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numero 5 - febbraio 2013

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Le possibili conseguenze del lavoro atipico: dalla precarietà lavorativa alla “precarietà di vita”

Le possibili conseguenze del lavoro atipico: dalla precarietà lavorativa alla “precarietà di vita”

Da diversi anni il mercato del lavoro globale è profondamente mutato ed è tuttora in continua evoluzione. Uno dei cambiamenti maggiormente rilevanti è rappresentato da un’imponente crescita dell’a-tipicità contrattuale sia in Europa (Commissione Europea, 2006; CIETT, 2009; ILO, 2012), sia in Italia, in cui tra i cinque milioni di contratti di lavoro attivati nel primo semestre del 2012  l’81% è atipico (ISTAT, 2012).

L’aumento delle forme contrattuali atipiche è stato proporzionale all’interesse di ricerca di alcune discipline, tra cui la psicologia del lavoro e delle organizzazioni che si è occupata delle possibili conseguenze del lavoro atipico, sia a livello personale che organizzativo (cfr. Rete degli psicologi del lavoro, 2010). I contratti atipici, pur essendo stati introdotti con l’obiettivo, tra gli altri, di ridurre il tasso di disoccupazione, non sempre garantiscono livelli adeguati di sicurezza lavorativa. Nel linguaggio comune, infatti, i termini lavoro e lavoratori sono spesso accompagnati quasi indistintamente dagli aggettivi atipico, flessibile e precario. Per quest’ultimo, è utile distinguere l’aspetto soggettivo da quello oggettivo: il lavoratore è “oggettivamente precario” per la durata temporale che egli impiega a passare da una condizione lavorativa non standard a-tipica a quella standard tipica (Mandrone e Marocco, 2012), ma “soggettivamente precario” fin dal momento in cui percepisce il proprio lavoro come temporaneo e instabile. Il senso di precarietà, pur emergendo in ambito lavorativo, pervade ben presto la sfera personale e familiare degli individui, tanto che si può parlare di “precarietà di vita” (Gallino, 2007; Callea, 2010).

La precarietà di vita è definita come una sindrome che interessa i lavoratori atipici, poiché, se percepiscono la propria condizione come temporanea e instabile, possono avere difficoltà a progettare la propria vita con conseguenze emotive che influenzano negativamente l’agire quotidiano (Callea, 2011). Come emerso dallo studio di validazione del Precariousness of Life Inventory (Callea, 2010), tale sindrome è composta da tre dimensioni: il disinteresse verso il lavoro attuale, la sfiducia verso il futuro professionale e le conseguenze emotive nella vita quotidiana. Il lavoratore atipico prova un senso di precarietà di vita se è demotivato e nutre scarso interesse verso il lavoro che svolge, se ritiene di avere scarse possibilità di trovare un lavoro stabile e adatto alle proprie esigenze e se tali condizioni influenzano negativamente a livello emotivo la vita quotidiana.

Alcune ricerche hanno indagato la relazione tra la precarietà di vita sia con variabili organizzative sia con variabili psicologiche. Nel primo caso i risultati hanno evidenziato che le tre dimensioni della precarietà di vita correlano positivamente con la job insecurity e con le strategie di coping orientate all’emozione e all’evitamento e negativamente con la soddisfazione lavorativa (Callea, 2011). In altri termini, i lavoratori atipici che temono di perdere il proprio posto di lavoro e che, di fronte ad un problema, reagiscono emotivamente o mettono in atto strategie evitanti, tendono ad avere alti livelli di precarietà di vita e bassa soddisfazione.

Per quanto concerne le variabili psicologiche, la precarietà di vita sembra avere alcuni aspetti in comune sia con l’ansia, in termini di tensione, apprensione e preoccupazione che possa accadere qualcosa di spiacevole, sia con la depressione, rispetto agli atteggiamenti negativi verso il passato e il futuro e all’incapacità di reagire adeguatamente alle problematiche che si presentano. Al fine di chiarire la relazione tra queste variabili, è stato testato un modello (Figura 1) per esaminare se le tre dimensioni della precarietà di vita possano contribuire a sviluppare ansia e depressione (Callea, Urbini e Bucknor, 2012).

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I risultati suggeriscono che l’ansia è influenzata in particolare dal disinteresse verso il lavoro attuale e dalla sfiducia verso il futuro professionale, mentre la depressione anche dalle conseguenze emotive nella vita quotidiana.

Non si può certo affermare che la precarietà di vita generi inevitabilmente un disturbo di ansia o di depressione, né che tutti i lavoratori atipici percepiscano automaticamente alti livelli di precarietà di vita. Tra queste variabili, infatti, giocheranno un ruolo fondamentale alcune caratteristiche personali come le strategie di coping e la resilienza.

Le ricerche sulla sindrome della precarietà di vita sono ancora agli albori e l’auspicio è che ulteriori studi chiariscano maggiormente l’impatto del lavoro atipico sulla vita dei lavoratori, fornendo indicazioni su come sostenerli durante il loro percorso professionale.

In conclusione, considerando le offerte di lavoro come un arcipelago di isole e l’attuale mercato del lavoro come un mare agitato, ci si troverà a navigare sulla propria barchetta, fatta di conoscenze, competenze e aspirazioni, tentando di approdare al porto più sicuro. E il naufragare in questo mare può non essere così dolce.

Bibliografia

  • Callea, A. (2010). Un nuovo disagio lavorativo: validazione del questionario “Precarietà Di Vita”. Giornale di Psicologia, 4(3), 219-227.
  • Callea, A. (2011). Psicologia del lavoro atipico. Roma: Alpes.
  • Callea, A., Urbini, F. e Bucknor, D. (2012). Temporary employment in Italy and its consequences on gender, Gender in Management: An International Journal, 27 (6), pp. 380-394.
  • Ciett (International Confederation of Private Employment Agencies). (2009). The agency work industry around the world. Brussels, Belgium: Author.
  • European Commission (2006). Industrial relations in Europe 2006. Luxembourg: Author.
  • Gallino, L. (2007). Il lavoro non e una merce. Contro la flessibilità. Bari: Laterza.
  • International Labour Office, International Institute for Labour Studies. (2012). World of work report: Better jobs for a better economy (IILS Publication). Retrieved from http://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/@dgreports/@dcomm/@publ/documents/publication/wcms_179453.pdf
  • Istituto Nazionale di Statistica (2012). Annuario Statistico Italiano: Lavoro (Pubblicato da ISTAT). Retrieved from http://www.west-info.eu/files/Annuario-statistico-ISTAT.pdf
  • Mandrone, E. e Marocco, M. (2012). Atipicità, flessibilità e precarietà:una lettura economica e giuridica attraverso l’indagine ISFOL PLUS. Retrieved from http://isfoloa.isfol.it/bitstream/123456789/215/3/Mandrone_Marocco_Atipicita_flessibilita_precarieta.pdf
  • Rete degli psicologi del lavoro (2010). Vita, identità, genere in equilibrio precario: Ricerche psicologiche sul mercato del lavoro in Italia. Milano: Unicopli.