le persone esprimano il loro punto di vista anche se divergente. Il CEO deve saper distinguere quando ci troviamo di fronte ad una persona con una opinione differente rispetto a situazioni dove possiamo dubitare della loyalty aziendale. È importante utilizzare le resistenze delle persone per imparare chiedendo ai singoli di spiegare le loro opinioni e stimolare i membri silenti a dire le loro idea.
  4. Creare una modalità di lavoro in cui i Direttori non rimangano incastrati in ruoli stereotipati e rigidi. Stimolare un confronto aperto su scenari differenti lasciando “fuori la giacca della propria funzione” al fine di prendere decisioni strategiche.
  5. Accrescere accountability individuale e di Team ovvero nel Board su specifici temi creare task force che lavorino insieme fuori a diretto contatto con i consumatori con le operation ecc. e chiedere agli stessi di rendicontare i progressi rispetto ai cantieri strategici assegnati.
  6. Valutare le performance del Board, l’autore invita a fare una riflessione critica sui contenuti condivisi e sulle modalità senza tralasciare gli aspetti legati al clima, alla coesione e alla disponibilità al confronto e allo scambio.

Questo contributo ci conforta nella scelta di un questionario di Team assessment sviluppato da Hogrefe, basato sulla teoria di Lencioni (2002), che va ad indagare sei aree chiave che ne garantiscono il suo funzionamento. 

  1. Fiducia: quanto le persone si stimano e hanno fiducia reciproca?
  2. Assertività e gestione del conflitto: quanto esprimono le loro idee? Gestiscono il conflitto?
  3. Prosocialità e supporto reciproco: quanto sono in grado di attivarsi in caso di difficoltà per gli altri?
  4. Commitment: quanto impegno sono disposti ad investire nel perseguire i risultati?
  5. Positività speranza per il futuro: quanto nutrono atteggiamento positivo verso il futuro aziendale?
  6. Accountability: quanto hanno un approccio sistematico alle sfide di business? Quanto sono in grado di vivere obiettivi aziendali come propri e di stimolare altri in questa direzione?
  7. Disengagement: scala di controllo per valutare la presenza di comportamenti individuali che posano rallentare il raggiungimento degli obiettivi di team. 

Queste saranno le variabili che rileveremo nel questionario e costituiranno parte della griglia di osservazione comportamentale di un meeting del Board. Le stesse saranno restituite in plenaria e saranno oggetto di un confronto e scambio dialettico: Vi ritrovate in questa fotografia? Sì e in che misura?
Metteremo insieme i loro punti di vista a livello percettivo e ne valuteremo il grado di coerenza rispetto ai comportamenti agiti come gruppo.
Questo sarà per il Board un momento di verità. Da li partiremo per delineare un percorso di miglioramento.
Oltre al gruppo e al suo momento evolutivo, osserveremo anche lo stile di Leadership di MM. C’è anche lui nel sistema e ne considereremo l’impatto. Che stile avrà? Il suo stile sarà sufficientemente flessibile? Ci guida la teoria di riferimento della leadership situazionale. Il vero leader è un leader flessibile che sa utilizzare stili differenti in funzione della situazione e del momento.
Una sfida per il Board… una duplice sfida per il CEO.
D’altra parte la consapevolezza è il primo passo per il cambiamento.

Bibliografia

  • Lewin, K. (2005). La teoria, la ricerca, l’intervento. Bologna: Il Mulino.
  • Carli, R., Paniccia, M.R. (2003). Analisi della domanda. Teoria ed intervento in psicologia clinica. Bologna: Il Mulino.

    Sonnenfeld, J.A. (2002). What makes great boards great. 

    Harvard Busines Review, 80(9), 106-113, 126.
  • Lencioni, P.M. (2002). The 5 dysfunction of a team. Jossey-Bass Inc Publishing.