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La pet therapy e il ruolo della relazione tra persona e animale
La pet therapy e il ruolo della relazione tra persona e animale
Parlare di “Pet therapy” va di moda. I media ci riempiono di servizi giornalistici o pubblicità con protagonisti bambini e animali, un binomio che suscita emozioni positive, di tenerezza, di benessere che i pubblicitari cercano di traslare sul prodotto in promozione. Puntano a utilizzare tutto quello che fa parte del nostro patrimonio genetico che si richiama alla teorica neotenica, che inconsciamente e per via istintiva in noi suscita senso di accudimento, simpatia, desiderio di cura e protezione.
Spesso però il rapporto tra uomo e animale, in particolare nei programmi di informazione generalizzata, viene presentato come un elemento quasi miracoloso, taumaturgico, un accostamento che ha poco a che fare con il reale processo di costruzione, progettazione, pianificazione e di riflessione sull’avvicinamento emotivo tra persona con difficoltà e animale.
D’altra parte nel nostro Paese la conoscenza degli Interventi assistiti con gli animali (detti I.A.A.) è ancora poco approfondita e molto è lasciato all’immaginario e alla suggestione.
In Italia esistono pochissimi progetti sperimentali su questo argomento: fare ricerca è difficile da un punto di vista economico, vista l’esiguità dei finanziamenti, ma manca anche e soprattutto un riconoscimento della sua importanza scientifica, un inquadramento teorico e di orientamento di riferimento condiviso, e infine un quadro normativo nazionale di riferimento.
Solo nell’ottobre 2012 è stato organizzato il primo convegno sugli I.A.A in ambito Pediatrico a Firenze all’interno dell’AOU Meyer, struttura pediatrica pubblica di eccellenza.
Dal 2009 invece è attivo il Centro di referenza nazionale per gli Interventi assistiti con gli animali (CRN I.A.A.) con sede nell’Istituto Zooprofilattico sperimentale delle Venezie (IZSVe) quale ente sanitario di diritto pubblico. Tra i suoi compiti ci sono la promozione della ricerca per la standardizzazione di protocolli operativi per il controllo sanitario e comportamentale degli animali impiegati nei programmi di I.A.A., il potenziamento delle collaborazioni fra medicina umana e veterinaria per individuare sinergie operative e di ricerca, il miglioramento delle conoscenze circa l'applicabilità di tali interventi in determinate categorie di pazienti. Il riconoscimento di tale disciplina è un processo normativo e in primis culturale che ha bisogno di tempi di riflessioni e scambi esperienziali che veda al centro la relazione tra quella persona, bambino disabile, paziente psichiatrico, portatore di soggettività e declinazioni specifiche della sua patologia e quella coppia-sistema operatore-animale.
In realtà fino ad oggi non esiste nel nostro Paese un testo scientifico sulla complessità e sulle determinati declinazioni psicologiche costruite nell’ambito della relazione “terapeutica” tra uomo e animale.
Nei prossimi mesi la casa editrice Hogrefe pubblicherà la traduzione italiana del volume di Dennis Turner e altri autori “Attachment to pets”, corredato da una contestualizzazione italiana all’attaccamento agli animali curata dalla sottoscritta.
Il testo vuole rispondere scientificamente alla spiegazione di un legame così complesso e straordinario, sia nella sua dimensione fisiologica ‒ come mostrano gli studi sulla funzione integrativa dell’ossitocina e gli effetti dell’interazione tra persona animale sul sistema nervoso autonomo ‒, che sotto l’aspetto affettivo ed emotivo, spiegato e analizzato attraverso la teoria dell’attaccamento.
La relazione con l’animale domestico ha radici biologiche profonde che coinvolgono meccanismi comportamentali, psicologici, neuronali. Tale legame è importante per la crescita dell’essere umano e il suo benessere, è una rapporto di comunicazione emotiva reciproca in cui l’uomo è un accudente, un caregiver, e l’animale è un portatore di soggettività. Investiamo i nostri animali di attenzioni, ruoli, proiezioni. Li scegliamo anche in base al nostro carattere e al nostro comportamento: sono – come dice Turner ‒ “l’estensione del fenotipo dei loro proprietari”.
Soprattutto il cane ‒ ma anche un altro animale domestico ‒ si pone come vero e proprio partner sociale in grado di autentici scambi relazionali e di reciprocità emotiva. Gli animali diventano promotori, attivatori di emozioni e regolatori di processi emotivi, di meccanismi neurobiologici.
Lavorare su questi sentimenti, su queste proiezioni, sulla necessità dell’accudimento e del benessere che ne deriva è la base degli Interventi assistiti con gli animali.
Tra le esperienze più qualificate di pet therapy anche a livello internazionale, nell’Azienda Ospedaliero Universitaria Meyer di Firenze dal 2002 bambini, genitori e operatori sanitari sono tutti attori e protagonisti di un intervento con azione sistemica, in cui in prima istanza si opera sul e per il benessere della comunità-ospedale dove il bambino è indiscusso protagonista nel processo di cura.
Ma esistono anche altre esperienze qualificate, ad esempio per la riabilitazione equestre, l’Ospedale milanese del Niguarda dal 1981 coinvolge in sessioni con i cavalli i bambini con paralisi cerebrali infantili. Anche nell’Istituto San Giovanni di Dio, Fatebenefratelli di Genzano (Roma) da molti anni pazienti hanno la possibilità di interagire con gli asini attraverso la terapie assistite con gli animali (T.A.A.) sia per pazienti affetti di schizofrenia sia psichiatrici.
Purtroppo è necessario sottolineare come numerosi sono ancora i percorsi improvvisati da personale non qualificato (talvolta volontari, talvolta no): non basta possedere un buon “cane” e avere un profilo anche qualificato (medico, veterinario, psicologo, fisioterapista) o appoggiarsi a una proposta formativa di poche decine di ore per diventare esperti di pet therapy. È anche necessario avere costruito un’ottima relazione con il proprio collega a quattro zampe, oltre a uno spazio mentale di rielaborazione delle dinamiche che ogni coppia operatore-animale ha in sé, proprio per le sue specificità. Non in ultimo bisogna riuscire a promuovere l’ascolto e la collaborazione entro un gruppo interdisciplinare in cui si integrano la medicina umana, quella veterinaria, la psicologia, l’ambito clinico, neuromotorio, ecc.
Un progetto di I.A.A. si basa sul rapporto tra tre soggetti: l’operatore, il suo animale, il paziente.
L’alleanza emotiva e di fiducia con il proprio animale ‒ compagno insostituibile del percorso psicoeducativo, riabilitativo, ecc. – è l’indispensabile premessa per un graduale, autentico e raffinato riconoscimento del suo talento e delle sue potenzialità emotive e mentali. L’animale è un ponte e una leva motivazionale nella relazione con l’altro. Allo stesso tempo per il cane, il suo specialista umano in I.A.A. è una base sicura che permette la mediazione con il soggetto dell’intervento operando su importanti meccanismi emotivi.