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numero 6 - marzo 2013

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Percorsi di selezione: quale garanzia di qualità?

Percorsi di selezione: quale garanzia di qualità?

Selezionare significa scegliere, in base a criteri prefissati, tra più cose o persone. Partendo da questa definizione da “dizionario”, per effettuare una scelta su una popolazione, si possono utilizzare i criteri più disparati. Si può scegliere in base al titolo di studio, in base all’età, all’altezza, al sesso, al colore dei capelli, alla simpatia che le persone muovono…

Come è possibile quindi valutare la qualità di un percorso selettivo? Se selezioniamo i candidati sulla base del colore dei loro capelli ed otteniamo un gruppo omogeneo di persone tutte del colore inizialmente scelto, abbiamo attuato un percorso selettivo di qualità? Guardando al percorso in sé, la risposta è certamente sì. Abbiamo infatti scelto un criterio, abbiamo utilizzato le metodologie giuste per valutare i candidati (una bella occhiata in testa) e abbiamo ottenuto un risultato coerente con l’obiettivo iniziale.

Ma poi, a conti fatti, a cosa ci serve questa selezione? A poco o nulla a meno che i nostri protagonisti non si siano candidati per testare una nuova tinta per capelli espressamente creata per valorizzare il loro colore naturale.

Per valutare quindi la qualità di un percorso selettivo, non ci si può limitare a guardare al percorso in sé ma bisogna allargare, e molto, lo spettro di valutazione: da quello che viene prima a quello che succede dopo la selezione e attorno a questa.

Una parte complessa e strategica, purtroppo spesso sottovalutata, è la fase di analisi della necessità di inserimento di nuove risorse nell’organizzazione. Progettare un percorso selettivo che abbia ragionevoli probabilità di portare un valore aggiunto rispetto ad una scelta con criteri non centrati e quindi casuale, dipende molto dall’abilità e dalla competenza del selezionatore nel momento in cui deve capire l’esigenza dell’impresa, approfondire assieme a questa le reali necessità tenendo in considerazione molteplici aspetti che vanno dall’analisi dei processi di lavoro e del ruolo, al contesto di inserimento, clima, vision e mission aziendale, stile comunicativo interno ed esterno, storia dell’azienda, risultati di passati inserimenti, sistema di relazioni, obiettivi posti al ruolo, comportamenti attesi, ecc …

È una fase estremamente importante, complessa e a carattere multidisciplinare che necessita, per potersi sviluppare, della creazione di un rapporto fiduciario tra organizzazione e professionista.

Comunque, aver realizzato una fase di analisi accurata e completa, non è condizione sufficiente ad assicurare un percorso selettivo efficace e di qualità. Un secondo passaggio chiave infatti è quello della costruzione del profilo. Gli elementi emersi dalla precedente fase devono infatti tramutarsi in caratteristiche da ricercare. Questo passaggio è estremamente delicato perché accosta ad una necessità di analisi degli elementi emersi uno ad uno, la necessità di avere chiara anche la cornice generale, una sorta di insieme degli elementi diverso dalla loro somma, che colora e qualifica il profilo definendolo in modo irripetibile per ogni posizione ed ogni contesto. La professionalità del selezionatore, il livello della sua preparazione ed esperienza diventano in questa fase particolarmente strategici perché da una condizione organizzativa precedentemente analizzata si deve passare a determinare le caratteristiche personali e professionali da rilevare attraverso il percorso selettivo, tenendo presente il quadro generale determinato da tutti gli elementi considerati assieme. Un esempio per rendere l’idea: “… la risorsa dovrà amministrare documentazione complessa e strategica afferente a commesse di notevole entità economica in un contesto aziendale di medie dimensioni, poco strutturato, dove risulta complesso definire chiaramente i flussi di lavoro e le competenze di ciascuno, realizzando al contempo per la prima volta un nuovo sistema formalizzato di gestione della suddetta documentazione che semplifichi il passaggio di infomazioni all’interno dell’azienda a con gli enti esterni preposti ai controlli …”.

Il passaggio ora è: stante queste informazioni, per questa parte di definizione del ruolo e degli obiettivi attesi, individuare le caratteristiche personali e professionali favorenti il successo professionale. In questo caso, è ipotizzabile che sia prioritario valutare la capacità auto-organizzarsi e mettere ordine andando a ricercare le informazioni in maniera attiva e la flessibilità e apertura mentale per costruire processi che non siano ad appannaggio di pochi o troppo complessi ma adeguati al contesto ed efficenti. Un plus potrebbe essere la capacità di convincere e coinvolgere. Ciò affinche le persone interessate dal cambiamento, soprattutto se hanno seniority importante all’interno dell’azienda, lo facciano proprio.

Ma tutto questo potrebbe anche non essere corretto se altri elementi di analisi portassero ad altre considerazioni, ad esempio nel caso in cui l’azienda sia stata da poco acquisita da un gruppo multinazionale che vuole operare una decisa rottura con i sistemi gestionali del passato e introdurre una figura in grado di fare propri velocemente i principi della casa madre.

Anche aver realizzato una fase di costruzione del profilo accurata e completa, potrebbe non essere condizione sufficiente ad assicurare un percorso selettivo efficace e di qualità. Il terzo passaggio chiave è la determinazione di come rilevare le caratteristiche chiave del profilo. Come valuto la capacità organizzativa? Che tipo? A quale livello? Con quali strumenti? Quali comportamenti rilevati (perché è questo che possiamo rilevare, non la capacità o competenza in sé) sono realmente correlati alla capacità organizzativa? Come dare senso a indizi non lineari in merito a questa capacità? Utilizzare più strumenti in grado di rilevare la medesima competenza significa avere la possibilità di raccogliere più informazioni e diminuire le probabilità di aver rilevato un comportamento non abituale e di averlo preso a modello. Per questo risultano importanti anche strumenti di analisi come i test attitudinali o di personalità, che però devono essere validati dalla comunità scientifica di riferimento e vanno conosciuti e utilizzati a supporto e non in sostituzione dell’attività selettiva del professionista.

Una volta creato il progetto di selezione, individuati gli strumenti e posta attenzione agli elementi chiave, entra in gioco un’altra competenza fondamentale del selezionatore che ha a che fare con la relazione con l’altro: la conduzione del colloquio. La modalità di gestione del o dei colloqui influisce in maniera determinante sulla qualità del processo selettivo. Il colloquio resta un incontro irripetibile di due personalità ed è quindi anche una questione di stile personale, di attitudine e approccio soggettivi ma percorsi formativi relativi alle corrette tecniche di conduzione di questa particolare tipologia di colloquio sono imprescindibili per garantire qualità del processo di scelta.

Aver condotto tutto il percorso selettivo fin qui indicato in qualità, è condizione necessaria ma non sufficiente perché il risultato finale sia positivo. Affinchè il percorso sia percepito come qualitativo anche dall’impresa e dagli stessi candidati, infatti occorre che il rapporto di consulenza sia basato sulla trasparenza. I candidati devono essere informati delle caratteristiche della posizione e del contesto lavorativo, aggiornati in merito al percorso selettivo al quale decidono di partecipare e devono essere garantiti loro una gestione corretta della privacy e riscontro in merito all’esito del percorso svolto. Il percorso selettivo, quando ben gestito al di là del risultato positivo o meno, è percepito come un momento di incontro di professionalità, dove un consulente esperto, formato e attento mette in campo impegno e competenze per cercare di comprendere l’altro nell’ottica di offrire un’opportunità solo quando ritiene che questa lo sia veramente per entrambe le parti in gioco.

Allo stesso modo, l’organizzazione deve percepire che il percorso selettivo, che è anche la prima impressione che il candidato si fa dell’azienda, è condotto con serietà e nel rispetto dell’immagine pubblica, con attenzione alla correttezza delle informazioni veicolate. Un’attività consulenziale percepita come qualificata e professionale è la base affinchè l’organizzazione possa riporre fiducia nei criteri selettivi e nella correttezza e completezza delle informazioni fornite sui candidati, senza che si ingenerino aspettative irrealistiche o brusche virate verso modalità selettive basate sul “colore dei capelli”.