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numero 6 - marzo 2013

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La rete come risorsa nell’intervento psicoeducativo

La rete come risorsa nell’intervento psicoeducativo

Premessa sulla psicoeducazione

Dalla fine degli anni ’50 il ruolo attribuito ai familiari dei pazienti affetti da disturbi psichiatrici gravi si è gradualmente modificato, cosicché la famiglia, prima considerata causa della patologia del congiunto, è stata poi riconosciuta come risorsa fondamentale di miglioramento clinico e sociale. Si è cioè passati dal concetto di famiglia che ha bisogno di terapia a quella di nucleo familiare che ha risorse per funzionare come fattore terapeutico e che richiede l’aiuto di operatori esperti per svolgere tale compito in maniera appropriata.
Tali cambiamenti, stimolati dall’introduzione degli psicofarmaci e dalle ricerche sull’impatto dell’ambiente familiare sull’outcome clinico e sociale dei disturbi psichiatrici, hanno favorito la messa a punto di modelli di intervento, definiti psicoeducativi, proposti come trattamento di elezione per la gestione territoriale dei disturbi psichiatrici gravi. Tali modelli si caratterizzano per il fatto di tener conto dei fattori biologici e psicologici implicati nella genesi e nello sviluppo delle malattie mentali e di essere finalizzati non solo al controllo clinico ma, soprattutto, al miglioramento della qualità di vita del paziente e del suo nucleo familiare.
I modelli psicoeducativi sono nati dal filone di ricerche sull’Emotività Espressa (E.E.). Questo concetto, nato sulla scia degli studi di Brown G. W. et al. (1972) e ripreso successivamente da Leff J.P. e Vaughn C.E. (1985), identificò alcuni fattori ricorrenti nei contesti familiari: i commenti critici, l’ostilità, l’empatia, l’ipercoinvolgimento emotivo e l’insoddisfazione.
Tali fattori permisero di distinguere famiglie ad alta o bassa Emotività Espressa. La scoperta importante di queste ricerche risiedeva nel ruolo che l’E.E. aveva nel decorso della patologia schizofrenica.
A partire dalle indicazioni di queste ricerche, si svilupparono tecniche di intervento familiare note come interventi psicoeducazionali, tesi a ridurre gli alti livelli di E.E. nei contesti familiari problematici e di conseguenza i tassi di ricaduta dei pazienti (Falloon,1992).
I modelli psicoeducativi si sono sviluppati nei paesi anglosassoni in relazione ai nuovi bisogni dell’assistenza nella comunità determinati dal fenomeno della deospedalizzazione e delle degenze sempre più brevi. Tali modelli si propongono di offrire alle famiglie strumenti semplici, soprattutto di tipo conoscitivo, per convivere con il parente malato, per accettarlo e per affrontare i periodi di crisi in modo da rendere il più limitato ed economico possibile l’intervento pubblico.

Come siamo giunti alla definizione del modello procedurale 

Il modello procedurale che presentiamo è il risultato delle riflessioni scaturite durante la graduale realizzazione di una serie di progetti sulla psicoeducazionerivolti alle famiglie di pazienti con sindromi psicotiche (Perone, Pecori, Domenichetti e Guidi, 2006; Perone, Bartolini, Pecori, Domenichetti, Massai, Rispoli, Barbacci, 2011),finanziati annualmente dalla Regione Toscana, dal 2004 ad oggi.

Definizione del modello

Il modello procedurale per l’applicazione della psicoeducazione che abbiamo ideato e  realizzato presso la A.S.L. 10 di Firenze (e che deve essere ulteriormente perfezionato) corrisponde ad una procedura rivolta a migliorare l’efficacia degli interventi psicoeducativi e la qualità dei servizi per la salute mentale.
Si propone lo svolgimento di alcune attività rivolte al sostegno delle famiglie con problemi di salute mentale, previste dai Livelli Essenziali di Assistenza - L.E.A. Questi ultimi possono essere definiti in termini di percorsi di cura esigibili.
Tale modello è centrato su una strategia di integrazione delle attività dei servizi pubblici con quelle delle associazioni di familiari, del volontariato organizzato e della rete sociale. Tale integrazione è coerente con quanto affermato dal Mental Health Policy Project, WHO 2001 “il settore sanitario da solo non può fornire tutti i servizi necessari e non può rispondere a tutti i bisogni per la promozione della salute mentale e la prevenzione dei disturbi psichici”.
Tale progetto ha, infatti, precisato: 

  • la necessità di una maggiore attenzione alle famiglienell’ambito dei programmi di cura, prevedendo il loro coinvolgimento attivo;
  • la necessità del coinvolgimento della rete sociale e dell’intervento di rete, soprattutto per i pazienti ad “alta priorità”.

La procedura è, inoltre, caratterizzata dall’integrazione delle tecniche psicoeducative con le tecniche psicodiagnostiche e con la riabilitazione cognitiva dei pazienti con psicopatologie gravi, e dall’applicazione della teoria dell’attaccamento (Crittenden, 1999; Gergely & Watson, 1999; Fonagy, 2001; Bellack et. al, 2003 ; Fonagy, et. al, 2005; Bateman & Fonagy, 2006).

Caratteristiche del modello

Il nostro modello presenta le seguenti caratteristiche: 

  1. considera la psicoeducazione come un trattamento multiprofessionale che richiede l’integrazione operativa dei vari tipi di figure professionali che lavorano all’interno dei servizi per la salute mentale (psicologo, psichiatra, assistente sociale, educatore e infermiere);
  2. considera la psicoeducazione come un trattamento integrato, vale a dire centrato sull’integrazione dei servizi pubblici con il volontariato organizzato e con la rete sociale. Questo significa che si propone di favorire la realizzazione di:
    • progetti terapeutici individualizzati maggiormente integrati con la realtà sociale e che prevedono il coinvolgimento attivo dei cittadini (familiari, volontari ecc.);
    • progetti rivolti alla creazione di nuovi servizi integrati, insieme alle associazioni di familiari e al volontariato organizzato. il proposito è quello di offrire ulteriori risposte ai bisogni di coloro che si trovano nella condizione di dover fronteggiare problematiche di salute mentale (v. il Progetto front-office in corso);
  3. prevede lo svolgimento diinterventi psicoeducativi centrati sulla teoria dell’attaccamento (Fonagy, 2001; Fonagy, et. al, 2005);
  4. assume chetutti i soggetti coinvolti nel processo di cura (operatori, familiari, amici, volontari ecc.):
    • abbiano risorse da esprimere;
    • possano contribuire costruttivamente al miglioramento di chi ha un disagio mentale;
  5. comprende vari tipi di intervento psicoeducativo e ne definisce le modalità di integrazione;
  6. attribuisce all’associazionismo un ruolo più propositivo, costruttivo e progettuale, che va oltre la tutela dei diritti dei pazienti malati;
  7. supera la logica dell’antagonismo tra l’associazionismo dei familiari e i servizi pubblici, sostituendola con una logica di collaborazione, centrata sulla critica costruttiva;
  8. stimola il coinvolgimento attivo dell’associazionismo dei familiari e del volontariatoorganizzato, soprattutto di quello delle persone che hanno condiviso esperienze psicoeducative condotte da operatori dei servizi di salute mentale;
  9. prevede la definizione e la realizzazione di progetti integrati, centrati sull’espressione e sullo sviluppo delle risorse dei familiari e dei volontari. Tali progetti dovrebbero proporsi di favorire il superamento delle problematiche psichiche e l’integrazione sociale dei soggetti con problematiche di salute mentale e/o di dipendenze patologiche;
  10. considera che, per soddisfare realmente le esigenze di salute dei cittadini,sia indispensabile la costruzione di una rete di interventi e lo sviluppo di risorse in grado di auto-alimentarsi ed espandersi. All’interno di tale rete i servizi pubblici possono svolgere un ruolo centrale ed efficace solo se si propongono, tra i loro obiettivi, anche la costruzione una rete sociale e la promozione dell’associazionismo organizzato, necessari per lo sviluppo di risorse alternative;
  11. si propone di attuare una logica di integrazione di competenze tra il settore della salute mentale e quello delle dipendenze patologiche. Questo perché molti soggetti che presentano disturbi psichici e che sono seguiti dai servizi per la salute mentale presentano anche varie forme di abuso e/o dipendenza da sostanze (doppia diagnosi);
  12. considera indispensabile la figura dello psicologo sia per lo svolgimento di determinate attività che richiedono competenze specifiche (per es. la valutazione psicodiagnostica) sia per garantire la corretta applicazione dell’approccio psicologico agli interventi psicoeducativi considerati dalla procedura;
  13. prevede un sistema di monitoraggio costante.

Alcune precisazioni relative ai punti 3, 7, 11 e 12

Punto 3

Riteniamo che, nei vari contesti di lavoro, prima e durante l’applicazione delle tecniche psicoeducative, l’obiettivo prioritariosia quello di creare un contesto tipo base sicura rivolto ai pazienti e ai loro familiari, indispensabile per favorire lo sviluppo delle abilità sociali e del pensiero riflessivo (Crittenden, 1999; Fonagy, 2001; Fonagy, et. al, 2005; Bateman e Fonagy, 2006).
Considerare indispensabile e prioritaria la creazione di un contesto accogliente e in grado di “rispecchiare” (Gergely, 1999) adeguatamente gli stati d’animo dei pazienti e dei loro familiari significa porsi l’obiettivo complessivo di “umanizzare i servizi per la salute mentale”, offrendo allo stesso tempo un sostegnotecnicamente valido ed efficace.
Ne consegue la necessità di non limitarsi ad applicare acriticamente le tecniche psicoeducative, ritenute molto valide dalle prove di efficacia riferite dalla letteratura internazionale. Ciò significa che gli operatori della salute mentale dovrebbero considerare la qualità della relazione con l’utenzacome ilpresupposto indispensabile per la corretta applicazione delle tecniche utilizzate e per il corretto svolgimento della loro attività.

Punto 7

Il gruppo di lavoro interistituzionale, costituito da rappresentanti del Ministero della Salute e del Coordinamento delle Regioni per la Salute Mentaleha suggerito il coinvolgimento delle famiglie e della rete sociale, nell’ambito dei programmi di cura, soprattutto per i pazienti ad “alta priorità”.
Inoltre ha proposto programmi innovativi e la formazione degli operatori. I modelli di intervento innovativo dovranno essere rivolti a implementare modalità clinico-organizzative di non comune impiego e con l’esito atteso di arricchire i servizi territoriali di ulteriori offerte nell’integrazione con la rete istituzionale e non. Gli obiettivi di tali programmi innovatividovranno comprendere:

  • l’introduzione, nell’operatività dei DSM,distrumenti per promuovere la qualità dell’assistenza e per monitorare le attività e i risultati;
  • il rafforzamento del lavoro di équipe nei DSM attraverso la valorizzazione delle diverse figure professionali e la realizzazione di idonei programmi di formazione.

Un elemento imprescindibile per una effettiva innovazione del sistema consiste nel sostegno del ruolo delle reti associative di utenti, di familiari, del privato sociale, quale componente essenziale dei processi di empowerment.

Punto 11

Ci sembra importante precisare che il modello applicativo delle tecniche psicoeducative che abbiamo messo a punto, anche se è stato sperimentato e attuato nell’ambito della salute mentale, può essere realizzato anche nell’ambito delle dipendenze patologiche. Ciò comporterebbe, naturalmente, alcuni adattamenti agli aspetti specifici che caratterizzano i soggetti che presentano dipendenze patologiche e i loro familiari.

Punto 12

È importante precisare che la funzione psicologica prevista dalla procedura è rivolta al perseguimento di un obiettivo fondamentale: il coinvolgimento attivo di altri tipi di professionalità (in particolare infermieri e educatori) allo scopo di favorire il miglioramento della collaborazione tra operatori e l’espressione armonica degli interventi multidisciplinari integrati. Non ci riferiamo solo alle professionalità dipendenti del SSN, ma anche a quelle che operano nell’ambito del privato sociale e del volontariato organizzato, attualmente indispensabili per la realizzazione di unmodello misto rivolto a soddisfare le esigenze del cittadino.
Lavorare insiemeper il raggiungimento di tale obiettivo significa contribuire al miglioramento del clima interno delle diverse strutture per la salute mentale e per le dipendenze patologiche.
Questo vale in particolare periServizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (S.P.D.C.): l’introduzione di nuove modalità di intervento e di organizzazione, con il coinvolgimento attivo soprattutto del personale infermieristico, tende a produrre un miglioramento del clima interno del reparto e un contesto più accogliente (contesto tipo base sicura), con effetti terapeutici nei confronti dei pazienti ricoverati e dei loro familiari. Per tale motivo i progetti sulla psicoeducazione realizzati dal 2011 ad oggi, hanno compreso e comprendono, tra i propri obiettivi, l’introduzione degli interventi psicoeducativi all’interno dei reparti psichiatrici (S.P.D.C.).
Riteniamo, infatti, che l’efficacia delle tecniche psicoeducative potrebbe essere notevolmente incrementata se non ci limitassimo alla loro applicazione acritica nei servizi. Ciò significa proporsi l’obiettivo più ampio di definire e applicare una metodologia che, attraverso un’azione sul benessere organizzativo,è rivolta a incrementare l’efficacia degli interventi.

Descrizione del modello procedurale

Il modello procedurale, che ancora necessita di ulteriori perfezionamenti e misurazioni, prevede: 

  • lo svolgimento di diversi tipi di attività e definisce specifiche modalità di integrazione tra i diversi tipi di intervento, rivolti in particolare ai pazienti con psicopatologie gravi e ai loro familiari;
  • alcune fasi di lavoro, caratterizzate da uno specifico ordine cronologico;
  • una funzione specifica del servizio pubblico, rivolta a consentire all’associazionismo di esprimersi come una risorsa reale, che integra e arricchisce gli interventi sanitari.

I diversi tipi di intervento sono i seguenti: 

  • i gruppi psicoeducativi rivolti ai familiari (Perone R., Pecori D., Domenichetti S., e Guidi, 2004); 
  • i gruppi di auto-mutuo-aiuto di familiari;
  • il social skills training rivolto ai pazienti (Perone, R., Bartolini, L., Pecori, D.,  Domenichetti, S., Massai, V., Rispoli, A., & Barbacci, A., 2011);
  • i gruppi di auto-mutuo-aiuto di pazienti;
  • i gruppi psicoeducativi rivolti ai pazienti ricoverati in S.P.D.C.;
  • interventi psicoeducativi presso i punti di ascolto per la salute mentale(Progetto front-office);
  • la valutazione psicodiagnostica approfondita dei pazienti (Perone, 2007; Perone e Pecori, 2002; Wechsler, 1997; Giovagnoli, 1996; Novelli e all, 1986; Nelson, 1076) con un’attenzione particolare rivolta al funzionamento cognitivo e all’individuazione delle disfunzioni cognitive); 
  • la valutazione del livello di stress all’interno dei nuclei familiari(Zubin, Steinhauer e Condray, 1992);
  • il coinvolgimento del volontariato organizzato (associazioni di familiari ecc.) per la realizzazione di progetti terapeutici individualizzati e di progetti integrati;
  • la formazione degli operatori dei servizi per la salute mentale;
  • la formazione del volontariato organizzato;
  • l’applicazione di un sistema di monitoraggio per la verifica degli esiti;
  • per il futuro, sono previsti ancheinterventi preventivi (ancora da definire) rivolti alle famiglie, finalizzati a prevenire l’insorgenza delle patologie psichiatriche e del disagio psichico [v. Progetto Europeo B.E.L.L. finanziato dalla Comunità Europea, di cui l’A.S.L. 10 è stata Partner (Referente: Dr.ssa Rosanna Perone) e il Progetto Europeo T.A.T.I, in corso].

Ciò che caratterizza il modello procedurale è la distinzione di alcune fasi di lavoro e uno specifico ordine per lo svolgimento delle attività e l’integrazione delle stesse.
Tali fasi di lavoro sono rappresentate dallo schema seguente:

 

Osservando lo schema delle fasi si può notare che le specifiche attività riportate hanno le seguenti caratteristiche:

  1. devono essere svolte rispettando un determinato ordine temporale, indicato dalla freccia verso il basso [per. es. la partecipazione al gruppo di auto-aiuto dei familiari deve  essere successiva al trattamento psicoeducativo di gruppo rivolto a familiari; la valutazione psicodiagnostica approfondita dei pazienti deve essere effettuata all’inizio e al termine del Social Skills Training - S.S.T. (vale a dire dopo 1 anno) e così via];
  2. alcuni tipi di attività possono prevedere un certo livello di integrazione tra loro, indicato dalla doppie frecce. Ciò significa, per esempio, che alcune informazioni emerse durante lo svolgimento di un’attività potrebbero essere utilizzate durante l’esecuzione di un’altra attività. In tal modo può essere favorito il miglioramento dell’efficacia degli interventi psicoeducativi (per es. determinate informazioni sui pazienti, raccolte durante il S.S.T., potrebbero essere utilizzate durante la conduzione del gruppo psicoeducativo per familiari, in termini di suggerimenti e di indicazioni di comportamento da tenere nei confronti dei congiunti malati);
  3. il livello di integrazione delle attività aumenta dalla 6a alla 11a Fase. Questo significa che il modello procedurale prevede uno sviluppo graduale dell’integrazione tra le varie associazioni di familiari e di pazienti e  dell’integrazione tra gli operatori dei servizi per la salute mentale e il volontariato organizzato/rete sociale;
  4. il passaggio graduale e progressivo da una fase all’altra consente di ridurre e/o evitare la confusione dei ruoli, favorendo così sia il rispetto delle competenze professionali sia la valorizzazione delle risorse dei familiari, dei pazienti, dei volontari e della rete sociale.

L’espansione della rete degli interventi psicoeducativi(11a fase del modello procedurale) è caratterizzata, quindi, dall’integrazione dei servizi per la salute mentale con il volontariato organizzato ed è rappresentata dal grafico seguente (Fig. 1).

 

Figura 1: sintesi dell'integrazione fra servizi e volontariato per l’espansione della rete dei servizi psicoeducativi.

Consideriamo ora l’importante Funzione Specifica del Servizio Pubblico, prevista dalla procedura.
Quest’ultima, infatti, attribuisce al servizio pubblico anche la funzione di sollecitare e sostenere l’associazionismo e il volontariato organizzato, allo scopo di favorirne l’espressione in termini di “risorsa reale” che integra e arricchisce gli interventi sanitari.
La procedura prevede alcune condizioni necessarie per l’integrazione ottimale tra il servizio pubblico e il volontariato organizzato:

  • la disponibilità degli associati (familiari, pazienti e volontari) a condividere un percorso psicoeducativo;
  • la disponibilità degli associati a partecipare anche ad ulteriori percorsi di formazione.

Queste esperienze, infatti, possono favorire una più chiara definizione dei ruoli degli operatori e dei volontari e, allo stesso tempo, consentire di sviluppare la capacità di svolgerli con una maggiore flessibilità (grazie all’acquisizione delle abilità di comunicazione e del problem-solving). Ne possono, così, scaturire effetti positivi in termini di abbassamento della conflittualità tra le associazioni per la salute mentale e i servizi pubblici, di incremento della soddisfazione di chi vi opera e di possibilità di collaborare all’interno di progetti condivisi.

Obiettivi del modello

L’obiettivo complessivodel nostro modello procedurale è quello di migliorare l’efficacia degli interventi psicoeducativi e la qualità dei servizi per la salute mentale, prevedendo anche il coinvolgimento della rete sociale.
Il proposito di migliorare l’efficacia delle tecniche psicoeducative comprende:

  • l’incremento del livello di funzionamento globale dei pazienti (con particolare riferimento alle loro abilità sociali e al loro funzionamento cognitivo);
  • il miglioramento della qualità di vita del nucleo familiare con problematiche di salute mentale.

L’obiettivo di migliorare la qualità dei servizi per la salute mentale include anche:

  • l’incremento del benessere organizzativo all’interno dei servizi;
  • il miglioramento dell’integrazione con l’associazionismo e con la rete sociale.

Tale obiettivo complessivo comprende una serie di obiettivi specifici:

  1. la riduzione del livello di stress familiare (soprattutto attraverso il trattamento psicoeducativo di gruppo con familiari di pazienti con disturbi psichiatrici gravi, e i gruppi di auto-mutuo-aiuto di familiari);
  2. l’incremento della capacità dell’individuo vulnerabile di fronteggiare lo stress familiare e quello riferito alla realtà sociale (soprattutto attraverso il trattamento di social skills training);
  3. il miglioramento dell’aderenza al trattamento psicofarmacologico (compliance);
  4. il rafforzamento del lavoro di équipe dei servizi per la salute mentale e dei servizi per le tossicodipendenze, attraverso la valorizzazione delle diverse figure professionali;
  5. la realizzazione di una prevenzione secondaria e terziaria in termini di riduzione delle ricadute, miglioramento del decorso e rafforzamento dei fattori protettivi;
  6. la valorizzazione delle risorse dei familiari, vale a dire delle loro competenze, del loro sapere esperienziale e dei loro contenuti emozionali;
  7. la promozione dell’associazionismo dei familiari, del volontariato organizzatoe dell’auto-aiuto (riferito in particolare ai familiari e ai pazienti);
  8. l’impegno rivolto a favorire lo sviluppo di una rete di interventi che si auto-alimentino, capaci di produrre risorse e iniziative rivolte a promuovere la salute mentale dei cittadini;
  9. l’ottimizzazione dei risultati attraverso il miglioramento del livello di integrazione:
    1. tra i vari tipi di intervento psicoeducativo;
    2. tra gli interventi psicoeducativi e gli altri interventi svolti all’interno dei servizi per la salute mentale e dei servizi per le tossicodipendenze;
    3. tra gli interventi psicoeducativi e gli interventi svolti dalle associazioni di familiari e dal volontariato organizzato;
    4. tra la rete degli interventi svolti e le risorse del territorio;
  10. la realizzazione di programmi di formazione per gli operatori dei servizi e per il volontariato organizzato;
  11. lo svolgimento di interventi preventivi rivolti alle famiglie, finalizzati a prevenire l’insorgenza delle patologie psichiatriche e del disagio psichico;
  12. l’introduzione di strumenti per monitorare le attività.

Verifica dei risultati

Il modello prevede la costante verifica dei risultati dei diversi tipi di interventi psicoeducativi e dei progetti integrati allo scopo di garantire un sistema di monitoraggio rivolto a garantire risposte adeguate ai bisogni di salute dei cittadini.

Limiti attuali della procedura e propositi di miglioramento

Attraverso l’ulteriore applicazione della procedura ci proponiamo di migliorare:

  1. il livello di integrazione:
    1. tra i vari tipi di intervento psicoeducativo;
    2. tra gli interventi psicoeducativi e gli altri interventi svolti all’interno dei servizi per la salute mentale;
    3. tra gli interventi psicoeducativi e gli interventi svolti dalle associazioni di familiari e dal volontariato; organizzato;
    4. tra la rete degli interventi svolti e le risorse del territorio;
  2. il livello del coinvolgimento multiprofessionale per lo svolgimento degli interventi psicoeducativi;
  3. l’applicazione della teoria dell’attaccamento durante lo svolgimento dei vari tipi di attività (gruppi psicoeducativi con familiari, social skills training, gruppi di auto-aiuto ecc.);
  4. la comunicazione delle informazioni sugli psicofarmaci durante lo svolgimento degli interventi psicoeducativi (S.S.T. e gruppi per familiari). Questo per aumentare la consapevolezza della malattia e l’adesione al trattamento (compliance), necessari per diminuire le ricadute, migliorare il decorso dei disturbi e ridurre i costi sanitari;
  5. la valutazione psicodiagnostica che necessita diperfezionamenti riguardanti la scelta degli strumenti psicodiagnostici e  la metodologia della ricerca applicata. Altrettanto possiamo dire per lo studio delle correlazioni tra i risultati delle valutazioni psicodiagnostiche e quelli della neuroimmagine del cervello (PET).

Bibliografia

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