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La certezza di una valutazione utile: presentazione della norma UNI/ISO 10667
La certezza di una valutazione utile: presentazione della norma UNI/ISO 10667
Venerdì 23 novembre scorso è stata ufficialmente presentata a Milano la norma UNI/ISO 10667 per la valutazione della persona in contesti lavorativi. È una novità importante che, se recepita e adottata dal mercato, rivoluzionerebbe il modo di concepire e fare valutazione in azienda in Italia. Diciamo “se” perché ad oggi non è chiaro con quali modalità la norma potrà affermarsi fra i vari attori interessati: in primis aziende o organizzazioni committenti e fornitori di servizi di valutazione, che ne sono i destinatari, ma anche l'amministrazione pubblica, i sindacati e, infine, i partecipanti alle valutazioni, coloro cioè che devono, secondo norma, essere valutati con strumenti e metodologie evidence-based e tutelati nei propri diritti alla trasparenza, all’imparzialità e al feedback (qualunque esso sia) della valutazione.
A Milano è mancato questo: se si è meritoriamente fatta opera di divulgazione della norma che, lo ricordiamo, è già stata recepita da molti paesi europei, se si è spiegato cosa significhi "essere a norma" e cosa questo comporti (l'hanno fatto il rappresentante dell'UNI, l'ente predisposto alla pubblicazione delle norme in Italia, e quello di Accredia, l'agenzia che accredita il processo di certificazione e i certificatori delle norme), la divulgazione è stata necessariamente limitata (in sala c’erano circa sessanta persone, fra psicologi del lavoro e professionisti HR), e di nodi da sciogliere ne sono rimasti.
Premettendo che la traduzione italiana della norma (essendo internazionale, è stata originariamente redatta in inglese) non era all’epoca ancora completata (se ne stanno occupando Annalisa Rolandi, che ha rappresentato l'Italia nel comitato internazionale che ha redatto la norma, e Paolo Campanini, delegato dell'Ordine degli Psicologi della Lombardia), ma dovrebbe esserlo a giorni, vediamo quali sono questi nodi:
1. Specificità italiana della norma. Da parte italiana, si è rappresentata nel comitato internazionale un’istanza che ha portato a modificare la bozza della norma per includervi quella che è stata definita la "specificità" italiana, ovvero l'esistenza di un ordine professionale che regola la professione di psicologo e – a norma di legge – ne tutela gli “atti tipici”, fra i quali rientra ogni attività di valutazione svolta con metodologie e strumenti che si rifanno a teorie psicologiche. Nella norma, che ha uno dei propri fondamenti nelle competenze professionali e scientifiche del valutatore e nella loro certificabilità, è stato così aggiunto il vincolo delle “credenziali” che il valutatore deve dimostrare di possedere perché il processo di valutazione sia a norma. In Italia, tali credenziali sarebbero l'iscrizione all'albo degli psicologi. Ed ecco il primo nodo da sciogliere: sarà questa condizione sufficiente per operare a norma? E come sarà sanata la prassi inveterata in Italia che i processi di valutazione nei contesti organizzativi siano molto spesso condotti da consulenti o manager HR che non sono psicologi? E cosa succederà quando un’azienda multinazionale operante in Italia (il tipo di organizzazione, cioè, che è presumibilmente il più attento ad accogliere la norma) si rivolgerà per i propri processi di valutazione a consulenti o società di consulenza straniere certificate ISO per quanto riguarda la norma, ma senza ovviamente l'iscrizione a un albo italiano degli psicologi?
2. Qualità intrinseca della norma. Qualcuno degli psicologi in sala ha un po’ arricciato il naso riguardo all'utilità della certificazione: perché mi si deve certificare l'applicazione di una serie di prassi relative al mio lavoro di valutazione, si dice, quando già faccio riferimento a questo o a quell'altro costrutto teorico, a questo o a quell'altro approccio consulenziale? Il punto che ancora dev'essere compreso è che la norma (come ogni norma ISO del resto) definisce la bontà del processo non quella del contenuto. Paradossalmente, sebbene la norma verta sull'evidenza scientifica della valutazione, in realtà non può dire cosa sia scientificamente evidente (se lo facesse, escluderebbe tutto lo sviluppo scientifico da oggi in poi), né può esprimersi sul valore dei vari costrutti, ma definisce l'obbligo, per essere a norma, di far riferimento a procedure evidence-based. Questo non è un aspetto secondario, e se è comprensibile che gli psicologi del lavoro per cultura non abbiano familiarità con tali problematiche, è ancorché evidente come l'adesione alla norma sia una garanzia non solo formale della professionalità dello stesso psicologo. È qualcosa che va fatto comprendere agli psicologi del lavoro con azioni di informazione e sensibilizzazione che saranno lunghe e dovranno essere, per forza di cose, articolate.
3. Affermazione della norma. Infine la questione più pregnante, quella dell'affermazione della norma sul mercato. È infatti ovvio che, a prescindere dalla sua intrinseca bontà, se l'opportunità di applicare una norma per i servizi di valutazione non si diffonde soprattutto fra le aziende, questa rimarrà lettera morta. Ed è qui che l'Ordine, a Milano, è apparso diviso e debole. Diviso, perché sembra essere soltanto l'Ordine della Lombardia a procedere nell'indifferenza degli altri ordini regionali e dello stesso CNOP a questo problema. Debole, perché l'unica azione che ad oggi ha messo in programma è la divulgazione presso i propri iscritti, mentre è verso il mercato (aziende e società di consulenza) che questa dovrebbe essere principalmente fatta. Solo attraverso una campagna di sensibilizzazione continua con le aziende, le associazioni manageriali e l'amministrazione pubblica che fa uso di procedure di valutazione, sarà infatti possibile diffondere la norma e la sua applicazione. Non dimentichiamoci che l'adesione ad una norma ISO richiede tempo, noiosa attenzione, cambiamento di metodi di lavoro consolidati, soprattutto se artigianali e non rigorosi, elementi che – in particolare dalle aziende - possono essere giudicati come inutile perdita di denaro o, nel migliore dei casi, come una seccatura. È al contrario necessario far ben capire quali sono i vantaggi tangibili (cioè in termini di ritorno degli investimenti) di un processo di valutazione fatto a regola d'arte, per il bene dell'azienda, del partecipante alla valutazione e di chi con strumenti e metodologie di assessment lavora.
La mattinata del 23 novembre è stata quindi fondamentale per gettare le basi di un edificio del quale tutte le parti coinvolte nell’utilizzarlo, non soltanto l’Ordine quindi, ma società di consulenza, editori di test, associazioni (pensiamo all’AIDP in primis), ecc., dovranno nei prossimi mesi ed anni contribuire a costruire se vogliono che qualcosa di realmente nuovo sorga, in questo campo, nel nostro paese.
Chi fosse interessato alla documentazione originaria dello standard ISO 10667, può scaricarla a pagamento e in inglese dal sito ISO.