QI - Questioni e idee in psicologia - Il magazine online di Hogrefe Editore

Qi, il magazine online di Hogrefe Editore.
Ogni mese, cultura, scienza ed aggiornamento
in psicologia.

numero 97 - maggio 2022

Hogrefe editore
Archivio riviste

I nostri test

KiddyCAT: per la valutazione della balbuzie già a partire dai 3 anni

KiddyCAT: per la valutazione della balbuzie già a partire dai 3 anni

La balbuzie è un disturbo del ritmo del parlato caratterizzato da disfluenze frequenti e involontarie che  insorge tipicamente  tra i 2 e i 5 anni di età (Yairi e Ambrose, 2005), gli anni dell’asilo nido e della scuola dell’infanzia. L’incidenza si attesta all’8%, con un tasso di prevalenza dello 0.8% nella popolazione mondiale (Yairi e Ambrose, 2013).
In letteratura vi è un ampio consenso nel ritenere la balbuzie un disturbo del neurosviluppo a forte componente genetica ereditaria; una patologia dinamica, complessa e multidimensionale che colpisce il controllo motorio del parlato (“speech”) e probabilmente anche della coordinazione motoria fine in generale (Smith e Weber, 2017; Nippold, 2019). Sebbene la sintomatologia manifesta udibile (l’occorrenza delle disfluenze) rappresenti la caratteristica centrale di questa patologia, non meno importante è l’aspetto legato all’attitudine comunicativa che rappresenta la percezione negativa o positiva che le persone hanno circa la propria competenza e capacità di espressione verbale (Bernardini, 2008). Sembra inoltre che un’attitudine negativa verso il proprio modo di parlare, originata in parte dalla credenza che parlare sia difficile, giochi un ruolo chiave nell’insorgenza e nello sviluppo della balbuzie (Bloodstein, Bernstein Ratner e Brundage, 2021). Chiaramente, la tipologia e la frequenza delle disfluenze manifestate da un bambino con eloquio problematico sono elementi importanti ma non sufficienti per emettere con sicurezza una diagnosi di balbuzie. Gli specialisti della fluenza hanno sottolineato infatti che affidarsi solamente alla presenza di disfluenze è inadeguato per determinare se un bambino in età̀ prescolare stia iniziando a balbettare (Silverman, 1992). Facendo così “si ignora la persona, si ignorano i sentimenti che la persona prova verso se stessa: si ignora il significato della balbuzie nella sua vita” (Sheehan, 1984). In altre parole, oltre alla presenza di disfluenze uno degli elementi da prendere in considerazione in fase di assessment clinic è la reazione del bambino verso il proprio parlato e le proprie abilità linguistiche (Vanryckeghem, 2019).
I dati di ricerca hanno dimostrato che i bambini di 3 anni sono già̀ significativamente consapevoli della differenza tra fluenza e disfluenza e capiscono se queste siano o meno caratteristiche del proprio eloquio (Ambrose e Yairi, 1994; Ezrati-Vinacour, Platzki e Yairi, 2001) e già a partire dai 3 anni possono manifestare un’attitudine comunicativa marcatamente più negativa se confrontata con quella dei pari normofluenti come riportato nel presente manuale e da numerosi studi internazionali (Clark, Conture, Frankel e Walden, 2012; Guttormsen, Kefalianos e Naess, 2015).
Inoltre, sviluppare un’attitudine comunicativa negativa ha un impatto spesso negativo sul benessere psicologico e sulla qualità di vita del bambino che balbetta (Children Who Stutter: CWS) già partire dall’età prescolare (Beilby, Byrnes e Yaruss, 2012). Pertanto, il clinico deve potersi avvalere di test specifici, quali il KiddyCAT, per sondare gli aspetti reattivi (come la consapevolezza delle differenze nella fluenza e l’attitudine verso il parlato) che giocano un ruolo nell’aiutare a valutare e a identificare in maniera più accurata i bambini che balbettano. Il KiddyCAT fornisce inoltre al terapeuta una prospettiva sulle reazioni provate dal bambino che balbetta, alle quali bisogna fare riferimento affinché un trattamento abbia un buon esito e i cambiamenti necessari a migliorare la fluenza siano mantenuti nel lungo termine.

Il Test KiddyCAT

Fin dal suo sviluppo, il KiddyCAT è stato ed è ancora oggetto di ricerca internazionale in Paesi quali Belgio, Brasile, Canada, Finlandia, Francia, Grecia, India, Iran, Italia, Giappone, Olanda, Norvegia, Polonia, Portogallo, Spagna, Slovenia, Svezia, Turchia e gli Stati Uniti. I limiti infatti relativi alle interviste genitoriali (poco affidabili e attendibili per sondare il vissuto del bambino che balbetta) hanno condotto alla creazione da parte di Vanryckeghem e Brutten nel 2007 del KiddyCAT, una procedura testistica ideata in modo specifico per valutare direttamente l’attitudine comunicativa dei bambini prescolari. Questo test rende possibile determinare se l’attitudine verso il proprio modo di parlare da parte dei CWS differisce da quella dei bambini che non balbettano (Children Who do Not Stutter: CWNS) e può servire come strumento utile a distinguere validamente i membri di questi due gruppi (Vanryckeghem e Brutten, 2004, 2007; Vanryckeghem, Brutten e Hernandez, 2005).

Caratteristiche psicometriche

Il test ha dimostrato di avere una buona attendibilità (interna e test-retest) e validità (di contenuto, di criterio e di costrutto). Inoltre, l’analisi discriminante ha prodotto una corretta identificazione dell’89% dei CWS e del 92% dei CWNS (children who do not stutter), sulla base dei punteggi del KiddyCAT. La precisione totale attraverso i due gruppi è stata del 90%. La validazione incrociata ha correttamente classificato l’89.5% degli individui.

Struttura del test

Il KiddyCAT si presenta in forma di questionario con risposta dicotomica “sì/no”, rivolto al bambino. Alcuni dei 12 item contengono i termini “difficile” e “facile”, e prima della somministrazione è importante accertarsi che il bambino li comprenda. Seguendo il frontespizio il clinico verrà guidato passo dopo passo nella corretta somministrazione del questionario riducendo così la possibilità di favorire risposte di desiderabilità sociale da parte del bambino. La correzione avviene per mezzo di un semplice foglio di scoring riportato in appendice insieme alle norme di riferimento. Il test è di rapida somministrazione e le informazioni, che in meno di 10 minuti il KiddyCAT rivela a proposito dell’attitudine comunicativa del bambino, forniscono al clinico indicazioni chiare sulle procedure e sulle azioni da intraprendere.

La taratura italiana

I dati del KiddyCAT raccolti per la taratura italiana si basano su un campione di 173 CWNS e 190 CWS in età̀ prescolare. Il campione di CWNS è composto da 82 maschi e 91 femmine, mentre quello dei CWS da 123 maschi e 67 femmine. I bambini appartenenti ai due gruppi hanno un’età̀ compresa tra 3 e 6 anni, con una media di 4 anni e 6 mesi per i CWNS e di 4 anni e 4 mesi per i CWS.

Standardizzazione

La differenza media nei punteggi del KiddyCAT tra il campione dei CWS e quello dei CWNS si è dimostrata statisticamente significativa (t = 17.657; p<.001). Questo risultato, insieme all’ampio effect size di d = 1.801 [95% CI: 1.557/2.045], indica che, nei bambini, l’attitudine associata all’eloquio, come misurata dal KiddyCAT, può̀ essere uno strumento utile per aiutare a stabilire se la percezione che hanno del proprio modo di parlare sia come quella dei bambini con balbuzie o come quella dei bambini senza balbuzie.

Età

Per investigare l’esistenza di un possibile effetto “età̀” sull’attitudine comunicativa, i bambini prescolari che balbettano e quelli che non balbettano sono stati divisi in un gruppo di “più̀ piccoli” (3 e 4 anni) e uno di “più̀ grandi” (5 e 6 anni). Vi è una tendenza (statisticamente non significativa t = 1.845; p = .067) ad una riduzione del punteggio nell’attitudine negativa in funzione dell’età̀. A parte la differenza legata all’età̀, in generale il punteggio medio del KiddyCAT sia per i CWS più̀ piccoli che per i più̀ grandi è significativamente più̀ alto di quello dei CWNS di pari età̀ (rispettivamente t = 12.005 e t = 12.876; p<.001). Il fatto che questa differenza tra i gruppi sia presente anche tra i bambini più̀ piccoli illustra chiaramente come l’attitudine negativa verso l’eloquio tende a essere presente già̀ all’inizio del disturbo o in un periodo immediatamente successivo all’inizio, e può̀ costituirne un fattore contribuente (Brutten e Vanryckeghem, 2007).

Genere

Sia nei CWNS che nel gruppo dei CWS i punteggi medi per i maschi e per le femmine non differiscono in modo statisticamente significativo. Questa assenza di significatività̀ per la differenza di genere è coerente con i dati di precedenti ricerche di tipo interculturale e permette di inferire che il genere non debba essere preso in considerazione nell’interpretazione del punteggio del KiddyCAT di un bambino.

Conclusioni

Il KiddyCAT colma il vuoto, nella realtà italiana, di strumenti standardizzati in grado di fornire al clinico un valido aiuto nell’assessment e sulle procedure cliniche da intraprendere con i bambini prescolari che balbettano. Fornisce informazioni indispensabili per condurre un processo diagnostico completo e multidimensionale della balbuzie, poiché incorpora il punto di vista del bambino nella descrizione del proprio disturbo mettendone in luce le componenti cognitive e comportamentali. Inoltre, il test si presenta di facile e immediata somministrazione ed interpretazione.

Bibliografia

  • Ambrose, N.G. e Yairi, E. (1994). The development of awareness of stuttering in preschool children. Journal of Fluency Disorders, 19, 229-245.
  • Beilby, J.M., Byrnes, M.L. e Yaruss, J.S. (2012). The impact of a stuttering disorder on Western
  • Australian children and adolescents. Perspectives on Fluency and Fluency Disorders, 22, 51-62. Bernardini, S. (2008).La valutazione dell’attitudine comunicativa nei soggetti balbuzienti.
  • Acta Phoniatrica Latina. XXX, n. 2-3, 217-230. 
  • Bloodstein, O., Bernstein Ratner, N. e Brundage, S. (2021). A Handbook on Stuttering (7th ed.). San Diego, CA: Plural Publishing.
  • Brutten, G. e Vanryckeghem, M. (2007). Behavior Assessment Battery for School-Aged Children Who Stutter. San Diego, CA: Plural Publishing.
  • Clark, C., Conture, E., Frankel, C. e Walden, T. (2012). Communicative and psychological dimensions of the KiddyCAT. Journal of Communication Disorders, 45, 223-234.
  • Ezrati-Vinacour, R., Platzky, R. e Yairi, E. (2001). The young child’s awareness of stuttering-like disfluency. Journal of Speech, Language, and Hearing Research, 44, 368-380.
  • Guttormsen, L. S., Kefalianos, E. e Næss, K.A.B. (2015). Communication attitudes in children who stutter: A meta-analytic review. Journal of Fluency Disorders, 46, 1-14.
  • Nippold, M.A. (2019). Language development in children who stutter: A review of recent research. International Journal of Speech-language Pathology, 21(4), 368-376.
  • Sheehan, J. (1984). Problems in the evaluation of progress and outcome. In W. Perkins (a cura di),
  • Current therapy of communication disorders: Stuttering disorders. New York: Thieme-Stratton (pp.
  • 223-239).
  • Silverman, F.H. (1992). Stuttering and other fluency disorders. Englewood Cliffs, NJ: Prentice-Hall.
  • Smith, A. e  Weber, C. (2017). How stuttering develops: The multifactorial dynamic pathways theory. Journal of Speech, Language, and Hearing Research, 60(9), 2483-2505.
  • Vanryckeghem, M. e Brutten, G. (2007). KiddyCAT – Communication Attitude Test for preschool and
  • kindergarten children who stutter. San Diego, CA: Plural Publishing.
  • Vanryckeghem, M. e Brutten, G. (2004). The KiddyCAT: Communication Attitude Test for
  • preschoolers and kindergartners. Manoscritto non pubblicato.
  • Vanryckeghem, M., Brutten, G. e Hernandez, L. (2005). A comparative investigation of the speech
  • associated attitude of preschool and kindergarten children who do and do not stutter. Journal of
  • Fluency Disorders, 30, 307-318.
  • Yairi, E. e Ambrose, N. (2005). Early childhood stuttering for clinicians by clinicians. Austin, TX: PRO-ED.
  • Yairi, E., e Ambrose, N. (2013). Epidemiology of stuttering: 21st century advances. Journal of fluency disorders, 38(2), 66-87.