Tema del mese
Lo psicologo in emergenza
Lo psicologo in emergenza
Sul versante prettamente psicologico, “un contesto di emergenza è una situazione interattiva caratterizzata dalla presenza di una minaccia, da una richiesta di attivazione rapida e di rapide decisioni, dalla percezione di una sproporzione improvvisa tra bisogno (cresciuto per intensità, ampiezza, numerosità e ritmo) e potenziale di risposta attivata dalle risorse immediatamente disponibili, da un clima emotivo congruente (…). L’agire in modo competente in tali situazioni significa conoscere ed attivare gli script più opportuni per facilitare i comportamenti ed i processi psicologici, propri e altrui, per superare l’emergenza stessa. (…) L’emergenza può dunque essere considerata un’intensa esperienza esistenziale che scaturisce dall’incontro tra un evento inatteso e drammatico e persone che cercano di fronteggiarlo. Per questo è necessario includere, tra le risorse umane impegnate nello sviluppo di piani e di interventi di protezione e soccorso, specifiche attenzioni e competenze psicologiche” (Sbattella, 2009).
Come evidenziato dalla Legge 225 del 24/2/1992 lo psicologo che si trova ad operare nei contesti di emergenza ha il compito di intervenire nei momenti più caldi del soccorso, operare interventi specifici che possono essere necessari in ogni fase di gestione dell’emergenza, ma anche offrire un contributo alla diffusione e al rinforzo delle competenze psicologiche di base, tanto in una fase preventiva quanto nella normalizzazione conseguente ad un disastro, catastrofe/maxiemergenza”.
L’intervento sul campo è strutturato in 3 fasi:
- Assistenza immediata (dal momento dell’evento fino a 30 giorni);
- Assistenza estesa (dai 30 giorni ai 3 mesi dopo l’evento critico);
- Assistenza continuata (comincia dopo tre mesi dall’evento critico).
Ambiti di intervento
L’attività dello psicologo può delinearsi in vari scenari emergenziali come:
- Emergenze quotidiane:
- salute (ad es. comunicazione della diagnosi grave, trapianti d’organo)
- strada (ad es. incidenti stradali)
- lavoro (ad es. incidenti sul lavoro, percezione del pericolo, ritorno al lavoro)
- eventi di massa (ad es. prevenzione situazioni di panico collettivo, immigrazione, richiedenti asilo);
- Incidenti semplici;
- Incidenti complessi;
- Catastrofi/maxiemergenze.
Normativa
Per quanto riguarda la definizione del ruolo dello psicologo (e dei relativi ambiti d’intervento), nella normativa in Italia si parla per la prima volta di “attività di assistenza psicologica” in caso di catastrofi nella Direttiva del Consiglio dei Ministri del 13 febbraio 2001, Dipartimento di Protezione Civile (punto 1.7. del Decreto, “Adozione di criteri di massima per l’organizzazione dei soccorsi sanitari nelle catastrofi”, in G.U. n. 81, 6/04/2001).
Segue nel 2006 la direttiva “Criteri di massima sugli interventi psicosociali da attuare nelle catastrofi” (G.U. n. 200 del 29/08/2006). La direttiva prevede la costituzione di una “Équipe Psicosociale per l’Emergenza” (E.P.E.), che con il suo inquadramento “all’interno dell’organizzazione sanitaria delle maxi-emergenze” opererà in prossimità del Posto Medico Avanzato (P.M.A.). Tra gli interventi professionali da attuare, si parla per la prima volta di “triage psicologico” e si sottolinea l’importanza di iniziative di prevenzione e formazione della popolazione. Nel documento normativo, oltre ai sopravvissuti, vengono anche individuati come destinatari dell’intervento psicologico “i testimoni diretti di fatti gravemente lesivi che hanno minacciato o compromesso la sopravvivenza di un essere umano; i familiari delle vittime, per quanto lontani da un diretto coinvolgimento; i soccorritori, volontari e professionisti, che a qualsiasi titolo abbiano prestato aiuto alle vittime e ai sopravvissuti. Oltre che i singoli individui, destinatari di intervento possono essere interi gruppi sociali quali famiglie, squadre di soccorso, team operativi e altri gruppi”.
Setting
Le condizioni che caratterizzano l’attività in cui opera lo psicologo non sono quelle di un normale setting poiché si tratta di lavorare in luoghi spesso affollati e caotici, con poco tempo a disposizione e con molte persone su cui intervenire. Uno scenario caratterizzato da imprevedibilità, pericolo, precarietà, drammaticità e urgenza. L’interesse è focalizzato a supportare e proporre tecniche per fronteggiare una situazione altamente stressante, piuttosto che interessarsi alle motivazioni sottostanti al disturbo.
Possibili finalità del lavoro dello psicologo in questi contesti sono volte ad arginare il cristallizzarsi di reazioni emotive tali da non degenerare nel Disturbo Post-Traumatico da Stress.
Concludendo
Il lavoro dello psicologo in contesti di emergenza non si esaurisce solo al verificarsi di una calamità, ma si occupa sempre più dell’ambito di prevenzione alla cittadinanza e di formazione e informazione alle diverse figure che operano durante l’evento che la psicologia dell’emergenza indica come segue:
- vittime di 1° tipo (da traumatizzazione diretta);
- vittime di 2° tipo (da traumatizzazione indiretta);
- vittime di 3°tipo (forze dell’ordine, volontari, personale sanitario);
- vittime di 4°tipo (membri della comunità, es. vicini di casa);
- vittime di 5°tipo (curiosi ed astanti);
- vittime di 6°tipo (persone toccate lontanamente dall’evento, es. persone che per un caso fortuito non erano presenti al momento del disastro).
Nell’ambito della Psicologia delle Emergenze lo psicologo riveste un’attenzione particolare nella formazione, nell’addestramento e nella supervisione della sensibilità umana (intelligenza emotiva), delle strategie per fronteggiare le diverse situazioni di pericolo (abilità di coping) e delle risorse motivazionali degli operatori volontari e dei professionisti non psicologi.