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numero 31 - ottobre 2015

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L'intervista

Intervista a Luigi Abbate

Intervista a Luigi Abbate

Continuiamo la nostra indagine su e attorno al Rorschach, intervistando Luigi Abbate, che all’attività clinica, nella quale fa uso sapiente di questionari, test cognitivi e metodi proiettivi (Rorschach compreso), unisce quella di docente in psicodiagnostica.

D. Lei da tempo svolge attività clinica con particolare attenzione alla psicodiagnostica. È stato, anzi, fra i “pionieri” dello sviluppo e dell'introduzione dei test in Italia, o almeno vi è stato coinvolto come giovane allievo. Al riguardo, ci parli brevemente della sua esperienza con Franco Ferracuti.

R. Quando ho cominciato a collaborare con Franco Ferracuti ero veramente una ragazzo; era verso la fine degli anni ‘70, per la precisione il 1977, da poco laureato in psicologia e con esperienza zero, erano tempi in cui ancora si aveva una scarsa attenzione per tirocini e formazione pratica. In quegli anni, almeno a Roma, i professionisti che si occupavano di test erano veramente pochi; quelli cui ci si poteva rivolgere per fare una valutazione mediante test non arrivavano ad una decina. Molti di più, ovviamente, quelli che si interessavano di test, ma pochi quelli che esercitavano la professione di psicodiagnostica. Franco Ferracuti era uno di questi. Lui aveva, di fatto, importato la professione dagli USA, dove aveva lavorato e vissuto tanti anni, e con Edoardo Abbele e Francesca Morino aveva contribuito alla nascita dell’OS; aveva tradotto il modulo di Klopfer, provato a introdurre, con scarso successo, l’Holtzman Inkblot Test, le macchie paralle di Howard, il MAPS di Sneidman, e tanto altro. Dalla fredda fabbrica di birra dove aveva sede la facoltà di psicologia mi ritrovai così a lavorare in uno studio dove si facevano valutazioni sia in ambito forense, sia clinico, e consulenze per strutture psichiatriche che allora erano soprattutto private. Facevamo valutazioni con una batteria di test che comprendeva il Bender, il Rorschach, la Scala Wechsler-Bellevue, il TAT e il MMPI. In pratica i test più frequentemente utilizzati dagli psicologi americani, come dichiaravano le indagini pubblicate sull’unica rivista internazionale che in quegli anni si occupava di test, il Journal of Personality Assessment. Erano anni in cui i test, almeno in Italia, si praticavano poco. Erano anni in cui non c’era Internet, non era così facile far venire i libri dagli Stati Uniti, e per me – giovane psicologo – Ferracuti fu una fonte inesauribile di informazioni che arrivavano dagli USA. Amava ripetermi: “leggi oggi quello che i tuoi colleghi leggeranno domani”. Nel 1977, dopo pochi mesi che lavoravo con lui mi regalò la prima edizione del The Rorschach, A Comprehensive System, Volume 11; confesso che ci misi un po’ prima di cominciare a leggerlo, onestamente alcuni anni. Non riuscivo a separarmi dal Rorschach cui ero abituato e che mi era stato insegnato, peraltro un Rorschach spurio di quelli da me tanto criticati oggi: c’era dentro un po’ di Klopfer, un tanto di Rizzo, un pizzico di Beck e tanta esperienza. Poi ho letto The Rorschach Systems e mi è venuta la voglia di capire cosa fosse questo Comprehensive System. Altri tempi. Franco Ferracuti è morto più di venti anni fa e devo dire che ancora oggi molte delle cose di cui parlavamo allora hanno una loro modernità, e sono ancora attuali.

D. Qual è lo stato dell'uso del Rorschach oggi, in Italia?

R. È difficile rispondere in mancanza di dati, nessuno ha mai fatto in Italia un’indagine su quale sia il sistema Rorschach più utilizzato. Certamente quello della Scuola Romana Rorschach ha una diffusione che non va assolutamente sottovalutata: Salvatore Parisi e Patrizia Pes hanno dedicato la loro vita professionale per diffondere il sistema che hanno ereditato da Carlo Rizzo. Furono loro a farmi vedere per la prima volta delle macchie di Rorschach. Il Comprehensive System di John E. Exner (CS), tuttavia, ha un’ampia diffusione, è apprezzato sempre di più da chi cerca un sistema stabile e diffuso nella realtà internazionale, e in molte realtà ha preso il posto di altri sistemi. Certamente, il Rorschach è uno strumento diffusissimo tra gli psicologi che si occupano di valutazione e da sempre affascina chi si avvicina alla professione di psicologo. Diciamo che a differenza di altre realtà culturali, come quella USA, noi viviamo ancora in una situazione di grande confusione. Sono ancora in uso tanti sistemi interpretativi del Rorschach, come il Klopfer che è stato integrato nel CS e che qui in Italia alcuni tengono ancora in vita. Ci sono tanti sistemi espressione del pensiero di singoli clinici che hanno ritenuto di modificare sistemi più diffusi e più coerenti, innestando elementi da loro ritenuti importanti, e così via, tanti derivati della Scuola Romana Rorschach. Insomma una sorta di Babele del mondo Rorschach da cui per il momento mi sembra difficile che se ne possa venire fuori. Rispetto ad altri strumenti, il Rorschach ha certamente una minore diffusione, i questionari sono apparentemente più facili da usare e sono, soprattutto, più economici rispetto ai tempi di somministrazione, scoring e costi; il Rorschach richiede tempi di apprendimento maggiori, è una competenza iperspecialistica, e quando lo usiamo abbiamo bisogno di più tempo e di conseguenza ha anche dei costi maggiori. In un contesto valutativo che vada oltre il semplice “fare i test” è impensabile, comunque, utilizzare un self-report senza affiancargli un Rorschach e, viceversa, spesso è necessario affiancare anche un cognitivo. Non esiste il test unico che consenta di rispondere a un quesito clinico o forense che sia, ma sempre più ci avviciniamo all’accettazione che sia necessaria una valutazione multi-metodo.

D. La regolamentazione italiana permette, per lo meno sulla carta, di potere utilizzare i test (tra cui anche il Rorschach) anche se non si sono seguiti corsi specifici o abilitanti: quali possono essere le conseguenze di un uso non approfondito del Rorschach?

R. La legge 56 del 1989 che definisce la professione dello psicologo, nell’articolo 1 definisce quelle che sono le competenze, e fare una valutazione mediante test rientra nelle competenze che ha lo psicologo abilitato alla professione. Se volessimo fare un po’ di polemica potremmo dire che solo lo psicologo può “maneggiare” i test, nella realtà lo fanno in molti. Nei fatti l’università non dà una competenza a utilizzare i test, dà solo il titolo, e per acquisire una competenza bisogna fare corsi specifici; la psicoterapia ha trovato una sua regolamentazione, la psicodiagnostica no. Negli USA, dove l’APAdefinisce la politica della professione, questa ha da qualche anno stabilito che fare psicodiagnosta è un proficiency, cioè una specializzazione che richiede di essere riconosciuta, e autorizza delle associazioni (quali l’American Board of Professional Psychology e la Society for Personality Assessment) a certificare questa competenza. In Italia nessuno riconosce niente a nessuno, e il test lo può fare chiunque sia laureato e abilitato alla professione. Questa mancanza di una regolamentazione più definita fa sì che alcuni vantino competenze che non hanno, si ergano anche a maestri, e gli effetti li vediamo in tante relazioni di valutazione che leggiamo quotidianamente.

R. Sempre parlando del Rorschach, a volte viene messa un po’ in secondo piano la fase di anamnesi e di storia della persona. Ci sono però delle risposte che possono dipendere da quest’ultima, non necessariamente con una connotazione patologica (si pensi alle risposte anatomiche nei medici). Quanto è importante la raccolta delle informazioni sulla storia del paziente/cliente?

D. Sapere chi è la persona che stiamo valutando è fondamentale, esistono tutta una serie di fattori extra-test che influiscono sulla performance, tra questi certamente la professione. Se vogliamo utilizzare il suo esempio, certamente se ci troviamo a valutare un medico avremo maggiori probabilità di avere delle risposte anatomiche e faremo per questo la dovuta tara, tuttavia c’è un limite anche a questo, perché se poi sono numerose, il fatto di essere medico non può giustificare una quantità eccessiva. Tempo fa ho visto una persona che di professione faceva l’architetto e nel Rorschach ha dato sei risposte di rispecchio. La prima cosa che mi sono chiesto è se questo potesse essere stato l’effetto del suo essere architetto. Per togliermi il dubbio ho fatto una ricerca per vedere se esistevano lavori sulla personalità degli architetti valutati con il Rorschach, per scoprire che gli architetti danno una bassissima percentuale di risposte rispecchio, consentendomi in questo modo di dare il giusto valore a tutti quei rispecchi. Per tornare alla sua domanda, sapere chi stiamo valutando è fondamentale, le interpretazioni in cieco si fanno solo nei libri per spiegare come funziona uno strumento, o nei programmi informatici che considerano solo l’indice, senza ovviamente fare alcun collegamento con la storia della persona. L’atteggiamento di oggi è quello che nella letteratura americana troviamo definito come Multimethod Approach che non implica solo l’uso congiunto di strumenti diversi ma anche l’utilizzo di fonti d’informazione diversa, per poter integrare il tutto in un report coerente e corrispondente a quelle che sono le richieste dell’inviante.

D. L'improvvisa scomparsa di Hermann Rorschach ha sottratto da subito la possibilità di confronto con il creatore del test, facilitando lo sviluppo di idee differenti riguardo questa tecnica. Per il Rorschach, insomma, non ci fu mai un’“ortodossia” che potesse essere difesa e incarnata dal suo creatore, cosa che ha reso la tecnica vitale a distanza di quasi cento anni dalla sua invenzione. Si è però posta la questione del metodo per utilizzare il test e interpretarne i risultati: quale, dal suo punto di vista, la situazione attuale e le ragioni dell'uno e dell'altro metodo? 

R. Sicuramente la morte prematura ha fatto sì che Hermann Rorschach non potesse aggiungere molto di più a quanto scritto sul suo Psychodiagnostik, e questo ha permesso che chiunque abbia messo mano al set di macchie ha aggiunto di suo, rendendolo uno strumento vitale ma spesso fonte di grande confusione. Basti pensare alla facile attribuzione di significato che si fa alle tavole IV e VII come tavole che esprimono il paterno e il materno. Se ci prendessimo la briga di verificare, scopriremmo che dal 1950 a oggi i 22 lavori che si sono occupati della cosa non sono riusciti ad arrivare a una conclusione esaustiva, eppure oggi molti scrivono nelle loro relazioni che “la relazione con la figura paterna, ecc.”, partendo proprio dalla risposta data a quella specifica macchia. In ogni caso possiamo dire che da una parte ci sono tutti quei Rorschach che hanno come riferimento la psicodinamica, dall’altra quelli che rivolgono l’attenzione più ai dati formali e che da questi partono per integrare anche aspetti della personalità con una connotazione più specifica rispetto a una teoria. Tra questi ultimi sicuramente il CS e, direi anche, il sistema della Scuola Romana Rorschach (SRR). Certo se poniamo brutalmente la domanda “quale è la modalità più utile, giusta, e non so cos’altro”, le risponderei: quello più accreditato a livello di letteratura scientifica e di riconoscimento internazionale. Il CS ha subìto negli anni ‘90 un attacco feroce da parte di un gruppo rappresentato da Scott O. Lilienfeld, James M. Wood e Howard N. Garb3, arrivati a chiedere una moratoria sull’uso del Rorschach che, secondo loro, non si distanziava tanto dall’uso dei tarocchi. Questo ha dato il via a un dibattito accesissimo durato più di dieci anni, a colpi di lavori scientifici dove uno rispondeva alle critiche dell’altro con un lavoro e così via, fino ad arrivare solo recentemente ad una sorta di tregua e al riconoscimento che il CS sotto molti aspetti è un sistema affidabile. Non so se in Europa saremmo stati in grado di sostenere una guerra scientifica di tale livello.

D. I metodi di siglatura e interpretazione del Rorschach sono davvero tutti uguali in termini di informazioni che forniscono? o ci sono metodi che permettono di porre attenzione su più aspetti delle risposte e quindi avere un quadro più completo?

R. Assolutamente no; il Rorschach sono solo dieci macchie d’inchiostro, il sistema dà un senso alle risposte che il soggetto dà. Se mettiamo vicino CS e SRR, vediamo che dall’inizio alla fine sono diversi: setting diverso, consegne diverse, regole di siglatura diverse, conclusioni diverse e soprattutto “psicologie” diverse. I due Rorschach offrono informazioni diverse e forniscono descrizioni di personalità diverse, certo trattandosi di umani a volte diciamo la stessa cosa con parole diverse, comunque i diversi sistemi sono fondamentalmente diversi tra loro ed esprimono punti d’osservazione e valutazione diversi. Nonostante John Exner abbia riconosciuto nel tabellone della SRR una somiglianza al suo Structural Summary, i due sistemi sono diversi, sono costruiti e verificati in modo diverso, hanno avuto storie diverse. Sbaglia, inoltre, chi critica uno dei due sistemi dal punto di vista dell’altro o che ritiene che uno sia superiore all’altro, o più scientifico, e addirittura ricodifica il Rorschach fatto con un sistema con le regole dell’altro: sono semplicemente diversi; così come sbaglia chi utilizza i lavori di un sistema a sostegno di un Rorschach visto come sistema indifferenziato. Per onestà, in Italia, vicino alla parola “Rorschach” bisognerebbe aggiungere sempre il sistema: Rorschach-CS, Rorschach-SRR, Rorschach-Klopfer, ecc.; ovviamente questo non esiste negli USA dove quando si dice Rorschach si intende solo CS, e quando nella letteratura americana si legge Rorschach s’intende solo il CS, e non altri sistemi.
Senza nulla togliere alla SRR, il CS ha sviluppato una mole di letteratura che non ha pari; Joni L. Mihura e altri studiosi con il loro lavoro di metanalisi del 2013 hanno mostrato i punti di forza e di debolezza del sistema4. Oggi noi sappiamo quali sono gli indici del CS più sicuri, quelli su cui c’è più letteratura a sostegno, quindi su cui possiamo fare maggiore affidamento, rispetto ad altri su cui c’è poco o niente, e pertanto meno affidabili. È grazie a questo lavoro che il gruppo di Lilienfield, Wood e Garb ha “firmato” una tregua. Oltretutto quando interpreto un Rorschach, questo lavoro mi dà grande sicurezza e conforto.

D. Quanto si parla di metodi di lavoro con le macchie di Rorschach è molto facile sentire persone che dicono: “io non seguo un metodo specifico, ma integro” (sopratutto in fase interpretativa): quanto integrare metodi diversi è un valore aggiunto e quanto un limite?

R. Integrare sistemi diversi è quello che io definisco “innesti”, non si possono innestare aspetti di un sistema in un altro sistema, viene fuori una mostruosità, una sorta di “effetto Frankenstein”, viene meno l’equilibrio e la coerenza interna che tiene in piedi tutto il sistema; certamente in fase interpretativa lo sguardo può andare al di là di quello che è il dato numerico, senza comunque perderlo di vista, e aggiungere “interpretazioni” se vogliamo un po’ impressionistiche che sono il risultato dell’esperienza, della competenza clinica, e dell’integrazione di punti di vista diversi. Tutto ciò, ovviamente, sempre che il contesto in cui stiamo operando ce lo consenta: più elastico quello clinico, meno quello giuridico.

D. Abbiamo detto che il Comprehensive System di Exner è oggi il metodo di interpretazione del Rorschach più affermato. Una sua recente evoluzione, l’R-PAS, è in corso d'introduzione nel nostro Paese. Si tratta di metodi che forniscono una base quantitativa al test, forse garantendone la continuità in un’epoca che richiede evidenza misurabili delle diagnosi. Cosa ne pensa?

R. Lei continua con domande difficili. Non saprei dirle se sia corretto definire l’R-PAS un’evoluzione del CS, sicuramente chi lo propone viene da una formazione CS, e devo aggiungere ad altissimo livello. L’R-PAS è un nuovo sistema che si aggiunge ad altri che abbiamo, cerca il suo punto di forza in dati empiricamente validati e in un campione internazionale, ma direi che è ancora presto, nonostante i numerosi lavori, esprimere un giudizio. Dall’altra mi verrebbe da dire che ancora non siamo preparati a un sistema così sofisticato considerato lo scarso dibattito sul tema che esiste in Italia, e potrei aggiungere che considerata la mia età faccio fatica a seguire le proposte di un sistema che si è allontanato troppo dalla mia, e forse direi non solo mia, idea di Rorschach. Il CS è un sistema che ha certamente basato il suo punto di forza su dati normativi e indici empiricamente validati, ma con radici ben radicate nella tradizione Rorschach, e sbaglia comunque chi pensa che sia solo questo. Il CS è come se fosse un prelievo di sangue ben fatto e con una siringa sterile, poi con quel sangue ci posso fare quello che voglio. Basti pensare a un recente libro di Marshall Silverstein, uno psicologo che nasce nel solco della tradizione di Karl Menninger e che è rimasto in quella tradizione, eppure nel suo Personality Assessment in Depth5, utilizza il CS e anche il R-PAS come base per un’interpretazione d’impostazione psicodinamica e va certamente al di là di una visione rigorosamente psicometrica.

D. Cosa resta del contributo di Carlo Rizzo, fondatore della Scuola Romana?

R. Direi che resta molto. È stato un Maestro. Carlo Rizzo è stato uno che ha dedicato la vita a queste dieci macchie e ci ha lasciato un modo di pensare da “rorschachisti”. John Exner amava dire che il Rorschach non comincia con il CS, e questo ci porta a considerare il pensiero di Rizzo, le sue riflessioni, proposte e intuizioni un contributo importante al Rorschach.

D. Esiste un metodo italiano nell'approcciare il Rorschach? Se sì, è un segno di provincialismo o originalità e indipendenza clinica e scientifica?

R. Se esiste un metodo italiano per approcciare il Rorschach, direi che è quello della SRR. Certo ci sono stati altri psicologi che si sono occupati di Rorschach, penso a Dolores Passi Tognazzo e al suo gruppo, ma anche a tanti altri; sicuramente la Scuola Romana è quella che oggi porta avanti una visione del Rorschach indipendente, differenziandosi dal CS che non possiamo negare sia il sistema più diffuso e più studiato, creando di fatto una comunità internazionale che non ha pari. Certamente i “romani” hanno una loro originalità e indipendenza scientifica, ma forse anche un po’ di provincialismo.

1Si tratta della prima edizione: Exner, J.E. (1974). The Rorschach, A Comprehensive System, Volume 1: Basic Foundations. New York: John Wiley & Sons. La Wiley ha pubblicato la quarta e ultima edizione nel 2002. (Questa e le altre note sono a cura della Redazione.)

2L’associazione americana degli psicologi.

3Ci si riferisce a Lilienfield, S.O. Wood, J.M., e Garb, H.N. (2000). The Scientific Status of Projective Techniques. Psychological Science in the Public Interest, 1, 2: 27-66.

4Mihura, J.L., Meyer, G.J., Dumitrascu, N., e Bombel, G. (2013). The validity of individual Rorschach variables: systematic reviews and meta-analyses of the comprehensive system. Psychological Bulletin, 139, 3 :548-605.

5Silverstein, M.L. (2013). Personality Assessment in Depth.New York, NY: Routledge.