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numero 14 - febbraio 2014

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Le funzioni esecutive: aspetti cognitivi e motivazionali necessari all'evoluzione dell'uomo

Le funzioni esecutive: aspetti cognitivi e motivazionali necessari all'evoluzione dell'uomo

Definizioni e specializzazione dei processi

In neuropsicologia e psicologia cognitiva il termine Funzioni Esecutive (FE) è utilizzato in riferimento a funzioni corticali superiori deputate al controllo e alla pianificazione del comportamento. Si tratta di processi che permettono ad un individuo di pianificare e attuare progetti finalizzati al raggiungimento di un obiettivo; inoltre le FE sono necessarie per il monitoraggio e la modifica del proprio comportamento in caso di necessità o per adeguarlo a nuove condizioni contestuali. Numerosi sono i processi che possono essere ricondotti al dominio esecutivo: attenzione, controllo degli impulsi, autoregolazione, iniziativa, memoria di lavoro, flessibilità cognitiva, utilizzo dei feedback, pianificazione e problem solving. Nonostante ciò le componenti che con maggiore frequenza vengono indagate per avere informazioni circa il funzionamento esecutivo sono: memoria di lavoro (monitoraggio ed aggiornamento del contenuto della memoria di lavoro), flessibilità cognitiva (rapido e flessibile movimento tra compiti e set mentali) ed inibizione (soppressione deliberata di una risposta divenuta automatica). Il dominio esecutivo non si esaurisce però con i soli processi cognitivi sopra elencati, ma chiama in causa anche funzioni che giocano un ruolo chiave nella regolazione di emozioni, motivazione e comportamento. È stata infatti recentemente proposta una dicotomizzazione delle FE in “Hot” e “Cool” (Zelazo et al., 2004). Con  il termine “Cool FE” ci si riferisce ai processi puramente cognitivi che si attivano quando il soggetto è alle prese con problemi astratti e decontestualizzati. Il termine “Hot FE” rimanda invece agli aspetti affettivi/emotivi del funzionamento esecutivo e quindi ai processi richiesti in situazioni significative e sono coinvolti nella regolazione dell’emotività e della motivazione. Nonostante Hot e Cool FE operino in modo sinergico, onde garantire un funzionamento ideale, studi neuropsicologici con pazienti adulti suggeriscono una doppia dissociazione tra le due tipologie di funzioni. Sono state infatti documentate compromissioni a carico delle Hot FE in assenza di problemi a carico delle Cool FE e viceversa. Ad oggi non è chiaro se questi aspetti esecutivi sono dissociabili anche in età evolutiva o se la differenziazione emerga con lo sviluppo.
Una rassegna degli studi neuropsicologici presenti in letteratura consente di identificare i principali temi oggetto di dibattito: organizzazione del dominio esecutivo, traiettorie di sviluppo delle FE, quadri di compromissione del funzionamento esecutivo e ricadute nella quotidianità di un corretto o compromesso funzionamento esecutivo (per approfondimenti vedi Marzocchi & Valagussa, 2011; Cantagallo, Spintoni & Antonucci, 2010).
Uno dei nodi critici nello studio delle FE è la definizione della modalità con la quale si organizzano. Due sono i quesiti ai quali i modelli neuropsicologici elaborati negli ultimi decenni hanno cercato di dare una risposta: Come si organizza il dominio esecutivo? La struttura del dominio esecutivo subisce cambiamenti con l’età?

Struttura delle Funzioni Esecutive

Assumendo una prospettiva storica per rispondere al primo interrogativo è possibile constatare come si sia passati da modelli unitari a modelli frazionati, da modelli integrati a modelli sequenziali. Nei modelli unitari le Funzioni Esecutive vengono concettualizzate come dominio unitario e generale che può manifestarsi con modalità peculiari in funzione delle richieste e delle domande del contesto. Ne sono esempi il modello del Sistema Attenzionale Supervisiore (SAS- Norman e Shallice, 1986) ed il modello della Memoria di Lavoro (Baddeley, 1986). Il SAS e l’Esecutivo Centrale avrebbero il compito di esercitare un controllo strategico sui processi cognitivi, dislocando selettivamente l’attenzione su un processo a spese di un altro, e di organizzare nel modo di volta in volta più efficace, le “subroutine” disponibili a livelli gerarchicamente più bassi. Le ricerche condotte negli anni a seguire hanno dimostrato che modelli unitari sono troppo semplicistici ed hanno fornito indicazioni a favore dell’ipotesi secondo cui il dominio esecutivo sia composto da differenti componenti. Successivamente sono stati alcuni modelli che prevedono un frazionamento del dominio delle FE in componenti distinte. I vari modelli si differenziano per il numero e la gamma di processi identificati e per la tipologia di relazioni tra esse ipotizzate. Nel 1991 il gruppo di lavoro di Levin e quello di Welsh hanno proposto due modelli sostanzialmente sovrapponibili che includono: rapidità di risposta, generazione di ipotesi/controllo degli impulsi e pianificazione. Nel 1996 Pennington ed Ozonoff hanno condotto una review dei lavori di psicologia cognitiva e neuropsicologia che li ha portati a circoscrivere il dominio esecutivo a cinque funzioni maggiormente ricorrenti: inibizione, pianificazione, memoria di lavoro, flessibilità cognitiva e fluenza verbale. Nel 1997 Barkley propose un modello in cui il fattore cruciale è l’inibizione comportamentale che determina lo sviluppo e il funzionamento di quattro meccanismi sussidiari: memoria di lavoro, linguaggio interiorizzato, regolazione delle emozioni/motivazione/attivazione e analisi/sintesi degli eventi. Infine Miyake e collaboratori nel 2000 proposero un modello che ha trovato molto seguito e individua tre processi esecutivi: flessibilità cognitiva, inibizione e memoria di lavoro. Un viraggio verso una maggiore integrazione tra i processi cognitivi delle FE si osserva nella pubblicazione di Peter Anderson e collaboratori (2002). Gli autori, in linea con i modelli neuropsicologici precedentemente presentati, identificano una serie di processi in cui il dominio esecutivo può essere scomposto, ma diversamente da essi ipotizzano integrazione ed interazione bidirezionale tra le differenti funzioni esecutive. I processi esecutivi (flessibilità cognitiva, definizione degli obiettivi, controllo attenzionale e processamento delle informazioni) funzionano come un unico sistema di controllo compito-dipendente. Infine i modelli sequenziali ipotizzano che differenti componenti esecutive vengano descritte in funzione della modalità con cui contribuiscono alla risoluzione di problemi o al superamento di un compito complesso. Ne sono esempi il modello di Zelazo e collaboratori (1997) ed il modello di Burgess (2000). Zelazo e collaboratori illustrano come i differenti processi esecutivi operano in modo integrato nell’intento di risolvere un problema e/o raggiungere obiettivi. Il modello di Zelazo prevede quattro fasi temporalmente e funzionalmente distinte: rappresentazione del problema, pianificazione, esecuzione e valutazione dell’operato. Burgess descrive invece le funzioni esecutive come processi sequenziali che entrano in gioco nello svolgimento di un compito: apprendimento delle regole del compito, pianificazione dei passaggi da eseguire, esecuzione del compito, verifica della coerenza tra pianificazione ed esecuzione ed infine rievocazione della performance.

Lo sviluppo delle Funzioni Esecutive

In merito allo sviluppo delle FE le ricerche disponibili sembrano supportare l’ipotesi in base alla quale il dominio esecutivo si organizzi in modo differente nelle diverse fasce di età. In particolare si assisterebbe ad una progressiva differenziazione con il trascorrere degli anni. Segni di differenziazione delle varie componenti esecutive emergerebbero intorno agli 11 anni e si stabilizzerebbero solo intorno ai 14/15 anni (Lee et al., 2013).
Innanzitutto lo sviluppo delle FE copre potenzialmente un ampio arco di vita: i precursori sono osservabili già ad un anno di vita. Il periodo prescolare e l’adolescenza si caratterizzano per rapidi ed importanti progressi e livelli maturi vengono raggiunti solo nella terza decade di vita. In secondo luogo lo sviluppo delle FE è inestricabilmente legato ai cambiamenti strutturali e funzionali che interessano la corteccia prefrontale e le altre strutture corticali e sottocorticali che ne fungono da substrato neuroanatomico. Infine lo sviluppo delle FE ha una natura gerarchica tale per cui prima comparirebbero prima le abilità basilari quali il controllo attentivo, la memoria di lavoro e poi le abilità più complesse e multifattoriali (Seen et al., 2004; Smidts et al., 2001). Le informazioni disponibili in merito al periodo prescolare consentono di affermare che tra i quattro ed i cinque anni è possibile osservare i primi segni di controllo attentivo ed un significativo incremento delle abilità di inibizione, flessibilità cognitiva, memoria di lavoro, decision making in presenza di punizioni e ricompense. Durante il periodo scolare alcune abilità esecutive, quali la flessibilità cognitiva, raggiungono la maturità mentre altre si perfezionano e potenziano progressivamente (inibizione, memoria di lavoro, pianificazione e teoria della mente). L’intensità con la quale i cambiamenti, a carico di questi stessi domini esecutivi, avvengono aumenta significativamente durante l’adolescenza: l’inibizione raggiunge livelli adulti, si assiste a significativi progressi a carico di pianificazione, memoria di lavoro e decision making emotivo. Tra i 20 ed i 29 anni in tutti i domini esecutivi si registra il raggiungimento del massimo livello di performance. A partire dai 65 anni si assiste invece ad una progressiva involuzione.

Aspetti clinici delle Funzioni Esecutive

Nonostante non esista una diagnosi specifica di deficit delle FE, numerosi sono i quadri clinici nei quali palese è una difficoltà di programmazione, organizzazione, controllo comportamentale o flessibilità nell’adattarsi a situazioni nuove. In generale in bambini ed adolescenti con problemi a carico di uno o più domini esecutivi è possibile osservare i seguenti comportamenti: incapacità ad imparare dall’esperienza, distraibilità e sbadataggine, difficoltà ad eseguire più compiti contemporaneamente, noncuranza e disorganizzazione, difficoltà a controllare le risposte automatiche, marcata altalenanza nelle prestazioni accademiche, scarsa consapevolezza dei sentimenti altrui e delle convenzioni sociali, instancabilità e loquacità o viceversa ipoattivazione, difficoltà nella regolazione delle emozioni, impazienza e scarsa tolleranza della frustrazione, difficoltà a passare da un’attività all’altra, difficoltà nello stabilire priorità e rispettare i tempi, perdita di cognizione del tempo, lentezza cronica, procrastinazione e/o difficoltà ad intraprendere compiti nuovi o impegnativi. Assumendo una prospettiva clinica è possibile constatare come oggetto di particolare attenzione ed approfondimento sia stato il funzionamento esecutivo di bambini ed adolescenti con i seguenti quadri clinici: Disturbo da Deficit dell’attenzione ed Iperattività (ADHD), Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), Disturbi Generalizzati dello Sviluppo (DGS), Sindrome di Gille de la Tourette, bambini nati pretermine. Un deficit a carico del dominio inibitorio sembrerebbe caratterizzare tutti i quadri clinici, accanto ad esso è possibile osservare: 1) compromissione di memoria di lavoro e vigilanza in bambini ed adolescenti con ADHD, 2) problemi a carico di flessibilità cognitiva, pianificazione e memoria di lavoro in bambini ed adolescenti con DGS, 3) deficit a carico di fluenza e flessibilità cognitiva in bambini ed adolescenti nati pretermine, 4) cadute specifiche della performance in prove volte alla valutazione della memoria di lavoro in bambini ed adolescenti con diagnosi di DSA.
Il considerevole incremento dell’interesse per le FE degli ultimi decenni è inoltre legato al ruolo cardine che esse hanno nella vita quotidiana e alla possibilità di effettuare, sulla base delle differenze individuali nel funzionamento esecutivo, inferenze circa specifici outcome evolutivi. Per quanto concerne la quotidianità gli individui utilizzano abitualmente le FE per apprendere nuove azioni, per pianificare e prendere decisioni, per correggere i propri errori, per mettere in atto comportamenti difficili o pericolosi, comportamenti che necessitano costante monitoraggio o comportamenti non automatici e consolidati. In merito agli outcome evolutivi è interessante notare come un buon funzionamento esecutivo con maggiore probabilità si lega a maggiori competenze di letto-scrittura e competenze linguistiche, migliori esiti scolastici nei vari livelli di scolarizzazione, maggiori competenze sociali nelle differenti fasi di vita, migliore qualità della vita e status economico e minori problemi legali in età adulta.

Le Funzioni Esecutive nella vita quotidiana

Se è vero che le regioni frontali del nostro cervello rappresentano oltre un terzo della massa complessiva e sono le strutture filogeneticamente più recenti, sicuramente costituiscono una sede importante di processi mentali che ci consentono di adattarci al mondo. Le Funzioni Esecutive (FE) rappresentano quell’insieme di processi cognitivi che permettono all’individuo di “fittare”, dal punto di visto evolutivo, nel tempo presente. Se pensiamo alle nostre giornate ordinarie e straordinarie ci accorgiamo di quante variabili dobbiamo considerare per pianificare ed eseguire diverse azioni: rievocare dalla memoria prospettica gli impegni della giornata, fare una sequenza o scaletta delle principali attività, tenendo conto di varie priorità, scadenze o urgenze. Le FE  diventano fondamentali anche nel momento in cui eseguiamo le azioni programmate o quelle impreviste perché cerchiamo di mantenere in memoria i nostri obiettivi allo scopo di valutare se le nostre azioni hanno raggiunto o meno l’obiettivo. Se riteniamo di aver raggiunto un risultato positivo allora “il cerchio si chiude” e possiamo affermare di aver eseguito un programma d’azione. Tutto questo si può riscontrare quando le nostre FE sono ben funzionanti e ci permettono un buon adattamento sociale. È esperienza comune osservare quotidianamente che non tutti i nostri progetti vanno a buon fine, per varie ragioni. Compito delle FE è anche quello di analizzare le cause dell’insuccesso per programmare un piano migliore all’occasione successiva. Constatiamo inoltre che a volte gli ostacoli al raggiungimento di un certo risultato sono imprevisti, non erano stati considerati, per cui possiamo arrivare ad un certo punto del nostro piano in cui ci accorgiamo che dobbiamo rivedere la nostra sequenza di azioni se vogliamo raggiungere un certo obiettivo. In questo caso, a fianco delle competenze di memoria (per ricordare obiettivo e regole di comportamento), di pianificazione (per scomporre l’obiettivo in sotto-obiettivi) dobbiamo applicare una significativa dose di flessibilità per generare un piano alternativo, inibendo i nostri comportamenti perseverativi. Un altro motivo per cui ci accorgiamo di fallire nel raggiungimento di un nostro obiettivo è la scarsa riflessività, ovvero l’impulsività (o deficit di inibizione) nell’intraprendere un certo comportamento o un’azione che poi si rileva fallimentare. Anche in questo caso si può trattare di un problema alle FE perché il nostro sistema cognitivo non ha adeguatamente preso consapevolezza del fatto che un certo piano d’azione richiede l’analisi di diverse variabili, la programmazione e la previsione delle conseguenze delle nostre scelte.
Ecco l’importanza delle FE: processi cognitivi e motivazionali necessari al raggiungimento dei nostri obiettivi quotidiani, ordinari o straordinari.

Bibliografia di approfondimento

  • Cantagallo A.,  Spintoni G. & Antonucci G. (2010). Le Funzioni Esecutive. Carocci Editore
  • Marzocchi G.M. & Valagussa S. (2011). Le Funzioni Esecutive in età evolutiva. Franco Angeli.