Osservatorio Orientamento
L’Orientamento al Futuro
L’Orientamento al Futuro
Si è tenuto a Milano dal 21 al 23 Febbraio 2013, presso le sedi dell’Università Cattolica, il XIII Congresso della Società Italiana per l’Orientamento - SIO “Orientamento alla Scelta: Ricerche, Formazione, Applicazioni”. Il convegno è risultato essere un momento di incontro importante per tutti coloro che operano nel settore dell’orientamento, sia in campo accademico che professionale, e che, a causa della crisi economica che ormai da molto tempo il Paese attraversa e i mutamenti del mercato del lavoro che ne sono conseguiti, si trovano essi stessi ad avere difficoltà a continuare a lavorare in un settore in cui gli attori principali sono spesso giovani, adulti e lavoratori privi di speranze verso il futuro e talvolta privi di vere opportunità di scelta. Come ha affermato il Prof. Sangiorgi in fase di apertura dei lavori, “…Lo stesso futuro di cui si dovrebbe occupare l’orientamento – career guidance, life design – appare talvolta come un destino cui adattarsi piuttosto che come un progetto da costruire”.
Durante la sessione plenaria della prima giornata conferenziale, il Prof. Soresi ha sottolineato come dal 2009 in poi, nei paesi occidentali, almeno, le discipline e le professionalità che si occupano di futuro (l’orientamento e l’educazione in primo luogo) non possono più procedere come se il futuro fosse ancora anticipabile, prevedibile e ricco di possibilità e promesse. Riducendosi le possibilità di scelta e diminuendo drasticamente le possibilità di anticipare il futuro anche i modelli e gli strumenti di orientamento che sono stati messi a punto prima di quella data risultano oggi molto meno adeguati ed efficaci. Per svolgere oggi il proprio ruolo di servizio alla persona e, indirettamente, alla comunità, chi si occupa di orientamento deve ricercare nuove strade, riflettere sulle proprie metodologie di intervento, elaborare nuove strategie di approccio con i decisori istituzionali. Deve soprattutto aggiornare e garantire costantemente le proprie competenze professionali, ponendosi in grado di affrontare situazioni difficili e caratterizzate da crescente incertezza. Ma occorre anche che chi si occupa di orientamento, assuma una decisa ed esplicita responsabilità politica e, se occorre, istituzionale, in grado agire anche sui contesti, consapevole che questo intervento rappresenta contemporaneamente una sfida professionale ed un impegno sociale a favore dei soggetti realmente più deboli.
La presentazione del Prof. Soresi ha offerto spunti di discussione e pensieri intriganti a proposito di due interrogativi principali:
- L’orientamento di oggi e del futuro, potranno ancora limitarsi a ricorrere ai tradizionali costrutti per analisi delle differenze delle persone interessate alla scelta e alla progettazione professionale, o per la precisazione delle caratteristiche e delle aspettative del mercato del lavoro? I nostri strumenti posseggono ancora requisiti soddisfacenti di validità “esterna” o ecologica? L’orientamento può ancora avere una rilevanza sociale?
- Se per uscire dalla crisi e continuare ad essere rilevante l’orientamento non potrà più essere quello di una volta… quali criteri e strumenti utilizzare per valutarne l’efficacia e la rilevanza sociale?
Durante le varie sessioni si è cercato di rispondere a questi interrogativi anche grazie ai diversi contributi che sono pervenuti e che hanno sottolineato le competenze che devono possedere gli orientatori del futuro e il ruolo di alcune variabili care al Life Designing, quali adaptability, speranza, ottimismo, resilienza e prospettiva temporale. Sembra infatti emergere che coloro che possiedono tali capacità appaiono maggiormente in grado di rispondere a molte delle sfide che ogni individuo si trova oggi ad affrontare a proposito della propria costruzione professionale (Ferrari, Nota, & Soresi, 2012).
In considerazione della centralità di tali costrutti, nel pomeriggio dello stesso giorno, si è tenuta una sessione parallela totalmente incentrata sui temi dell’orientamento al futuro e del Life Design organizzata dai membri del Laboratorio LaR.I.O.S. (Laboratorio di Ricerca e Intervento per l’Orientamento scolastico e Professionale, Università degli Studi di Padova).
La sessione pomeridiana si è aperta con il contributo “L’orientamento al futuro e career education: nuovi costrutti e nuovi strumenti” della Prof.ssa Nota, impossibilitata a partecipare al convegno, e dunque presentato dal Prof. Soresi. In tale contributo si è sottolineato come per molto tempo gli esperti di Vocational Designing e di Career Counseling hanno pensato che sia gli individui che i contesti fossero abbastanza stabili e che nei paesi più ricchi, almeno, esistessero per tutti ampie possibilità di scelta. Le relazioni lineari che si sono utilizzate in passato per avanzare le previsioni a proposito delle evoluzioni dei sistemi lavorativi e formativi e delle loro possibili relazioni non aiutano ad anticipare il futuro e si sono già dimostrate superficiali e inesatte (Savickas, Nota, et al., 2009). Nella presentazione si è sottolineato il bisogno di capacità, credenze, atteggiamenti, adeguati alla situazione che stiamo sperimentando, e quindi di ripensare alle attività di vocational guidance, di career education e di career counseling. Questa distinzione in tre categorie degli interventi di orientamento viene suggerita di recente nell’ambito dell’approccio Life Design, da Savickas (2011) e anche dal Network Nice (2012). In particolare la Prof.ssa Nota si è focalizzata sulla Career Education, che deve favorire lo sviluppo di credenze, atteggiamenti e competenze che possono rendere le persone “pronte” a far fronte a situazioni di incertezza e insicurezza. La Career Education, che ricalca le concezioni “italiane” dell’orientamento formativo da realizzare lungo tutto l’arco della vita, permette l’ancoraggio alle tematiche dell’educazione e la possibilità di prevedere interventi anche precoci e preventivi di orientamento (Nota & Soresi, 2010). Essa si basa sul convincimento che, tramite adeguati percorsi di tipo curriculare, sia possibile stimolare l’incremento delle abilità associate alla scelta e alla progettazione professionale. La career education si occupa di persone che si trovano a sperimentare e a vivere il presente per cui diventa sempre più importante fare in modo che esse siano in grado di proiettarsi nel futuro, “anticipando” ciò che potrebbe accadere, e di dare valore a risultati e vantaggi futuri che in là nel tempo si possono, a determinate condizioni, ottenere. La career education cerca anche di dare spazio a queste condizioni, che sostanzialmente riguardano il pensare con ottimismo e speranza al proprio futuro, basandosi su idee di resilienza e persistenza, su una visione “creativa” e allo stesso tempo solidale della realtà (Nota, Soresi, Ferrari & Ginevra, in press).
L’intervento successivo, a cura della Prof.ssa Sgaramella, si è incentrato sul ruolo dell’orientamento al futuro nei casi difficili che, come mette in evidenzia la letteratura possono essere caratterizzati per:
- il coinvolgimento e la fiducia rispetto alla possibilità di realizzare gli obiettivi futuri (Neter, Litvak & Miller, 2009; Sgaramella, Carrieri, 2012);
- gli ambiti e la varietà degli obiettivi futuri: gli obiettivi spesso si limitano all’ambito familiare e alla possibilità di avere un lavoro (Sgaramella, 2011; Sivaraman & Wade, 2003);
- una finestra temporale futura limitata: gli obiettivi futuri spesso riguardano scadenze a breve termine (Sgaramella, 2011).
I meccanismi alla base di questi profili sono diversi in rapporto alle specifiche situazioni di difficoltà. Nel caso della disabilità un ruolo significativo è svolto dalla durata dell’esperienza e da un andamento temporale incerto e cronico. Nel disagio psicosociale, per esempio nelle dipendenze e in alcuni disturbi psicopatologici, sono determinanti le difficoltà nel procrastinare il guadagno, nell’anticipare le conseguenze future delle azioni attuali o, infine, le modalità decisionali non adattive che portano a scegliere alternative rischiose e meno sicure, a reiterare comportamenti non desiderabili e disadattavi e a procrastinare le decisioni (Bechara, Dolan & Hindes, 2002). Per l’orientatore che opera con persone in situazioni di difficoltà emergono specifiche linee di intervento, teoricamente fondate, che possono focalizzarsi sulle credenze o sugli atteggiamenti verso il futuro (Soresi, et al., in stampa), sulla profondità della prospettiva temporale (Bluedorn, 2002) o su contenuti e strategie per ampliare le opportunità (Cate & John, 2007).
La Dott.ssa Carrieri ha portato avanti la sessione sui casi difficili di orientamento, focalizzandosi sui giovani ed adulti con diagnosi di sclerosi multipla, che, pur avendo le possibilità di mantenere un’attività lavorativa, abbandonano il lavoro (Bruzzone et al., 2006). Dalle analisi quantitative e qualitative effettuate in alcuni studi recenti emergono alcuni fattori che sembrano influire significativamente sul futuro professionale di queste persone: peculiarità cliniche (gravità della disabilità e andamento) e demografiche (scolarità), caratteristiche ambientali (accessibilità, utilizzo di ausili); presenza di barriere di tipo fisico, cognitivo, sociale o associate agli specifici compiti dell’attività lavorativa svolta (Carrieri, 2011; Carrieri et al. in press; Pompeii et al., 2005; Roessler & Rumrill, 2004; Uccelli et al., 2009). Una lettura in prospettiva positiva dei risultati di questi studi e dei dati provenienti da uno studio recente (Carrieri, 2011) permettono di individuare nella consapevolezza dei cambiamenti, nelle abilità esecutive e di problem solving, fattori di protezione significativi rispetto al futuro professionale. Dall’analisi derivano importanti implicazioni rispetto ai contenuti dell’assessment nell’orientamento al futuro di persone con disabilità cronico progressiva, ma anche suggerimenti per i contenuti degli interventi preventivi. Percorsi finalizzati allo sviluppo di alcune abilità personali e alla modificazione adattiva degli ambienti lavorativi possono, infatti, prevenire l’abbandono del mondo del lavoro e orientare più positivamente gli obiettivi futuri relativi allo sviluppo professionale.
La Dott.ssa Ginevra ha proseguito i lavori spostando il tema su altre situazioni difficili a cui l’orientamento del futuro è chiamato a far fronte, ossia la popolazione dei disoccupati.
La Dott.ssa Ginevra ha esaminato l’adaptability, la prospettiva temporale, la speranza e l’ottimismo di un gruppo di 53 giovani disoccupati, che si sono rivolti ad un’agenzia per il lavoro. Nello specifico, da una prospettiva qualitativa, si è proceduto ad esaminare le risposte concernenti la percezione del futuro dei partecipanti; da una prospettiva quantitativa, si è riscontarto che i giovani che si caratterizzano per una elevata adaptability sono più orientati al futuro, tendono ad essere più dettagliati nella descrizione del loro futuro, e presentano maggiori livelli di speranza e ottimismo.
La Dott.ssa Santilli, ha poi presentato un contributo sulla ricerca attiva del lavoro, processo attraverso il quale le persone cercano di trovare una nuova occupazione, attività che attualmente viene messa in atto da una percentuale sempre maggiore di persone, a causa della recente crisi economica che ha determinato il più alto tasso di disoccupazione dalla Grande Depressione del 1930 a oggi (Chen e Lim, 2012). Il contributo ha cercato di mettere in evidenza i nuovi approcci teorici presenti nella letteratura in tale ambito, i meccanismi motivazionali e i processi cognitivi coinvolti nella ricerca di un lavoro. Sono state inoltre proposte alcune indicazioni rivolte ai professionisti del career counseling utili a supportare i propri clienti nella ricerca di un lavoro soddisfacente, puntando l’attenzione in modo particolare sulla qualità dell’inserimento nel mondo del lavoro e al benessere del lavoratore.
Gli ultimi interventi della Dott.ssa Ferrari e del Prof. Soresi si sono incentrati sui percorsi formativi e sulle competenze che i counselor del futuro dovrebbero intraprendere e possedere.
Per quanto concerne la formazione, un punto di criticità che sembra emergere nel dibattito della letteratura internazionale sembra essere l’incapacità della formazione di rendere evidente i legami tra gli aspetti teorici e gli aspetti più pratico-applicativi compresi i risultati dei trattamenti. Si dovrebbe puntare a migliorare la conoscenza dei modelli e dei processi di cambiamento e il valore dell’automonitoraggio, fornire dei quadri di riferimento organizzativi che permettano una sistematizzazione delle microskill acquisite e utilizzate, integrare gli aspetti multiculturali nell’insegnamento delle abilità di counseling, prestare attenzione anche agli aspetti cognitivi ed emozionali del professionista, enfatizzare maggiormente l’impatto che i comportamenti e le microskill del counselor fanno registrare nel cliente determinandone il cambiamento. Facendo riferimento al modello proposto da Ridley, Mollen e Kelly (2011) nel corso dell’intervento della Dott.ssa Ferrari sono state presentate una serie di considerazioni a proposito del miglioramento della formazione dei counselor.
Per quanto concerne le competenze, sembra emergere dal recente dibattito internazionale che in futuro avranno spazi e possibilità lavorative soprattutto quei professionisti della scelta e della progettazione professionale che: 1) sapranno allearsi ed interagire con altri professionisti, come, ad esempio, quelli interessati allo sviluppo del cosiddetto lavoro decente (decent work, meaningful work), con coloro che si occupano di sviluppo sostenibile, di una società decente, di economia decente, di teorie e pratiche decenti... che hanno a cuore la dignità delle persone, le relazioni umane, la reciprocità, la partecipazione sociale, ecc.; 2) considerano prioritario agire in aiuto delle persone a rischio di espulsione dal mondo della formazione o a rischio di esclusione dal mondo del lavoro (i disoccupati, i sottoccupati e i precari, ad esempio) affinché vengano garantite effettive possibilità di inclusione e partecipazione; 3) sapranno presentarsi come professionisti del cambiamento, del benessere e della qualità della vita, della prevenzione primaria nei confronti delle tematiche dell’emarginazione e del rischio di esclusione dal mondo della formazione e del lavoro proponendo interventi efficaci e a basso costo (Rivera-Mosquera et al., 2007); 4) sapranno proporre letture ed analisi, a livello di ricerca e di intervento, di tipo ambientalista e contestualista, attribuendo molta importanza agli ambienti di vita e di provenienza delle persone, ai loro valori e ai loro paradigmi culturali di riferimento (Hage et al., 2007; Reese, 2007; Reese, Vera e Caldwell, 2006); 5) enfatizzeranno interventi per grandi gruppi di destinatari.
Sulla base di queste considerazioni nel corso dell’intervento del Prof Soresi si è fatto riferimento al portfolio di valutazione e certificazione delle competenze che si sta sperimentando presso il Laboratorio La.R.I.O.S dell’Università di Padova.
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