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numero 115 - marzo 2025

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L’aggressività distruttiva nel mondo del lavoro. Il mobbing e le altre forme di violenza organizzativa

L’aggressività distruttiva nel mondo del lavoro. Il mobbing e le altre forme di violenza organizzativa

Il tema del mobbing organizzativo, e di ogni altra tipologia di “violenza psicologica” nel mondo del lavoro, è ormai consolidato non solo nell’esperienza professionale di coloro che nelle organizzazioni e nelle istituzioni trascorrono gran parte della loro vita, ma anche nelle ricerche empiriche, negli studi sul campo e sperimentali, e nelle teorizzazioni – o più spesso nei modelli – che articolano e spiegano le dinamiche di tali fenomeni.

Come è noto, fino ad alcuni decenni fa non si parlava affatto delle forme di violenza psicologica che si scatenano nei luoghi di lavoro, quasi nessuno utilizzava i termini mobbing, stalking, harassment, o altri simili. In sostanza, quasi nessuno poneva all’attenzione della società e del mondo del lavoro tale problematica che più spesso era etichettata riduttivamente come prepotenza “morale”: ma ciò non ha impedito alla problematica stessa di esistere ben prima di essere denominata!
Le tante e diverse tipologie di aggressività distruttiva nel lavoro contemplano numerose sfaccettature, rappresentando di certo un tema affascinante su cui applicarsi, ma anche un argomento scottante che si colloca al confine di diverse discipline. In termini pratici, si tratta di un ganglio problematico che chiama gli esperti ad intervenire per districare e risolvere le situazioni in tempi contenuti cercando di aiutare e consigliare sia le organizzazioni, sia gli individui, al fine di prevenire, gestire e “curare” le situazioni specifiche.
Queste tre momenti sono da tenere presenti perché ognuno di essi è multifattoriale e dinamicamente complesso e, per essere adeguatamente affrontato, necessita di professionisti che sappiano molto bene cosa e come fare.

Guardando nello specifico al mobbing dal punto di vista psicologico, sono quattro le branche della psicologia implicate nello studio e nell’intervento sul mobbing: (1) la psicologia del lavoro e delle organizzazioni, in quanto il mobbing si verifica, appunto, nei contesti lavorativi, e in quanto tale branca della psicologia è, tipicamente, una psicologia applicata; (2) la psicologia clinica e la psicoterapia, dato che le vittime del mobbing hanno necessità di essere diagnosticate, supportate, consigliate e curate (assai più difficile è riuscire a prendere contatto con gli aggressori); (3) la psicologia sociale, visto che il mobbing è, sempre, un fenomeno sociale che si esplica nell’ambito di piccoli gruppi la cui dinamica va studiata; (4) la psicologia giuridica, che si occupa di tutto ciò che attiene l’intersezione tra questioni forensi e attività umana, e che trova nel mobbing e nelle questioni ad esso correlate uno specifico campo di intervento nell’ambito della consulenza di ufficio (CTU) e della consulenza di parte (CTP).
Nei settori della psicologia sopra accennati si possono identificare ulteriori specificazioni, nel senso che la materia chiama in causa la psicologia della personalità e delle differenze individuali e la psicopatologia. Al di là dei confini della psicologia, queste manifestazioni di incontrollata aggressività agita a danno di una o più persone possono essere considerate dal punto di vista della sociologia delle organizzazioni, della giurisprudenza, della medicina del lavoro e dell’economia.

Il bullismo nei contesti educativi rappresenta una situazione che è stata osservata e poi ampiamente studiata a partire dai primi Anni Settanta del secolo scorso e che ha dei legami con il mobbing propriamente detto perché si è notato che sia le vittime, sia gli aggressori in età evolutiva – quindi nella dimensione dei bullying behaviours – possono ripetere, o perseverare in comportamenti simili in età adulta, e proprio nei contesti di lavoro. Aggressività distruttiva e tendenza alla passivizzazione (vittimizzazione) hanno di frequente radici antiche! Tra queste, l’esprimere se stessi in modo arcaico, attraverso gesti ostili o aggressioni verbali, essendo privi della capacità di parola, di ascolto e soprattutto di risonanza emotiva interiore delle proprie parole o azioni, può condurre a quelle forme estreme di chiusura mentale e di cinismo in base alle quali l’aggressore non riesce nemmeno a capire l’enormità di ciò che ha compiuto. Una sorta di vera e propria anomia morale.

Fin dall’inizio delle mie attività professionali centrate soprattutto nelle aree della clinica e delle organizzazioni, avviate verso la fine degli Anni Settanta, mi sono di fatto imbattuto in situazioni di malessere, violenza psicologica e aggressività distruttiva nei luoghi di lavoro. Nel tempo ho imparato a conoscere abbastanza bene il caleidoscopio delle violenze psicologiche nelle realtà organizzative, osservando in presa diretta e in tempo reale lo svolgersi degli accadimenti in ambiti diversi: imprese private, grandi organizzazioni multinazionali, università – oltre a qualche esperienza maturata in riferimento al bullismo nei contesti educativi.  Per questi motivi ho deciso di raccogliere in un libro le esperienze e le osservazioni maturate nel corso di decenni, arricchendole con ciò che oggi si conosce e con le esperienze internazionali di professionisti e studiosi. Nasce, così, il libro L’aggressività distruttiva nel mondo del lavoro. Il mobbing e le altre forme di violenza organizzativa (Hogrefe, dicembre 2024).
Un libro in cui queste forme disfunzionali di vita di lavoro sono analizzate e discusse da più punti di vista, iniziando dal vertice clinico-organizzativo. Ciò significa non limitarsi a vedere nel mondo del lavoro una realtà esclusivamente razionale e popolata da soggetti maturi e adulti, prendendo in considerazione – secondo paradigma – la possibilità che le organizzazioni possano essere malate, possano generare patologie e, così facendo, indurre sofferenze e difficoltà nei loro membri, ad ogni livello delle scale gerarchiche: le patologie organizzative sono state ampiamente studiate ed è tempo di inserire anche questo parametro negli studi sul mobbing e dintorni.
Un terzo aspetto sta nell’inquadrare il mobbing e le altre forme di violenza psicologica sul luogo di lavoro nella dinamica dell’aggressività, del comportamento aggressivo, quindi all’interno del mondo emozionale che si sviluppa in ogni ambito organizzativo, anche se in forme implicite, non immediatamente visibili, coperte e inconsapevoli. In tali ottiche sarebbe illusorio ritenere che le piramidi organizzative siano abitate sempre e solo da soggetti sani, mentalmente equilibrati e dediti esclusivamente al raggiungimento dello scopo dichiarato (o scopo primario dell’organizzazione): la sanità relativa della personalità organizzativa costituisce dunque il quarto vertice di osservazione.
Non possiamo dare per scontato che le dinamiche leadership-followership siano di per sé delle dinamiche sane e costruttive. Al contrario, nel quadro dell’aggressività distruttiva e dei deragliamenti che avvengono nel mondo organizzativo ci deve interessare il tema della psicopatologia della leadership e del management, e della leadership tossica. Questo è il quinto parametro che differenzia questo libro da tanti altri che trattano del mobbing soltanto dal punto di vista dell’individuo oppure solo da quello dell’organizzazione e, comunque, proponendo al lettore l’idea irreale di una organizzazione-orologio fondamentalmente razionale.

In conclusione, al fine di comprendere e di intervenire nelle situazioni complesse di aggressività e violenza psicologica nel mondo del lavoro di oggi, appare necessario assumere un’ottica multifocale che consenta di inquadrare i fenomeni in tutti i loro sfaccettati aspetti.