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numero 27 - maggio 2015

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Lo psicologo in azienda: qualità, impatto economico e valorizzazione dei risultati

Lo psicologo in azienda: qualità, impatto economico e valorizzazione dei risultati

Mai come adesso le risorse umane sono sempre più considerate un costo. L’inversione di tendenza sta proprio nel cambiare la visione: non solo come costo ma come opportunità di investimento. Convincere l’imprenditore che se per l’acquisto anche solo di un’automobile aziendale valuta sia la convenienza economica che le migliori prestazioni, che la stessa considerazione va riservata anche al suo personale.
È indiscutibile che il capitale umano oltre ad essere un valore intangibile produce valore, e tanto più risponde alle skill aziendali tanto più si concretizza in prestazioni e risultati.
È necessario capire quanto l’imprenditore possa essere disponibile ad affidarsi allo psicologo per essere accompagnato durante tutto il percorso valutativo e selettivo, quindi mettere organizzativamente insieme due persone che parlano linguaggi differenti. Forse “l’errore di valutazione” sta proprio nel pensare questo, perché anche se con dinamiche diverse, più “testa” per lo psicologo e più “pancia” per l’imprenditore, l’impatto sull’economia aziendale della scelta delle risorse umane è importante per entrambe le parti.
A questo punto è compito dello psicologo accompagnare e sostenere “l’azienda” durante tutto il percorso selettivo, condividendone metodi, tempi e finalità.

Tutto questo non può che partire da una completa analisi del fabbisogno e dell’organizzazione, soffermandosi poi sulla costruzione del profilo della posizione, allo stesso modo in cui nelle concessionarie si aggiungono e tolgono i vari optional con un’attenzione quasi maniacale. Questo ci può permettere di raccogliere appieno i desiderata del nostro committente, quindi di essere molto precisi nell’implementazione di quello che normalmente viene vissuto come la parte principale del nostro lavoro: la valutazione del potenziale.

Ormai da decenni utilizziamo strumenti a supporto delle nostre valutazioni. Dobbiamo sempre tenere a mente che la loro forza dipende esclusivamente da quanto siamo accurati nelle fasi precedenti. La validità soprattutto predittiva delle nostre valutazioni si incardina fortemente con l’esplicitazione dei bisogni del committente.
Fondamentale per permetterci di ridurre il più possibile il margine di errore o, usando altri termini, per valorizzare al meglio il bisogno del cliente, è quello di avere la possibilità di supportare le nostre valutazioni con metodi e strumenti, come le varie forme di intervista, le prove di gruppo, gli in-basket e non da ultima la testistica. Tecniche che richiedono preparazione e tempo.  

Parlando degli strumenti psicodiagnostici, torniamo al punto nodale della trattazione. Risulta di primaria importanza per sostenerne l’utilizzo, proprio dal punto di vista della sostenibilità economica del nostro intervento, esplicitarne in modo chiaro e semplice gli elementi di aggancio col profilo, sia per quanto riguarda la parte attitudinale, sia quella fondamentale delle caratteristiche di personalità.
Spesso capita di trovarsi in questa fase in una situazione quasi magica, si viene percepiti come degli “strizzacervelli” che, con dei metodi e strumenti a volte astrusi, somministrano strane pozioni agli ignari destinatari. Ciò viene grandemente amplificato nei processi di valutazione del personale interno, come le promozioni ed i percorsi di crescita, nei quali le persone stranite poi trasferiscono nell’organizzazione tali sensazioni.
Fondamentale quindi anche in questa fase condividere, raccontare e spiegare al committente il perché si sono scelte certe procedure e determinati strumenti, e che cosa con essi si vuole indagare. Infine con chiarezza e trasparenza renderne edotti anche i partecipanti.

La chiusura del nostro lavoro deve essere coerente da un lato con quanto fatto, dall’altro con il linguaggio e le caratteristiche del contesto organizzativo. Le risultanze devono essere subito leggibili, e al più presto assimilate.
Dobbiamo “consegnare” quindi il nostro prodotto nel modo migliore, sia per i contenuti sia per la forma, e soprattutto, riportarlo all’interno del flusso di vita organizzativo, esaltandone le possibilità di eventuali sviluppi, con interventi come, solo per citarne alcuni, le politiche meritocratiche, la valutazione delle prestazioni, la formazione, i percorsi di crescita o, per rimanere su temi attuali, il coaching o la mobilità. Senza dimenticarci, inoltre, degli ambiti dei quali ci occupiamo meno, e dovremo invece interessarci molto di più come, ad esempio, le politiche retributive e le pesature delle posizioni organizzative.

Per concludere, tutto questo permette un processo di valorizzazione del nostro lavoro, che mette in risalto lo stretto legame della profondità di indagine, delle competenze e dei metodi con gli obiettivi finali del committente che, finalmente, può percepire in modo semplice e chiaro il valore aggiunto del nostro intervento all’interno della sua organizzazione.