Osservatorio Orientamento
La psicologia positiva per l’orientamento e il lavoro
La psicologia positiva per l’orientamento e il lavoro
Il lavoro, stando ai dati sulla disoccupazione, sul precariato e sulla sottoccupazione che ogni giorno vengono pubblicizzati anche dai mass media, da dovere e diritto per tutti sta diventando privilegio di pochi (Soresi, Nota & Ferrari, 2012), condizione percepita da porzioni sempre più ampie della popolazione come una grave minaccia alla qualità della propria realizzazione ed esistenza. Queste riflessioni hanno avuto significative ripercussioni anche nell’ambito della ricerca in materia di counselling e di vocational guidance tanto che da almeno cinque anni, in diverse parti del mondo, dal Sud America al Canada, dall’Australia all’India, dalla Finlandia alla Germania e alla Spagna, solo per citare i paesi che hanno ospitato i più importanti congressi internazionali di questi ultimi anni, si è fatto esplicito riferimento alla presenza, nel mondo, di nuove e minacciose sfide per la progettazione del futuro e per coloro che si occupano di previsioni ed anticipazioni delle future condizioni sociali (Soresi, Nota, Ferrari e Sgaramella, 2013; Nota e Rossier, 2015).
In effetti ormai è pressoché generalizzato il convincimento che le relazioni lineari che sono state utilizzate in passato per avanzare le previsioni a proposito delle evoluzioni dei sistemi lavorativi e formativi, non sono più in grado di aiutare ad anticipare il futuro e ad indicare opzioni lavorative sicuramente promettenti e gratificanti. In questi ultimi anni, inoltre, sono aumentate le voci di coloro che, occupandosi di lavoro, di counselling, di educazione ed inclusione, di prevenzione… di persone, constatano l’incremento delle sacche di povertà, delle ingiustizie e delle sperequazioni sociali, e, oltre a dichiarare la propria “indignazione”, hanno iniziato a chiedere anche al mondo della ricerca di essere maggiormente attenta al benessere delle persone e di “parteggiare” decisamente per i più deboli e per le situazioni a rischio. La ricerca, in altri termini, dovrebbe essere maggiormente attratta da ciò che accade al di fuori dei propri laboratori e delle proprie biblioteche dimostrando di possedere una consistente rilevanza sociale grazie alla messa a punto di modalità utili per fronteggiare i rischi e le crisi attuali suggerendo al contempo ai decisori e alle persone come, nonostante tutto, “resistere”, con creatività, intelligenza, speranza e determinazione, alle difficoltà e agli ostacoli. È proprio nei momenti difficili che, in realtà, è necessario ancorarci a “costrutti positivi”, e, questo, soprattutto quando, come accade nei processi formativi e nel counselling, è necessario mettere in moto energie, risorse e positività per la “progettazione e costruzione del futuro” (Ferrari, Sgaramella e Soresi, 2014; Ferrari, Nota e Soresi, 2012; Nota, Ginevra e Santilli, 2014).
La speranza, diceva Agostino d’Ippona, ha due bellissimi figli… lo sdegno e il coraggio: il primo per come vanno le cose, il secondo per provare a cambiarle. Anche noi riteniamo che coloro che si occupano di educazione, di prevenzione e di counselling debbano essere dei provocatori, debbano manifestare la propria indignazione in presenza di ingiustizie e di “barriere artificiali”, da un lato, e il coraggio di assumersi la responsabilità di individuare, realizzare e proporre i cambiamenti necessari, dall’altro.
I cambiamenti richiedono anticipazioni positive dei futuri possibili, speranza, ottimismo (non ovviamente quello ottuso di cui ci parla anche Seligman), così come il coraggio di “resistere” alle minacce e alle difficoltà imparando, tutto sommato, a fare i conti con il rischio. Però a differenza di coloro che sono interessati alla patologia e che vedono nel rischio solamente elementi negativi, qualcosa da cui guardarsi, chi si occupa di progettazione del futuro gli attribuisce significati più neutri, se non addirittura positivi, considerandolo essenzialmente come sfida. Da questo punto di vista mentre in alcuni ambiti si parla di come eliminare e ridurre i rischi, dal nostro si tratta di dibattere e studiare come affrontarli, come contenerli se non proprio accettarli.
Queste tematiche sono state oggetto di diverse giornate di studio organizzate dall’International Hope Research Team (IHRT) dell’Università di Padova che hanno visto il coinvolgimento di numerosi ricercatori e studiosi italiani afferenti a differenti università che hanno dato vita a molteplici progetti di ricerca. I primi risultati di questi lavori sono stati presentati nel corso della conferenza internazionale “Life Design and Career Counselling: Building hope and resilience”, i cui preatti sono disponibili nel sito web del Larios, altri sono stati pubblicati nell’eBook La psicologia positiva a scuola e nei contesti formativi: contributi di ricerca (2014, Soresi e Nota), altri ancora compaiono nel nuovo eBook La psicologia positiva per l’orientamento e il lavoro: strumenti e contributi di ricerca (2015, Nota e Soresi).
In questi lavori i membri dell’IHRTeam si sono trovati a dove far sovente riferimento, trattando le tematiche associate alla scelta e alla progettazione lavorativa, a costrutti e dimensioni che tradizionalmente le scienze dell’orientamento hanno decisamente trascurato e che invece stanno a cuore alla cosiddetta psicologia positiva, quali la speranza, l’ottimismo, la prospettiva temporale e la resilienza.
Speranza. Nel trattare il tema della speranza il gruppo IHRT fa riferimento sostanzialmente al lavoro di Snyder (Snyder, 2000) che la definisce come la motivazione che si nutre nei confronti della possibilità di conseguire determinati risultati e obiettivi. Avere speranza nel proprio futuro significa credere nelle proprie capacità e puntare al miglioramento; essa ci permette di raccogliere le energie e di usarle per i nostri sogni ed i nostri obiettivi, mantenendo l’impegno e la voglia di arrivare alle nostre mete. La speranza è sicuramente un costrutto complesso e multifattoriale. Sebbene in letteratura esistano proposte diverse, qui si farà generalmente riferimento alla capacità di:
- mettere a fuoco chiaramente degli obiettivi;
- individuare delle strategie specifiche per raggiungerli;
- stimolare e sostenere la motivazione ad usare queste strategie.
Per quanto riguarda il mettere a fuoco obiettivi, Snyder (2002) ne parla in termini di mete, di risultati che le persone desiderano perseguire, che si rappresentano sotto forma di immagini mentali o descrizioni verbali. A tal fine sarebbe importante riuscire a sviluppare la capacità e l’abitudine ad “operazionalizzarli” evitando di formularli in modo vago, generico ed impreciso, affinché, da un lato, sia maggiormente possibile la loro analisi e, dall’altro, la verifica e la valutazione del loro raggiungimento. Per quanto riguarda le strategie di perseguimento, riteniamo opportuno che le persone siano invitate ad individuare e pianificare i passi necessari al raggiungimento della meta, le azioni possibili ritenute maggiormente efficaci, unitamente anche ad una gamma di comportamenti di autoregolazione che potrebbero mantenere la persona ancorata ai propri obiettivi e proiettata al loro raggiungimento. A questo riguardo Snyder (2002) precisa che il perseguimento di un obiettivo richiede oltre alla rappresentazione mentale del percorso da eseguire (percorso primario), l’individuazione di strategie e percorsi alternativi da attivare in situazioni impreviste. Ciò implica che, man mano che si prosegue verso la propria meta, la persona monitori costantemente l’efficacia delle strategie adottate ed eventualmente le modifichi in base ai feedback raccolti. Per quanto riguarda lo stimolare e il sostenere la motivazione, si fa riferimento alla propensione ad utilizzare una sorta di “dialogo interno positivo”, con affermazioni quali “posso farlo”, “ci riuscirò”, “ho tutto quello che mi serve per farcela” (Snyder, 1998), soprattutto in presenza di situazioni sfidanti od ostacoli. Questi pensieri esortano gli individui ad andare avanti, “a fare il passo successivo”, ad impegnarsi per il raggiungimento anche di obiettivi complessi tramite la loro scomposizione in sotto-obiettivi e l’attivazione di strategie e percorsi alternativi. Che la speranza debba essere considerata come una componente essenziale della qualità della vita lo si afferma da tempo: nello studiare l’effetto placebo Jerome Frank (1973), ad esempio, osservò che “la mancanza di speranza può ritardare la ricerca di cure o anche accelerare la morte, mentre la speranza gioca un ruolo essenziale per molte situazioni di difficoltà” (p. 136).
Ottimismo. Nel riflettere in materia di ottimismo, facciamo essenzialmente riferimento alla propensione a guardare la vita in modo positivo, ritenendo di poter trarre il massimo vantaggio delle esperienze in corso, dalle proprie capacità e opportunità. L’ottimismo riguarderebbe la tendenza ad ottenere le migliori conseguenze anche da eventi sui quali non è possibile esercitare alcuna influenza, tanto che si giunge persino a ritenere che l’ottimista ‘trasforma i problemi in opportunità’, a differenza di quanto farebbe il pessimista che trasformerebbe in problemi persino le opportunità (Soresi, Nota, et al., 2009)! “Coloro che hanno introdotto dei cambiamenti sostanziali nel mondo che li circonda, che sono in grado di esprimere la loro creatività, che sono maggiormente orientati all’azione, ecc., sono vicini ad una visione ottimistica della vita” (Meazzini, 2007, p. 58).
Nell’approfondire lo studio di questa dimensione è a nostro avviso importante distinguere tra ottimismo realistico e ottimismo irrealistico (Anolli, 2005). Il primo riguarda la capacità di guardare la vita in modo da trarre il massimo vantaggio dall’esperienza, dalle proprie capacità e dalle opportunità offerte. È la propensione a pensare che accadranno eventi positivi grazie soprattutto al proprio impegno e ad attendersi il meglio, tenendo conto delle situazioni che si stanno sperimentando e dei vincoli contestuali. Il secondo, più illusorio e ingenuo, è la tendenza a credere che nella vita accadranno più eventi positivi che negativi senza però un atteggiamento proiettato all’impegno e alla perseveranza.
Prospettiva temporale. Si tratta della capacità delle persone di sperimentare e vivere il presente in funzione, soprattutto, delle proprie proiezioni verso il futuro. Con questa espressione ci si riferisce pertanto alla capacità di guardare oltre “l’immediato”, di pianificare nel lungo termine, di individuare risultati che si otterranno in futuro e di prendere via via decisioni che permettano di ottimizzare, con il trascorrere del tempo, la probabilità di perseguire effettivamente tali risultati. Possedere una buona “prospettiva temporale” significa anche riconoscere la presenza di continuità tra il proprio passato e presente riuscendo tuttavia a svincolarsi in una certa misura da essi con atteggiamenti ottimistici e positivi di anticipazione del futuro (Savickas, 2011). Le persone che utilizzano un’elevata prospettiva temporale sono pertanto proiettate al futuro, sono maggiormente persistenti, hanno una più elevata capacità di individuare obiettivi e considerano generalmente più importanti quelli a lungo termine rispetto a quelli raggiungibili nel breve e medio termine (Boyd e Zimbardo, 2005; De Bilde, Vansteenkiste, e Lens, 2011).
Resilienza. Pensando alla resilienza ci riferiamo alle riflessioni di Masten e Obradovic (2006) che la ritengono la capacità di resistere o recuperare forze ed energie e di rimettersi “in moto”, in presenza di sfide notevoli che minacciano la stabilità, la vitalità, o lo sviluppo. Questo costrutto si applica molto bene alle minacce che interessano coloro che sono chiamati, oggi, ad accettare le generalizzate incertezze sociali e lavorative, tanto che potremmo parlare di resilienza professionale e non riferirla unicamente, come veniva fatto in passato, ad eventi straordinari e traumatici (Sapienza e Masten, 2011).
Bibliografia
- Anolli, L. (2005). L’ottimismo. Bologna: il Mulino.
- Boyd, J.N., & Zimbardo, P.G. (2005). Time perspective, health, and risk taking. In A. Strathman & J. Joireman (Eds.), Understanding behavior in the context of time: Theory, research, and application (pp. 85-107). Mahwah, NJ, US: Lawrence Erlbaum Associates Publishers.
- de Bilde, J., Vansteenkiste, M., & Lens, W. (2011). Understanding the association between future time perspective and self-regulated learning through the lens of self-determination theory. Learning
- and Instruction, 21 (3), 332-344.
- Ferrari, L., Nota, L., & Soresi, S. (2012). Evaluation of an intervention to foster time perspective and career decidedness in a group of Italian adolescent. Career Development Quarterly, 60, 82-96.
- Ferrari, L., Sgaramella, T.M., & Soresi, S. (2015). Disability and work: a difficult but possible association. contribution and challenges of life design. In L. Nota & J. Rossier (Eds.), Handbook of Life Design. Göttingen: Hogrefe.
- Frank, J.D. (1973). Persuasion and Healing: A Comparative Study of Psychotherapy. The Johns Hopkins University Press.
- Masten, A.S., & Obradović, J. (2006). Competence and resilience in development. Annals of the New York Academy of Sciences, 1094 (1), 13-27.
- Meazzini, P. (2007). Ottimismo e Felicità. Firenze: Giunti Editore.
- Nota, L., Ginevra, M.C., & Santilli, S. (2015). Life Design and prevention. In L. Nota & J. Rossier (Eds.), Handbook of Life Design. Göttingen: Hogrefe.
- Nota, L., & Soresi, S. (2015). La psicologia positiva per l’orientamento e il lavoro: strumenti e contributi di ricerca (eBook). Hogrefe Editore: Firenze.
- Nota L., & Rossier, J. (2015), Handbook of Life Design. Göttingen: Hogrefe
- Sapienza, J.K., Masten, A.S. (2011). Understanding and promoting resilience in children and youth. Current Opinion in Psychiatry, 24 (4), 267-273.
- Savickas, M. (2011). Career counseling. American Psychological Association.
- Snyder, C.R. (1998). A case for hope in pain, loss, and suffering. In J. H. Harvey, J. Omarzu, & E. Miller (Eds.), Perspectives on loss: A sourcebook (pp. 63–79). Washington, DC: Taylor & Francis.
- Snyder, C.R. (2002). Hope theory: Rainbows in the mind. Psychological Inquiry, 13, 249-275.
- Snyder, C.R. (Ed.). (2000). Handbook of hope: Theory, measures, and applications. San Diego, CA: Academic Press.
- Soresi, S., & Nota, L. (2014). La psicologia positiva a scuola e nei contesti formativi: contributi di ricerca (eBook). Hogrefe Editore: Firenze.
- Soresi, S., Nota L., Ferrari, L., & Sgaramella, T.M. (2013). Career development and career thoughts. In M. L. Wehmeyer (Ed.), Oxford Handbook of Positive Psychology and Disability. Oxford University Press: Oxford.
- Soresi, S., Nota, L., & Ferrari, L. (2012). Career Adapt-Abilities Scale-Italian Form: Psychometric properties and relationships to breadth of interests, quality of life, and perceived barriers. Journal of Vocational Behavior, 80, 705-711.
- Soresi, S., Nota, L., Ferrari, L., Sgaramella, M.T., Ginevra, M.C., & Carrieri, L. (2009). Progettazioni, itinerari e passi possibili di orientamento. Firenze: Giunti O.S. Organizzazioni Speciali.
Questo articolo è adattato dalla prefazione all’eBook, La psicologia positiva per l’orientamento e il lavoro. Strumenti e contributi di ricerca, di recente pubblicato presso i nostri tipi.