Recensioni
Psychodynamic treatment of depression
Psychodynamic treatment of depression
Fredric N. Busch, Marie Rudden, Theodore Shapiro
Psychodynamic treatment of depression
The American Psychiatry Association Publishing, 2016, Second Edition, Pp. 236
$ 67.00 (Paperback)
Com’è noto, la depressione rappresenta una delle fonti più diffuse di malessere psicologico ed esistenziale, ed una delle sfide più complesse che ha di fronte il clinico, psicologo-psicoterapeuta o medico-psichiatra. Ma nel corso degli ultimi decenni vi sono stati notevoli progressi nel trattamento delle condizioni depressive, anche di quelle cosiddette “maggiori”, cioè più severe: da un lato la psicofarmacologia e, dall’altro, lo sviluppo delle psicoterapie, hanno permesso di considerare queste situazioni con un certo ottimismo. La triade costituita dalle psicoterapie dinamiche, cognitivo-comportamentali e interpersonali ha mostrato di possedere efficacia nella cura della depressione, ma questo libro scritto da tre eminenti psichiatri tratta, in specie, una sola forma di terapia, quella ritenuta fino a qualche tempo fa meno incisiva: la psicoterapia psicodinamica.
Leggendo il testo ci si rende ben conto che l’approccio psicodinamico emerge come una metodologia di interesse per numerosi motivi. Innanzi tutto riduce la possibilità di ricadute e, in linea generale, permette di lavorare delimitando la vulnerabilità del paziente – cosa che altre terapie non riescono a garantire –. Consente poi di lavorare ad un maggiore livello di profondità ed analiticità rispetto alla CBT – Cognitive-Bahavioral Therapy; da tale punto di vista è da notare che l’approccio cognitivo-comportamentale è stato (ed è ancora oggi) da molti ritenuto “la prima scelta” di terapia per una quantità di disturbi psichici, una convinzione che si è diffusa persino nei medici di base e che ha numerose cause, ma che oggi mostra sempre più spesso il suo limite. Infine, l’approccio dinamico consente di trattare anche i quadri caratterizzati da comorbilità che, come sa ogni buon clinico, costituiscono una parte rilevante della problematica del paziente.
Ma anche rispetto alla scelta tipicamente medica, cioè farmacologica, l’approccio psicodinamico e, in linea generale, psicoterapeutico, risulta emergere in una nuova luce. Infatti, le terapie farmacologiche antidepressive – come è stato notato di recente e da più parti – possono provocare una sorta di dipendenza dal farmaco che, a sua volta, porta il paziente a ricercare dosi più alte o altri farmaci più efficaci, in sostanza conducendo il soggetto a permanere nello stato disfunzionale. Si tratta dell’effetto cosiddetto “iatrogeno” dei farmaci che, unito all’assuefazione, può condurre a un effetto finale paradossale, cioè alla cronicizzazione dello stato (ansioso e/o depressivo), invece che alla sua risoluzione Tale osservazione sta notevolmente ridimensionando l’efficacia della psicofarmacologia nella depressione (e in altre situazioni psicopatologiche), pur non dovendo certamente trascurare il vantaggio che può avere il paziente, soprattutto nelle fasi acute, per lenire la sofferenza mentale e contenere le manifestazioni più pesanti della condizione morbosa.
Ciò che propongono Fredric Busch, Marie Rudden e Theodore Shapiro assume l’identità della Focused Psychodynamic Psychotherapy, un approccio che si base su illustri precedenti storici; infatti, nelle prime pagine del testo sono richiamati i classici contributi di Sigmund Freud e di Karl Abraham, e poi di molti altri – uno per tutti: Sándor Rado, “The Problem of Melancholia”. International Journal of Psychoanalysis, IX, 420-438, 1928 – fino a comporre le linee di sviluppo di ciò che si può denominare il modello evolutivo e dinamico della depressione considerato dall’angolo visuale della psicoanalisi. Così la prima parte del libro introduce il lettore al tema e propone una visione globale del processo terapeutico. La seconda parte, composta da otto capitoli, esamina passo dopo passo tutte le fasi della terapia, dalla costruzione dell’alleanza terapeutica fino alla conclusione del processo, affrontando questioni quali la gestione della vulnerabilità narcisistica del paziente, la severità del Super Io, i processi di idealizzazione e di svalutazione, e i meccanismi di difesa caratteristici dei soggetti depressi.
La terza ed ultima parte tratta di questioni speciali come il già citato problema della comorbilità – sul trattamento delle forme ossessive e compulsive e sulle condizioni similari, vedi il recente libro curato da Katharine A. Phillips, Dan J. Stein, Handbook on Obsessive-Compulsive and Related Disorders (American Psychiatric Publishing, 2015) – ma anche le reazioni negative alla terapia che possono verificarsi in determinate fasi del trattamento. L’analisi prosegue fino a considerare il problema-principe del paziente depresso, cioè il rischio di suicidio. L’ultimo dei quindici capitoli di cui si compone il testo inquadra la psicoterapia psicodinamica nel contesto di altri approcci terapeutici, farmacologici e psicologici.
Da sottolineare la ricchezza di esempi clinici che fanno da contrappunto a tutte le tematiche affrontate dai tre autori, che sono tutti medici psichiatri di formazione psicoanalitica. Fredric N. Busch, è Clinical Professor of Psychiatry presso il Weill Medical College della Cornell University, e ricopre altri incarichi in ambito psicoanalitico al Columbia University Center for Psychoanalytic Training and Research di New York. Marie Rudden, ha il titolo di Clinical Assistant Professor of Psychiatry presso il Weill Medical College della Cornell University, ed è analista di training e supervisore al Berkshire Psychoanalytic Institute. Theodore Shapiro, è professore emerito di Psychiatry in Pediatrics presso il Weill Medical College della Cornell University, e svolge le funzioni di analista di training e supervisore presso il prestigioso New York Psychoanalytic Institute.
Questo volume è da poco disponibile in traduzione italiana a cura dell’editore Raffaello Cortina.