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numero 7 - aprile 2013

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La delicata fase del prepensionamento e la promozione dello scambio intergenerazionale: il progetto MAUT

La delicata fase del prepensionamento e la promozione dello scambio intergenerazionale: il progetto MAUT

Nel corso degli ultimi decenni si è assistito a una vera e propria rivoluzione demografica: la popolazione mondiale sta drammaticamente invecchiando. Questa rivoluzione “grigia” pone grandi sfide alla nostra società in vari ambiti, compreso il mondo del lavoro. A seguito dell’invecchiamento della popolazione e delle nuove riforme pensionistiche, infatti, le aziende si trovano sempre più a dover gestire una larga parte della forza lavoro che non solo tende a invecchiare, ma che deve convivere con persone molto più giovani anagraficamente e portatrici di cognizioni e metacognizioni molto diverse.

Oggi il tema dei lavoratori senior è diventato di pressante attualità. Particolare attenzione andrebbe prestata agli specialist senior, né dirigenti né quadri, i cosiddetti “professional”, che rappresentano già una larga fetta delle aziende private e della Pubblica Amministrazione, dove sono il 34% dell'intera forza lavoro e un quarto del mondo della finanza. Lavoratori qualificati ed esperti che potrebbero rappresentare con il proprio know-how una risorsa preziosa e che invece, dopo un percorso lavorativo ricco di esperienze e spesso costellato di successi, si ritrovano ad una certa età derubricati a fattore critico.

Le aziende, infatti, non sembrano tenerli nella giusta considerazione: non li ritengono abbastanza competenti, produttivi e affidabili quanto in realtà i lavoratori senior stessi effettivamente si sentono. Prevalgono invece giudizi negativi, spesso altamente inaccurati e basati su stereotipi ingiusti e fuorvianti che non riflettono la reale diversità delle persone all’interno dei gruppi d’età interessati (Fiore, Borella e De Beni, 2012). Queste credenze negative sull’affidabilità, sull’adattabilità e sulla produttività dei lavoratori senior presenti in azienda si traducono poi in concreti atteggiamenti e scelte organizzative da parte delle aziende, che giocano sfavorevolmente sulle opportunità di crescita dei lavoratori senior ed incidono negativamente anche sulla percezione che tali lavoratori hanno di sé, con la conseguenza di inibire la loro capacità e la loro proattività, il loro impegno nello sviluppare progetti innovativi e sfidanti (si veda ad esempio: Toppan, 2013; Maurer, Andrews e Weiss, 2001).

Gli aspetti metacognitivi ed emotivo-motivazionali

Al fine di trattenere attivamente e a lungo le persone in azienda è indispensabile lavorare sulla cultura aziendale, in modo che il lavoratore si senta sempre più un lavoratore attivo e motivato fino alla fine del suo ciclo lavorativo e non un lavoratore uscente, ovvero un lavoratore che ha già tirato, per così dire, i remi in barca. Ma come modificare una cultura aziendale troppo spesso impregnata di stereotipi ed atteggiamenti negativi e discriminativi nei confronti dei lavoratori senior? Attraverso la programmazione e l’attivazione di politiche di age management: rivisitare prassi e sistemi consolidati di gestione delle risorse umane, con l’obiettivo di mantenere ed elevare i livelli di performance organizzativa attraverso la partecipazione di tutte le fasce di età, giovani e meno giovani (Toppan, 2013). Si tratta di sviluppare strategie volte a promuovere la permanenza dei più anziani nel mondo del lavoro – migliorando le loro condizioni lavorative – e lo scambio intergenerazionale di competenze e conoscenze, riconoscendo che ogni generazione possiede diverse abilità e conoscenze. Tuttavia, affinché siano efficaci, queste strategie devono includere anche aspetti metacognitivi ed emotivo-motivazionali: solo attraverso la scoperta e l’analisi delle credenze e delle emozioni individuali rispetto alle persone di diverse età si può creare la base relazionale necessaria affinché questi mondi, visto l’allungamento dell’età lavorativa, possano comunicare e dare vita ad un vero scambio di conoscenze. In altre parole, è fondamentale lavorare, attraverso la valorizzazione dell’età, per la rimozione dei pregiudizi negativi sui lavoratori senior che spesso ostacolano l’effettivo contributo che questa fascia di lavoratori può offrire.

In primis, al fine di migliorare la cultura aziendale in favore dei lavoratori senior è necessario far riflettere i manager e i responsabili delle risorse umane sulle effettive competenze e capacità dei lavoratori senior, con l’obiettivo di ridimensionare gli stereotipi negativi relativi a questa fascia di lavoratori. A questo scopo può risultare utile proporre a manager e responsabili delle risorse umane una serie di incontri, che sotto forma di focus group, aiuti i partecipanti ad affrontare le delicate tematiche relative ai lavoratori senior per valorizzare il contributo che questi possono continuare a dare. Per favorire la discussione si possono utilizzare le diverse scale della batteria MAUT – Motivazione ad Acquisire, Usare e Trasferire conoscenze (Fiore, Borella, Cornoldi e De Beni, 2012), quali, ad esempio, le scale sulle credenze relative:

  • all’invecchiamento in generale (Scala 5: Fino a che età è possibile…? Credenze sui limiti dell’età in termini di efficacia).
  • ai lavoratori più anziani in particolare (Scala 2: Credenze sui lavoratori senior) e
  • sulle credenze sull’importanza, trasmissibilità e declino di abilità rilevanti in ambito lavorativo (Scala 1: Credenze sull’importanza, trasmissibilità e declino di abilità).

Tramite la riflessione e la discussione in gruppo, si facilita la presa di coscienza di eventuali stereotipi che i partecipanti spesso hanno: questo è un primo fondamentale passo per sfatare credenze erronee, spesso alla base di atteggiamenti aziendali discriminatori e, di conseguenza, favorire un iniziale cambiamento nella cultura aziendale.

Successivamente, può essere proposto direttamente ai lavoratori di diverse generazioni, senior e più giovani, il Cross Ages. Percorso di intervento per la promozione dello scambio intergenerazionale in ambito lavorativo (Fiore et al., 2012), per promuovere un rapporto proficuo di collaborazione tra diverse generazioni di lavoratori. Spesso le interazioni tra lavoratori di differenti generazioni risultano essere conflittuali, a causa di convinzioni erronee e da credenze stereotipate, spesso poco accurate. Lavorare in gruppi intergenerazionali, inoltre, comporta dei costi, legati alla necessità di integrare prospettive eterogenee. Come riportano Convertino et al. (2007), generazioni differenti di lavoratori usano “linguaggi diversi” e lavorano con ritmi diversi e sulla base di differenti esperienze lavorative. Il percorso Cross Ages si propone di eliminare le barriere intergenerazionali allo scambio in ambito lavorativo, mettendo direttamente a confronto lavoratori di differenti generazioni e aiutandoli a collaborare produttivamente, consapevoli che tali credenze possano essere modificate attraverso opportuni interventi volti a sfatare i “miti” e i pregiudizi relativi al lavoratore anziano.

Bibliografia

  • Convertino, G., Farooq, U., Rosson, M.B., Carroll, J.M. e Meyer, B.J.F. (2007). Supporting intergenerational groups in computer-supported cooperative work (CSCW). Behaviour & Information Technology, 26, 275-285.
  • Fiore, F., Borella, E., Cornoldi C., & De Beni, R. (2012). Cross Ages/MAUT. Percorso di assessment e intervento per la promozione dello scambio intergenerazionale in ambito lavorativo. Firenze: Hogrefe Editore.
  • Fiore, F., Borella, E. e De Beni, R. (2012). How old are older workers? From age stereotypes to successful intergenerational relationships. Life Span and Disability, 15, 35-53.
  • Maurer, T., Andrews, K. e Weiss, E. (2001, August). Toward understanding and managing stereotypical beliefs about older worker’ ability and desire for learning and development. Relazione presentata alla conferenza annuale dell’Academy of Management, Washington, DC.
  • Toppan, C. (a cura di) (2013). Age management: Idee e pratiche per valorizzare il ruolo degli over 50 nelle organizzazioni. Milano: Franco Angeli.