Osservatorio Talent
L’assessment trasformativo
L’assessment trasformativo
In che modo un processo di valutazione può essere utilizzato come strumento di osservazione, accettazione e cambiamento del professionista?
L’assessment di valutazione è un processo che si dota di strumenti. To assess (valutare, in lingua inglese) è il processo che può essere utilizzato per perimetrare, per dare una cornice a informazioni che altrimenti si faticherebbe a confinare, quelle che fanno riferimento alle persone, ai loro modi di stare nel mondo e in azienda, ai vissuti che hanno sperimentato e sperimentano nel day by day.
Il processo di assessment si dota di strumenti (test attitudinali, esplorativi, interviste, roleplay ecc.,) che determinano il “che cosa” della valutazione. Spesso, però, ciò che può fare la differenza nelle funzioni HR delle aziende è il “come” e il “perché” vengono implementati – o meno – determinati processi come gli assessment. È dunque importante chiedersi, ancor prima di scegliere gli strumenti o le tecniche, quale sia il fine (il perché) e i passi (il come) di ciò che proponiamo alle nostre persone in azienda, ai nostri candidati nel caso di una selezione, ai futuri manager che s’avviano verso ruoli con sempre maggiori responsabilità.
Focalizzandoci sull’accompagnamento allo sviluppo alla managerialità dei professionisti aziendali, il processo di valutazione delle caratteristiche personologiche e attitudinali diventa fondamentale: non esclusivamente con l’intenzione di discriminare chi sia adatto a ricoprire un determinato ruolo, ma con la possibilità di poter aggiungere conoscenza, “fotografando” un momento unico della fase di vita di una persona in un determinato ambiente di lavoro. Il fine ultimo di questa tipologia di assessment è quello di fornire alle persone protagoniste della transizione un momento in cui potersi osservare e, attraverso l’accompagnamento professionale di consulenti HR con formazione psicologica, delineare un perimetro d’intervento per lo sviluppo personale in azienda e con l’azienda.
Occorre procedere a piccoli passi: osservare, accettare e cambiare. Il processo di assessment diventa il primo passo verso il cambiamento che parte dall’osservazione cooperativa e condivisa delle caratteristiche personologiche e attitudinali del candidato: il futuro manager, la direzione e i consulenti HR sono gli attori coinvolti in questo lavoro di co-costruzione. Il ruolo della consulenza è quello di facilitare i processi di osservazione e accettazione delle caratteristiche di personalità e di pensiero, defilandosi dalla tentazione di porsi come conoscitori delle competenze e dei processi di lavoro di direzione e manager. I consulenti non sono quelli che “sanno”, ma coloro che accompagnano le persone all’esplorazione di nuova conoscenza di sé e del contesto organizzativo/manageriale a partire da dati oggettivi e soggettivi di conoscenza.
Specificamente in una valutazione alla managerialità è utile considerare aspetti personologici, attitudinali ed esecutivi della persona. L’esplorazione delle caratteristiche può essere pensata e strutturata a partire da un’analisi appropriata della numerosità e della qualità del campione da valutare. Qualora prendessimo il caso di una numerosità bassa e di un’alta precisione richiesta dalla direzione per comprendere le caratteristiche della persona, allora una batteria di strumenti e una serie di interviste qualitative possono fare al caso nostro.
Gli aspetti personologici possono essere esplorati con strumenti di autovalutazione (es. NEO-PI-3, e più in generale una valutazione basata sul modello dei cinque fattori è ancora attendibile e discriminativa), quelli attitudinali con in-basket di gruppo oppure, come può accadere in questo momento storico di pandemia, con strumenti per la misurazione dell’intelligenza fluida fruibili da remoto. Gli aspetti esecutivi sono invece rilevabili principalmente con autovalutazioni che dovranno essere integrate con le informazioni emerse negli altri strumenti e nelle interviste: l’integrazione tra le parti è l’aspetto fondamentale di qualunque processo di assessment. Le batterie di test, le interviste sono pensate in modo che l’informazione manchevole in uno strumento possa essere recuperate nell’altro e, non secondariamente, per riconoscere come all’interno di una batteria o di uno strumento possano emergere incongruenze di risposta, punti ciechi oppure spunti di riflessione.
A titolo di esempio: una persona si considera fortemente in grado di monitorare o shiftare da una modalità di lavoro a un’altra (caratteristica rilevabile con uno strumento di autovalutazione delle funzioni esecutive), mentre quando chiamata a lavorare su una prova di intelligenza fluida (che prevede l’attivazione delle funzioni esecutive) mostra livelli bassi di prontezza di monitoraggio e di shift.
Quale utilità ha un’informazione di questo tipo all’interno dell’assessment che abbiamo strutturato? Nessuna, se ci limitiamo a considerarla come tale, su carta. Il concreto usufrutto è quello di considerare, insieme al/alla manager, i significati che attribuisce a quella misura, in quel momento e in quella fase di vita. Ecco allora che il processo di valutazione si plasma e si riforma verso l’accettazione di alcuni aspetti della personalità, delle attitudini alla performance in un’ottica trasformativa e di base condivisa per il cambiamento che si direziona con la costruzione di percorsi di coaching ad hoc, ridefinizione dei perimetri nei processi di lavoro, co-costruzione delle nuove responsabilità del futuro manager e del suo team.