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numero 70 - settembre 2019

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Esperienze

L’inclusione scolastica della disabilità e il contributo di un servizio territoriale di salute mentale per l'infanzia e l'adolescenza

L’inclusione scolastica della disabilità e il contributo di un servizio territoriale di salute mentale per l'infanzia e l'adolescenza

A distanza di oltre un quarto di secolo dall'emanazione della L.104/92 e alla vigilia dell'applicazione del D.L. 13-4-2017 n.66 (“Norme per la promozione dell'inclusione scolastica degli studenti con disabilità”), i fattori che condizionano la piena realizzazione di una reale e piena inclusione dei minori con disabilità nelle scuole italiane sono ancora molti. Alcuni, anzi, risultano oggi più significativi e determinanti di quanto non fossero uno o due decenni orsono: la riduzione delle possibilità di spesa per la fase economica contingente; l'aumento esponenziale delle attestazioni di handicap e quindi il restringimento progressivo delle risorse disponibili; gli ostacoli incontrati dalla scuola per migliorare la formazione specifica del corpo docente; il sovrapporsi continuo di norme che vanno nella direzione contraria alla semplificazione burocratica; la difficoltà dei servizi sanitari a reggere il passo della crescita continua della domanda e del relativo debito istituzionale, comprensivo della collaborazione con la scuola.
Il D.L. 66/2017, introducendo la verifica della qualità dell'inclusione come parte integrante del procedimento di valutazione delle istituzioni scolastiche e probabilmente modificando il delicato meccanismo di controlli reciproci, ormai più che rodato in alcune regioni italiane, tra scuola, servizi sanitari e famiglie (cancellazione degli incontri periodici? esclusione della famiglia dalla stesura definitiva del PEI? assegnazione delle ore di sostegno a discrezione della scuola e non più legata al livello di gravità come sancito dalla commissione medico-legale?), modifica la composizione della commissione medica deputata all'accertamento della disabilità (integrandola con la presenza di “due medici specialisti, scelti fra quelli in pediatria, in neuropsichiatria infantile o nella specializzazione inerente la condizione di salute del soggetto”) e ridefinisce composizione e funzioni dell'”unità di valutazione multidisciplinare”, dedicata, con l'inserimento di un Neuropsichiatra Infantile, alla redazione del “Profilo di Funzionamento” (sostitutivo di Diagnosi Funzionale e Profilo Dinamico-Funzionale), propedeutico alla predisposizione del Progetto Individuale (Ente locale) e del PEI e descrittivo delle competenze professionali e della tipologia “delle misure di sostegno e delle risorse strutturali necessarie per l'inclusione scolastica”. Compiti ancora poco chiari ma potenzialmente di grande impegno per una figura professionale, quella del Neuropsichiatra Infantile territoriale, già numericamente sottodimensionata e gravata da troppi incarichi clinici e burocratici all'interno di servizi che, laddove esistenti, hanno visto i loro accessi crescere in modo progressivo negli anni, arrivando a raggiungere prevalenze di contatto anche superiori all'8-9% della popolazione in età evolutiva.

Criticità nelle politiche di sostegno

La stessa Corte dei Conti ha segnalato, con una sua recentissima relazione (Delib. n.13/2018), una serie impressionante di criticità dell'attuale meccanismo delle politiche scolastiche di sostegno. In particolare, la Corte ha messo in risalto: l'aumento inesorabile dei numeri sia degli insegnanti di sostegno, passati da 110.216 unità nel 2014 a 154.432 del 2017 (un terzo in deroga, con una spesa attuale di 33.000 euro l'anno per docente), sia delle attestazioni di handicap, salite a 254.366 nel 2016, con la percentuale di alunni disabili rispetto alla popolazione scolastica transitata dal 2,3 dell'anno scolastico 2011-2012 al 2,9 del 2016-2017 (>26% in 5 anni); la disomogeneità di tali percentuali tra aree geografiche diverse e tra differenti ordini di scuola; un legame tra disabilità e accertamento medico-legale non in linea con quanto espresso dalla Convenzione ONU, continuando la certificazione del deficit ad essere un'attestazione di natura medica e “non scolastica”; l'alta percentuale di famiglie (ca 8,5%) di alunni di scuola primaria che presenta ricorso al tribunale civile o amministrativo per vedersi riconosciuto un maggior numero di ore di sostegno; l'inadeguatezza dei finanziamenti per la realizzazione dei progetti di inclusione, la personalizzazione degli apprendimenti e l'organizzazione dei corsi di alfabetizzazione, nonché in generale per la formazione sulla didattica inclusiva; la disponibilità “non sempre sufficiente” delle risorse tecnologiche e del materiale per la programmazione personalizzata; l'accelerata mobilità del personale docente; l'esaurimento delle graduatorie del personale docente di sostegno e il ricorso sempre più frequente ad insegnanti privi di formazione specifica; la non adeguata utilizzazione e la mancata qualificazione professionale del personale di supporto ATA (collaboratori scolastici e amministrativi) e degli assistenti per l'autonomia e la comunicazione; infine, “l'insuccesso della coesistenza, sul terreno dell'integrazione, di scuola, enti locali e servizi sanitari”, che avrebbe mostrato “la farraginosità dell'impianto, la genericità delle intese e un'estrema frammentarietà degli interventi”.
Quest'ultima osservazione, in particolare, non sembra corrispondere al vero laddove i servizi territoriali di Neuropsichiatria Infantile (con tutte le diverse denominazioni che li caratterizzano: Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile; Unità Funzionale Salute Mentale Infanzia e Adolescenza; Struttura Complessa di Neuropsichiatria Infantile; Servizio di Neuropsichiatria Infantile, Psicologia e Riabilitazione dell'Età Evolutiva; polo territoriale, ambulatorio periferico ecc.) esistono e funzionano, assicurando la loro collaborazione alla scuola, sia dentro che fuori i confini tracciati dalla L.104/92.

L’esperienza dell’UFSMIA Area Grossetana

L'Unità Funzionale Salute Mentale Infanzia e Adolescenza (UFSMIA) Area Grossetana (22 Operatori tra Neuropsichiatri Infantili, Psicologi, Operatori della Riabilitazione, Infermieri e Amministrativi; 17,9 operatori tempo pieno-equivalenti) opera sul territorio di 6 Comuni con oltre 15.000 residenti in età 0-17 anni, di cui 400 certificati ai sensi della L.104/92, tutti seguiti dal Servizio con prese in carico generalmente multiprofessionali per gli alunni di scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di I grado, monoprofessionali per gli studenti di scuola secondaria di II grado. I rapporti con la scuola (USP, dirigenze scolastiche, insegnanti) sono tradizionalmente ottimi, gli specialisti del servizio partecipano ai lavori delle Commissioni per l'accertamento dell'handicap, redigono regolarmente la documentazione richiesta, presenziano ad almeno due incontri scuola-famiglia-servizio-enti locali durante l'anno scolastico, collaborano, quando possibile, alle iniziative di formazione proposte dalla scuola sul tema dell'integrazione/inclusione.
Per valutare l'efficacia e l'efficienza dei processi d'inclusione nelle scuole del territorio e per provare, soprattutto, ad innescare un nuovo dibattito su un tema, quello della qualità dell'inclusione, che sembra dimenticato a dispetto delle centinaia di minori con disabilità che ogni giorno vivono i pregi e i difetti del sistema in prima persona, l'UFSMIA ha avviato una verifica della soddisfazione dei genitori in merito alla qualità dell'inclusione scolastica dei figli, definendo un questionario ad hoc e somministrandolo prima ad un campione di genitori ridotto (Camuffo et al 2019), poi  ad un campione più esteso (in corso di pubblicazione).
L'UFSMIA già provvede con regolarità (ogni 2 anni) a verificare la soddisfazione della propria utenza, somministrando ai genitori un questionario costruito ad hoc, l'OSS-Cam (Camuffo, 1996, 1998, 2001; Gigantesco et al, 2005, 2006), concepito non tanto per misurare la prestazione (benchmarking), quanto per individuare i motivi di insoddisfazione (diagnostics). Tale finalità è apparsa in linea anche con l'esperienza che qui si descrive: individuare i motivi dell'insoddisfazione dei genitori in merito alla qualità dell'inclusione scolastica dei figli, così da consentire agli attori del processo, in particolare scuola e servizio sanitario, di aumentare la consapevolezza delle variabili in gioco, studiare le loro interazioni e i loro esiti da una prospettiva diversa, non della scuola, non dei servizi, ma della famiglia, e, in definitiva, fornire l'opportunità di migliorare i loro interventi, almeno sul piano tecnico.
I risultati complessivi dell'indagine hanno evidenziato un livello di soddisfazione alto e, per certi versi, inaspettato. I genitori hanno mostrato di apprezzare: la conoscenza che tutti gli insegnanti (non solo di sostegno) hanno del loro figlio; la disponibilità nei loro confronti dell'insegnante di sostegno e il suo impegno didattico qualificato; lo sforzo complessivo della scuola per favorire l'integrazione, le autonomie e le competenze necessarie per l'avvio al lavoro; la conoscenza che del figlio hanno i compagni di classe e i rapporti che questi hanno stabilito con lui, peraltro sistematicamente coinvolto negli eventi organizzati dalla scuola; le strategie adottate per favorire l'apprendimento e l'efficacia delle procedure applicate, sia dalla scuola che dal servizio, di cui vengono riconosciuti la presenza costante, le tempestività nel fornire la documentazione e l'utilità dell'apporto al percorso.
Gli attesi vissuti di criticità rispetto all'insufficienza delle ore di sostegno, al troppo frequente avvicendamento degli insegnanti di supporto, all'eccessivo ricorso alle “aule del sostegno” a scapito della presenza in classe e quindi dell'effettiva applicazione di alcune strategie inclusive, tra cui la mancata partecipazione di tutti gli altri alunni alle attività dedicate al compagno con disabilità e l'esclusione dell’alunno con disabilità dalle gite di classe e dagli altri eventi organizzati dalla scuola, non hanno trovato particolari riscontri.

Il fatto che i questionari non fossero anonimi ha forse ridotto la disponibilità degli adulti ad esporre fino in fondo e chiaramente i loro motivi di insoddisfazione, ma resta l’impressione di un sistema di inclusione scolastica che regge nonostante le numerose criticità elencate in introduzione. In questo senso, i suoi limiti e i suoi difetti andrebbero corretti, favorendo la diffusione della cultura dell'inclusione e valorizzando i risultati raggiunti, ma anche rafforzando e perfezionando la rete di collegamenti e di interazioni. Il DL 66/2017, prima della sua applicazione effettiva, sembra andare in una direzione diversa, preoccupandosi soprattutto dei diritti degli insegnanti e dei dirigenti, in una sorta di arroccamento della scuola nei confronti del mondo esterno.
È invece auspicabile che gli equilibri raggiunti tra la scuola e le altre istituzioni che partecipano ai processi inclusivi vengano comunque rispettati, garantendo un livello soddisfacente della loro qualità, e introducendo modifiche al sistema in atto che vadano nella direzione di incrementare e non ridurre le occasioni di collaborazione e di confronto tra scuola e servizi.

Bibliografia

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