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Lavorare con le emozioni in psicoterapia: modelli clinici a confronto
Lavorare con le emozioni in psicoterapia: modelli clinici a confronto
Venerdì 31 maggio all'Auditorium del CTO dell'Azienza ospedaliera di Careggi a Firenze si è tenuto il convegno dal titolo Lavorare con le emozioni in psicoterapia: modelli clinici a confronto organizzato dalle seguenti scuole di specializzazione in psicoterapia: IPSICO (Istituto di Psicologia e Psicoterapia Comportamentale e Cognitiva), Centro di Terapia Strategica, Scuola di Psicoterapia Erich Fromm, Scuola di Psicoterapia Comparata, Istituto di Terapia Familiare di Firenze (ITFF).
Il convegno si proponeva di riflettere e di esaminare il ruolo assunto nella psicoterapia da uno degli argomenti più distintivi e costituitivi della disciplina psicologica, ovvero le emozioni.
Le emozioni sono un costrutto con cui ci confrontiamo quotidianamente, in maniera più o meno consapevole, dal momento in cui ci svegliamo la mattina, a quando avvertiamo quella sensazione di fastidio bloccati nel traffico mentre ci rechiamo nel luogo di lavoro, a quando riceviamo la piacevole chiamata di un amico, a quando la sera ci rilassiamo guardando un film o ascoltando buona musica. Le emozioni sono qualcosa che ci accompagna nella vita di tutti i giorni e un veicolo importante ed essenziale nel nostro percorso di vita, e lo sono in maniera particolare per chi con le parole e con il disagio psicologico ci lavora.
Chi richiede l'intervento di uno psicoterapeuta nella grande maggioranza dei casi presenta problematiche di natura emozionale, e i comportamenti disfunzionali che sono indice dei disturbi clinici sono il risultato di un tentativo di regolazione delle emozioni spiacevoli. Gli psicoterapeuti si trovano quindi a far fronte ad alti livelli di emozioni negative e a portare il paziente a modificare le proprie risposte emozionali in riferimento a situazioni specifiche.
Data quindi l'importanza delle emozioni, in particolare nel percorso psicoterapeutico, spesso chiamato a risolvere una condizione di disagio emozionale, il convegno si è proposto di rivisitare ed esporre quelle che sono le strategie di intervento e di lavoro con le emozioni in cinque differenti approcci di psicoterapia, tutti molto diversi fra loro ma con alla base il medesimo obiettivo, ovvero il ripristino e mantenimento dello stato ottimale di salute psicologica del paziente. Il convegno è stato diviso in due momenti principali, la prima parte con le relazioni degli esponenti dei cinque modelli che hanno presentato la propria ottica riguardo al costrutto in esame, e la seconda parte che consisteva in una tavola rotonda in cui è stato presentato e discusso un caso clinico da tutti i relatori ognuno secondo la propria prospettiva.
La prima relazione, dopo l'introduzione al convegno tenuta da Cristina Stefanile, professore ordinario della facoltà di psicologia di Firenze e psicologo sociale, nelle vesti di chairman è stata di Ezio Benelli, psicoterapeuta e direttore della Scuola di Psicoterapia Erich Fromm, che ha esposto una interessante panoramica sulle emozioni in un'ottica dinamica, spiegando l'importanza delle emozioni sia del paziente che del terapeuta, introducendo concetti base dell'approccio freudiano come il trasnsfert, il controtransfert, le pulsioni, gli istinti e indagando tutti quei fattori che possono inficiare e “perturbare” un colloquio clinico. Ha impreziosito l'interessante contributo un video di Erich Fromm trasmesso nell'auditorium tratto dall'ultima intervista pochi giorni prima della sua morte con riflessioni davvero di valore sul ruolo dello psicoterapeuta e sulla psicologia.
Il secondo intervento è stato di Giorgio Nardone, psicoterapeuta e direttore del Centro di Terapia Strategica che ha esposto una visione abbastanza differente da quella precedente, partendo dal racconto di un caso clinico e di come sia possibile provocare un cambiamento tramite delle strategie prescritte sotto forma di compiti da svolgere in modo che il paziente possa fare delle nuove esperienze, prima a livello emotivo e poi cognitivo, differenti da quelle che erano state saldamente costruite fino a quel momento. Secondo l'approccio strategico non si lavora sul passato, ma nel qui et ora, non ci si focalizza sulle cause e su ciò che ha portato al problema in esame ma sulle tentate soluzioni che si sono rivelate disfunzionali.
La terza relazione è stata presentata da Gabriele Melli, psicoterapeuta e presidente della Scuola di psicoterapia IPSICO, che ha esposto la modalità di lavoro del terapeuta comportamentale-cognitivista alle prese con le emozioni. In questo approccio, come nel precedente, si dà molta importanza al presente e al qui et ora del paziente piuttosto che alle esperienze passate, il terapeuta cognitivista è interessato in particolare a ciò che sta “a monte” della risposta emozionale e utilizza una serie di procedure mirate alla modificazione sia dei comportamenti manifesti, sia dei pensieri, che delle convinzioni e aspettative del paziente, per favorire una funzionale regolazione emozionale insegnandogli anche ad accettare una quota ineliminabile di sofferenza emotiva nonostante la messa in atto di comportamenti funzionali e orientati in senso adattivo.
Il quarto intervento è stato di Pietro Caterini, psicoterapeuta e direttore della Scuola di Psicoterapia Comparata. Come esposto nella sua relazione, la psicoterapia come metodo si rivolge alla psiche attraverso la comunicazione, utilizzando come strumento di base la parola che in tal senso è sia farmaco che messaggio in una cornice costituita dalla relazione interpersonale terapeuta-paziente. Il modello comparato nasce dall'esigenza di superare i limiti del singolo modello cercando di porre l'accento sul confronto fra modelli differenti piuttosto che sulla loro integrazione per valorizzare gli specifici contributi. La comparazione nasce come metodo di ricerca che si propone di superare i confini di un'unica prospettiva e modello per aprirsi verso teorie e tecniche differenti, in particolare prendendo spunto da dall'approccio cognitivo-comportamentale e da quello psicodinamico. Grande importanza in tal senso viene attribuita alla peculiarità del singolo caso e della singola persona in termini di gravità del caso, risorse culturali, relazionali e di contesto, in base ai quali definire l'intervento. Molto importante e centrale è l'analisi della domanda e soprattutto, come già espresso precedentemente la relazione paziente-terapeuta in termini di controtransfert e trasnsfert.
L'ultimo contributo della mattina è stato quello di Cristina Dobrowolski direttore della didattica dell'Istituto di Terapia Familiare, l'approccio familiare è peculiare rispetto agli altri in quanto, partendo da un'ottica sistemico-relazionale, centra l'intervento su un gruppo, ovvero la famiglia. Non si tratta di una relazione duale tra paziente e terapeuta ma di una relazione plurale dove l'emozione diviene particolarmente importante data la relazione complessa e particolare che viene spesa nell'intervento terapeutico. Da gestire non c'è solo la regolazione emotiva del paziente o del terapeuta ma anche tutto quello che accade nella relazione familiare durante l'intervento. Il tema emotivo della famiglia viene rilevato attraverso il sintomo specifico e la qualità delle relazioni all'interno della famiglia e fra i sottoinsiemi della stessa.
Appare evidente dalle presentazioni qui riassunte brevemente quanto il tema della regolazione emotiva sia importante e basilare in tutti i modelli e approcci presentati, in riferimento sia al paziente che al terapeuta, il quale si trova ad instaurare un’alleanza terapeutica con il paziente.
Il momento più interessante della giornata è stato in particolare la sessione del pomeriggio, che ha avuto come chairman Nicola Marsigli, psicoterapeuta e segretario della scuola IPSICO, dedicata ad una tavola rotonda dove gli esponenti dei 5 modelli presentati la mattina hanno discusso un caso clinico presentato.
Al di là del caso clinico in sè e delle differenti basi di partenza e metodologie di intervento è stato interessante vedere in maniera pratica il confronto fra queste differenti scuole.
È stato in generale e in particolare soprattutto nella seconda parte della giornata un convegno molto bello, interessante, ricco di spunti e dal vivo dibattito. Raramente ho assistito a convegni dove i presenti di loro iniziativa e in maniera numerosa intervenivano per chiarimenti, domande e curiosità, segno oltre che di interesse e di un argomento “caldo” soprattutto di un'organizzazione e di una impostazione davvero ottimale dei vari interventi da parte dei professionisti presenti. Molto spesso sia per i non addetti ai lavori che per gli psicologi che vogliono iniziare una scuola di specializzazione le differenze di base tra queste scuole risultano molto fumose e troppo ancorate a dissertazioni ideologiche astratte e poco declinate nel concreto; spesso ad incontri divulgativi sulle differenze tra le varie scuole emergevano non tanto il modello, le differenti metodologie e tecniche di intervento ma elaborazioni teoriche su base epistemologica di grande respiro, magari molto ben presentate ma affidate soprattutto alle capacità carismatiche dei vari direttori delle scuole, che non chiarivano il come, il perché e il modo in cui un professionista di un approccio opera e per quale patologia tale approccio risulti maggiormente efficace rispetto ad un altro.
Questo convegno invece secondo il parere di chi scrive è stato particolarmente esplicativo e stimolante, centrato sull'esplicitazione delle tecniche e strumenti e fortemente chiaro. Si avvertiva in aula un bel clima partecipativo da parte di chi ascoltava e la sensazione che i relatori avessero preparato un convegno che non fosse la semplice lettura di slide, ricerche e quant’altro ma un insieme organizzato e integrato di nozioni ed esperienze reali. Ci auspichiamo altre esperienze di questo tipo, in cui i convegni servano in particolare a trattare lo stato dell'arte della disciplina, in cui l'integrazione fra le varie prospettive e l'esperienza diretta dei relatori faccia da base di partenza.