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numero 3 - dicembre 2012

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La diagnosi di discalculia: il documento d’accordo AIRIPA-AID (2012)

La diagnosi di discalculia: il documento d’accordo AIRIPA-AID (2012)

L’aritmetica, oltre ad avere un’importante ripercussione nella vita di tutti i giorni, rappresenta una delle discipline scolastiche meno amate dagli studenti e fonte di molte difficoltà e situazioni di insuccesso. Attualmente in Italia, nella scuola primaria, circa 5 studenti per classe vengono segnalati dagli insegnanti per difficoltà di calcolo. Stando a questa stima, il 20% dei bambini incontrerebbe difficoltà significative nell’apprendere il sistema dei numeri. Eppure, i casi che presentano un disturbo specifico dell’apprendimento del calcolo (Discalculia Evolutiva) sono solo lo 0.5-1% della popolazione scolastica.
La stima della prevalenza del disturbo all’interno della popolazione scolastica è complicata anche dallo  scarso accordo degli specialisti relativamente ai criteri da utilizzare per effettuare una diagnosi di discalculia.
 
La legge n. 170 dell’8 Ottobre 2010 (Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico) riconosce l’esistenza della discalculia e suggerisce la necessità di definire dei criteri più precisi per specificare quali casi possano ricevere questa diagnosi.
Già il documento emanato dalla Consensus Conference (2009) definisce la discalculia come un disturbo nelle abilità di numero e di calcolo (intese come capacità di comprendere e operare con i numeri), e indica che al fine della sua individuazione è necessario osservare una caduta significativa in due parametri: velocità di calcolo e accuratezza rispetto alla propria fascia scolastica. In altre parole, il documento prevede che perché un bambino possa ricevere una diagnosi di discalculia, le sue prestazioni in prove standardizzate devono collocarsi significativamente al di sotto del livello atteso per la classe scolastica frequentata (Murphy, 2007). Le aree che si suggerisce di indagare riguardano la conoscenza dei fatti aritmetici (recupero di semplici operazioni dalla memoria, come le tabelline), il calcolo scritto, il calcolo a mente, il confronto di quantità, la lettura, la scrittura dei numeri ed il conteggio. Swanson e Jerman (2006) in una meta-analisi riportano che la maggior parte degli studiosi si dichiara concorde nel considerare cruciali, per la diagnosi di discalculia, il recupero dei fatti numerici (Geary, 1993) ed il confronto di quantità (Landerl, et al. 2004). Oltre ad indici quantitativi di discrepanza rispetto alla propria fascia scolastica, il documento della Consensus Conference (2009) raccomanda un’analisi qualitativa degli errori. In una recente ricerca, Mazzocco (2008) ha confrontato la tipologia di errori commessi da bambini con disturbo specifico del calcolo rispetto a quelli prodotti da bambini con difficoltà di calcolo o con sviluppo tipico, evidenziando che i alunni discalculici si differenziano dai quelli con basso rendimento non solo per la quantità di errori, ma anche per la tipologia (si veda anche Lucangeli e Mammarella, 2010). Tale analisi risulterebbe, tra l’altro, fondamentale per l’individuazione di profili distinti di disturbo.
 
A tal proposito, il documento elaborato dal Panel di aggiornamento e revisione della Consensus Conference DSA (2007) Raccomandazioni cliniche sui DSA (2011) suggerisce l’esistenza di diversi profili di discalculia, e ne sottolinea l’importanza ai fini riabilitativi. Nello specifico, si ritiene utile una classificazione che distingue tra un disturbo a carico del senso del numero (semantico-sintattico) e della rappresentazione di quantità, uno a carico della memorizzazione dei fatti numerici, uno a carico delle procedure di calcolo scritto ed una condizione mista.
Il deficit a carico del senso del numero è riferito a quei bambini ciechi ai numeri, ovvero incapaci di stimare piccole numerosità (subitazing), di confrontare grandezze numeriche e di stimare il risultato di operazioni di calcolo a mente. Per disturbo a carico del recupero dei fatti numerici si fa riferimento, invece, a bambini incapaci di memorizzare semplici operazioni, mentre il deficit a carico delle procedure di calcolo scritto riguarda una difficoltà nella lettura, scrittura e messa in colonna dei numeri e/o negli algoritmi del calcolo scritto.
 
Per fare chiarezza ed individuare delle linee guida univoche e condivisibili da parte di coloro che si occupano della diagnosi di discalculia, l’Associazione Italiana per la Ricerca e l’Intervento nella Psicopatologia dell’Apprendimento (AIRIPA),  in accordo con l’Associazione Italiana Dislessia (AID), ha stilato un documento allo scopo di meglio definire un accordo tra gli specialisti, che è stato presentato nell’ottobre 2012, durante il XXI Congresso AIRIPA. Il documento riprende e sintetizza le precedenti indicazioni fornite dai tavoli di confronto e dalla letteratura internazionale, offrendo ai professionisti delle linee guida autorevoli alle quali fare riferimento nella propria pratica clinica.
 
Il punto di partenza di tale documento è la definizione degli  elementi base per una diagnosi di discalculia, che  sono rappresentati da:
  1. una prestazione molto bassa a prove standardizzate,
  2. severe conseguenze adattive,
  3. persistenza del problema nella storia scolastica del caso,
  4. esclusione di fattori estrinseci, quali scarso livello socio-culturale della famiglia, o un livello scadente di istruzione.
Con l’obiettivo, quindi, di uniformare i criteri per la diagnosi, il documento emanato congiuntamente da AIRIPA-AID suggerisce di attenersi ai seguenti punti:
  1. La valutazione delle abilità di calcolo deve prevedere l’utilizzo di prove standardizzate con buone proprietà psicometriche, che esaminino la cognizione numerica ed il calcolo a mente e scritto negli indici di accuratezza e rapidità.
  2. È possibile ipotizzare la presenza di un disturbo specifico del calcolo solo se le prestazioni del bambino si collocano al di sotto dei punteggi critici, fissati al 5° percentile (o sotto 2 deviazioni standard) rispetto alla classe frequentata e al programma didattico svolto, in almeno il 50% delle prove contenute all’interno di una batteria di test che valuti le abilità di numero e calcolo.
  3. Il deficit deve avere carattere di persistenza, e quindi essersi presentato nell’arco della storia scolastica del bambino.
  4. Nei casi meno chiari, la certezza della diagnosi, può basarsi sulla resistenza al trattamento di recupero e/o potenziamento; in altre parole è possibile effettuare la diagnosi dopo un periodo di alcuni mesi di adeguata stimolazione delle componenti compromesse. Come affermato in precedenza, infatti, il disturbo deve avere carattere di persistenza e resistenza al trattamento. Se il clinico fosse impossibilitato nell’effettuare un intervento, anche la rivalutazione dopo alcuni mesi potrebbe essere d’aiuto per propendere verso l’assenza/presenza di un disturbo. Tale criterio viene considerato fondamentale all’interno del documento, in quanto consentirebbe di escludere i casi falsi positivi, ovvero quei bambini che pur ottenendo basse prestazioni nelle prove di calcolo, non presentano un disturbo specifico.
  5. La diagnosi può essere supportata dalla presenza di alcuni indici clinici fra quelli maggiormente associati alla discalculia, come ad esempio compromissione dei meccanismi sintattici visivo spaziali (132; 231; 123), della memoria fonologica, ad esempio da pregresso disturbo del linguaggio con conseguenze nella memoria di lavoro verbale e potenziali ricadute nella scrittura del numero e nel recupero di fatti numerici o familiarità, ecc.
  6. Devono essere presenti serie conseguenze adattive, in compiti tipici per la fascia scolastica del bambino e/o in situazioni della vita quotidiana (ad esempio: contare il resto; stimare il risultato di operazioni).
  7. Devono essere rispettati i criteri adottati per la diagnosi dei disturbi specifici dell’apprendimento, ovvero l’assenza di fattori contestuali e familiari, ed altri fattori di esclusione come presenza di handicap sensoriale, intellettivo e problemi a livello emotivo, motivazionale.
Per quanto riguarda la presenza di diversi profili di discalculia, il documento AIRIPA-AID raccomanda di non utilizzare criteri di classificazione facendo riferimento a sottotipi più o meno precisi, in quanto a livello internazionale non si è ancora raggiunto un accordo sulla loro distinzione. Tuttavia, suggerisce di descrivere i profili funzionali di ciascun bambino in quanto fondamentali per personalizzare gli interventi educativi e riabilitativi. I profili di disturbo considerati più frequenti corrispondono a quelli riportati nel documento Raccomandazioni cliniche sui DSA (2011), ovvero (i) deficit a carico del senso del numero, (ii) del recupero di fatti aritmetici, (iii) delle procedure di calcolo e (iv) disturbo misto. Per quanto riguarda il deficit a carico delle procedure di calcolo, si sottolinea la possibilità di distinguere tra un deficit a base visuospaziale (Mammarella, Lucangeli, & Cornoldi, 2010) – nel quale il problema di calcolo è secondario ad una difficoltà di elaborare informazioni visuospaziali (Toso & Mammarella, 2012) – ed un deficit a base procedurale (Raghubar et al., 2009) caratterizzato da un’incapacità di automatizzare le procedure tipiche del calcolo scritto.
 
In riferimento al trattamento della discalculia, il documento AIRIPA-AID (2012) suggerisce di tener conto delle caratteristiche specifiche del caso, di utilizzare modalità di provata efficacia e coerenti coi risultati della ricerca scientifica e di includere una verifica di efficacia dell’intervento, ovvero di risomministrare, al termine del ciclo di trattamento, le prove utilizzate durante la fase diagnostica con l’obiettivo di verificare eventuali miglioramenti. La tipologia di intervento suggerita dovrà tener conto del contesto, favorire una collaborazione della famiglia e della scuola, tenere in considerazione gli aspetti emotivi e motivazionali del bambino, favorire un atteggiamento metacognitivo dello stesso, ed assicurarsi che i progressi si mantengano nel tempo e, possibilmente, si estendano agli ambiti di vita quotidiana. In generale, tuttavia, ai fini della scelta del tipo di intervento è bene ricordare che il deficit a carico del senso del numero sembra essere il più resistente al trattamento, tanto che, in tali casi una risoluzione definitiva è molto improbabile. Per i casi con problemi nelle procedure di calcolo, si dovrebbero osservare dei miglioramenti dopo circa 30 ore di intervento basato sul potenziamento di strategie di calcolo e sui fatti aritmetici, piuttosto che sulle procedure del calcolo scritto. Anche nei casi di profilo visuo-spaziale si dovrebbero osservare dei miglioramenti in circa 30 ore di trattamento, a meno che non si tratti di un bambino con un disturbo visuo-spaziale profondo. In questo caso, il percorso potrebbe prevedere due tappe: il potenziamento delle abilità visuo-spaziali seguito da un lavoro sulle abilità numeriche.
 

Bibliografia

  • AA.VV. (2009). Disturbi evolutivi specifici di apprendimento. Raccomandazioni per la pratica clinica dei disturbi evolutivi specifici di apprendimento: dislessia, disortografia, disgrafia e discalculia. Promosso da Associazione Italiana Dislessia. Trento: Erickson.
  • AA.VV. (2011). DSA Documento d’intesa, P.A.R.C.C., 2011; www.lineeguidadsa.it
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