Osservatorio Talent
Le Risorse Umane hanno bisogno di strumenti
Le Risorse Umane hanno bisogno di strumenti
Mi occupo di ricerca e selezione del personale da oltre quindici anni. Questo lo dico non per (auto)referenziarmi, ma per contestualizzare il mio discorso. In questi quindici anni ho avuto modo di incontrare varie fasce di direttori del personale e vedere modificarsi il mio settore con una velocità in netta antitesi con le competenze dei suoi operatori. In pochi hanno saputo aggiornarsi e allinearsi alle trasformazioni che un’azienda all’avanguardia richiederebbe, a maggior ragione in un momento di crisi economica; dove non è sufficiente solo tagliare i costi, ma rendere questi sostenibili nel lungo periodo.
Cercherò di spiegarmi meglio, partendo da un esempio concreto.
Quest’anno ho organizzato con l’associazione che coordino (FiordiRisorse) e per il quarto anno consecutivo un incontro di puro matching fra recruiter che io definisco di qualità, quadri e dirigenti in difficoltà, cui abbiamo offerto la possibilità di svolgere gratuitamente una serie di colloqui per mettersi in maggiore evidenza e aumentare le proprie opportunità di ricollocamento. Per la prima volta da quando si svolge la Bussola dei Manager (così si chiama l’evento), sebbene in un momento di crisi acuta rispetto agli ultimi quattro anni e nonostante su tutti i social network professionali ci sia costantemente un malumore generale nei confronti della categoria dei recruiter e dei direttori del personale (“poco professionali”, “senza metodo”, “chiamano e poi non danno feedback”, “mandi il cv e non ti risponde nessuno” sono solo alcuni dei commenti più frequenti), quest’anno abbiamo ricevuto un numero di candidature infinitamente più basso rispetto agli anni precedenti.
I candidati sono stanchi, sono avviliti, sono sfiduciati.
Ma non solo di un mercato per il quale molti di loro risultano non essere (più) attraenti per una serie di impazzite culture di mercato che ritengono un cinquantenne meno produttivo di un trentenne, ma soprattutto per i tentativi andati a vuoto nel cercare di interagire con gli operatori delle Risorse Umane.
E per questo, dunque, ho lanciato il mio appello alle direzioni del personale.
Il costo di un servizio di ricerca e selezione non si ferma all’emissione di un preventivo. Si paga nel tempo.
Le aziende pagheranno una selezione lenta e senza organizzazione laddove, nel lasciare troppo a lungo una posizione commerciale scoperta sul territorio, i suoi competitor avranno tempo di lavorarsi un cliente e polverizzare quote di mercato.
La pagheranno nel momento in cui, per risparmiare, si affideranno al “passaparola” che in Italia è ancora in una percentuale considerevole, laddove la rosa dei candidati è formata da un unico candidato che ha fra le sue caratteristiche prevalenti quella di “essere una brava persona”, selezionato da un area manager che ha fra i suoi unici riferimenti “vendere vendere vendere”.
L’azienda pagherà quella selezione in termini di fidelizzazione di un candidato poco motivato, strappato a un concorrente in un momento di disagio ma già pronto a guardarsi intorno il giorno dopo aver messo piede in azienda, o peggio, poco allineato alle dinamiche e alle modalità di quell’azienda.
Il committente sarà convinto di aver risparmiato 5000 euro rispetto ad una ricerca strutturata. In realtà ne sta perdendo almeno 10 volte di più.
Il mio appello alle direzioni del personale, purtroppo sempre più spesso organizzate con un direttore troppo estraneo all’attualità del mercato della selezione perché troppo occupato in attività più gratificanti come le relazioni industriali, l’Organizzazione e il taglio dei costi, e un responsabile di selezione “prelevato” dal fornitore interinale e per questo con scarsissima esperienza, nessuna autonomia e bassissima capacità decisionale, è stato questo: affidatevi a partner referenziati e strutturati e a strumenti di alto valore scientifico.
Questo mercato non può più permettersi di affidare la selezione al proprio consulente del lavoro (“lei che conosce tante aziende, sicuramente avrà tanti contatti”), alla società di selezione formata da tre persone di cui uno è il titolare ed uno è lo stagista e svolgono la selezione attraverso inserzioni sui siti gratuiti (per contenere i costi), o a società “specializzate” cui affidare le ricerche di manager quando il proprio core business sono operai e impiegati di basso livello per missioni a tempo.
Ma soprattutto, non ci si può più affidare unicamente allo strumento “umano”.
Sappiamo benissimo che un selezionatore, anche il più bravo, è condizionato dagli aspetti umani di un candidato: simpatia, appeal, presenza. Su qualsiasi blog e articolo sui colloqui di selezione si consiglia ai candidati di presentarsi in un determinato modo perché “la selezione si svolge nei primi 3 minuti”. Che non sono propriamente principi scientifici di selezione. Quanti di noi hanno in azienda un collega antipatico, o poco piacevole, o poco socievole ma che nel suo lavoro è una cannonata? Quanti hanno una collega bellissima ma che è una vera e propria inetta e mille volte ci siamo chiesti “ma questa qui, come ci è arrivata?”.
Dunque, da anni io affianco alle mie valutazioni (necessariamente soggettive) anche uno strumento scientifico: l’inventario di personalità. Per me è fondamentale per rendere ancora più credibile la mia selezione, per dare al cliente uno strumento di valutazione oggettivo e imparziale che, al di là della sua convinzione ad assumere il candidato, lo metta già in condizione di avere degli alert su cui lavorare nel corso della carriera del neoassunto.
Ma soprattutto, crea al cliente uno storico su cui confrontare l’evoluzione del dipendente nel corso dei prossimi anni, nel verificare se le aree di attenzione sono migliorate, sono rimaste uguali, o se se ne sono aggiunte altre.
Questo è uno degli strumenti dal lato selezione che ritengo fondamentali e obbligatorio per una società di selezione che si rispetti.
Pertanto, per concludere il mio appello ai direttori del personale e agli imprenditori, quando affidate una ricerca, assicuratevi che il vostro fornitore abbia:
- un abbonamento ad almeno due career site di alto livello per individuare i candidati più qualificati: qualità dei carreer site e non quantità;
- un CRM strutturato che permetta di accorciare i tempi di selezione individuando già dai primi momenti della selezione candidati idonei in banca dati, mentre le inserzioni stanno lavorando in contemporanea. Questo servirà anche per avere dei termini di paragone su candidati già esistenti ed evitare che dopo due settimane vengano presentati candidati che non corrispondono alle aspettative del cliente;
- un team strutturato per la gestione della selezione (chi segue effettivamente la selezione? Chi fa i colloqui? Che esperienza ha?);
- un set di strumenti scientifici per la valutazione dei candidati. Chiedete al vostro fornitore un’analisi accurata che vada oltre le affinità elettive fra recruiter e candidato.
Sbagliare una selezione è questione di un attimo. Recuperarne il costo aziendale è molto più dispendioso. Affidatevi a persone che sappiano usare gli strumenti (tutti: dai siti di inserzioni, ai test, al colloquio).