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numero 88 - giugno 2021

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Psichiatria territoriale

Psichiatria territoriale

41IyYtFR5xL._SX352_BO1,204,203,200_.jpg Giuseppe Nicolò, Enrico Pompili (a cura di)
Psichiatria territoriale
Raffaello Cortina, 2021, pp. XXVIII+977
Euro 64,00

Con il sottotitolo Strumenti clinici e modelli organizzativi questo testo si pone come un punto di riferimento fondamentale per tutti coloro che operano nei servizi o che sono a contatto con le problematiche della salute mentale nei territori.
I quaranta capitoli del libro, a firma di ben novantun autori oltre ai due curatori, non deludono le aspettative, trattando in maniera approfondita e precisa ogni singolo argomento preso in esame e coprendo praticamente l’intera area che è racchiusa nei due temi dichiarati nel sottotitolo: la clinica e l’organizzazione dei servizi.
All’interno delle quasi mille pagine di questo lavoro si spazia da contenuti classici, come la diagnosi e il lavoro in team, a quelli emersi più di recente: un esempio di quest’ultimo settore è rappresentato dai tre capitoli conclusivi che pongono al lettore spunti di conoscenza e di riflessione sulla psichiatria computazionale, la e-psychiatry e l’utilizzo della realtà virtuale sia in ambito diagnostico che terapeutico. Da questo punto di vista si deve sottolineare l’attualità di un lavoro che tratta di psichiatria territoriale, da collocare nel contesto delle attuali discussioni sulla necessità di ridare spazio e vitalità – oltre che risorse, naturalmente – alla medicina del territorio e a tutti i presidii e gli interventi di prossimità, ampliando così la rete di prevenzione, sorveglianza e intervento, con l’indubbio vantaggio di portare anche la cultura della salute maggiormente a contatto con la popolazione.
È dunque un’ottima iniziativa aver elaborato questa nuova edizione di un testo che ha visto la luce nel 2012 (pubblicato dall’editore Pacini di Pisa). Testo impossibile da sintetizzare, suddiviso in cinque ampie parti e scandito da approfondimenti caratterizzati da una forte attenzione agli sviluppi recenti e contemporanei delle ricerche.
Sfogliando queste pagine ci si sofferma con maggiore interesse sul capitolo sesto in cui si ripercorre la storia dell’organizzazione dei servizi dal dopo-180 in poi, sottolineando che il manuale ha come focus “quello di implementare le pratiche cliniche orientate alla recovery, che devono essere necessariamente centrate sulla persona e che hanno come obiettivo migliorare la vita delle persone, non solo produrre miglioramento delle scale cliniche sintomatologiche” (p. 143). A tale riflessione credo utile associare quanto scritto nel capitolo diciotto circa un tema sempre attuale, cioè l’integrazione delle psicoterapie.
Dopo un passaggio sulla psicofarmacologia vista da diverse ottiche, ecco altri capitoli affascinanti sulla gestione dell’aggressività, la dual diagnosis, e sulla questione dell’esordio delle psicosi e sulla necessità di intervenire precocemente.
In diversi punti del libro si torna sulle pratiche psicosociali evidence based, come il Social Skill Training – SST, sugli interventi psicoeducativi e su quelli di sostegno per le famiglie (capitoli sedici e diciassette), mentre molto spazio è dato alle questioni organizzative relative, ad esempio, ai day hospital, ai SPDC e alle REMS. Contesti in cui si trattano varie forme di crisi e di psicopatologia – vedi i capitoli dedicati ai disturbi severi di personalità, ossessivo-compulsivi, da accumulo e all’ADHD – come la situazione del tentato suicidio di Emma, ragazza di venti anni (capitolo trentesimo) che offre un esempio paradigmatico di ricovero ospedaliero in urgenza e successivo invio in psichiatria.
Infine, la quinta ed ultima sezione del testo centra l’attenzione sul lavoro in team visto come “un sistema complesso adattativo che modifica il proprio comportamento in risposta ai cambiamenti dell’ambiente” (p. 859).
Ciò che può creare una sensazione di sconcerto è notare che vi sono diverse tematiche esposte in questa importante opera che sono trattate – con differenti livelli di specificità – dalla psicologia clinica e da diverse correnti di psicoterapia; ma queste tematiche non appaiono nelle pagine del libro, dando pertanto l’impressione che esistano (ancora oggi!) campi del sapere, della professione e dell’operatività che non si parlano tra loro. Ad esempio, la recovery personale (capitolo terzo) pone questioni molto vicine a quelle espresse dalle correnti di psicologia positiva e di psichiatria positiva.
Nella citazione delle fonti – ad esempio, quando si tratta della Legge 180 – emerge l’assenza di nomi importanti della psichiatria, ma non solo; fatta salva la nostra italiana tendenza all’autoreferenzialità, sembra che alcune assenze siano, davvero, fin troppo visibili. Ad esempio quella di Silvano Arieti (di cui, tra l’altro, ricorre quest’anno il quarantennale della sua prematura scomparsa), eminente psichiatra italo-americano che ha lavorato e pubblicato ampiamente sulle psicosi, in specie sulla schizofrenia, traendo le sue concettualizzazione soprattutto dall’esperienza clinica presso il Pilgrim State Hospital, a quei tempi il manicomio più grande degli USA.
Nonostante ciò – ma con l’auspicio di una migliore integrazione futura dei saperi in ambito Psy – l’opera curata da Giuseppe Nicolò e Enrico Pompili si delinea come un testo unico nel suo genere. Entrambi i curatori sono psichiatri, psicoterapeuti e docenti presso la scuola di specializzazione in psichiatria dell’Università La Sapienza di Roma. Giuseppe Nicolò, è direttore del dipartimento di Salute mentale e dipendenze patologiche della ASL Roma 5, ed Enrico Pompili è direttore dell’UOC Territoriale Colleferro Palestrina – ASL Roma 5.