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numero 104 - maggio 2023

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L'intervista

Intervista a Laurent Mottron

Intervista a Laurent Mottron

In occasione della pubblicazione in Italia del libro L'intervento precoce per bambini autistici in età prescolare abbiamo intervistato l’autore Prof. Laurent Mottron, psichiatra e docente di neuroscienze cognitive dell’autismo presso l’Università di Montréal.

D. Prof. Mottron, nel suo libro dal titolo L'intervento precoce per bambini autistici in età prescolare. Nuovi principi per sostenere un'intelligenza diversa, recentemente pubblicato in Italia, descrive un modello di intervento precoce per i bambini con autismo di età prescolare basato sull’individuazione di punti di forza e di debolezza. Ci potrebbe spiegare quali potrebbero essere i punti forza?

R. Un bambino prototipico con autismo si orienta spontaneamente verso informazioni di natura visiva di un certo livello di complessità, che manifestano strutture comuni nelle loro diverse presentazioni (come lettere e numeri o presentazioni di oggetti tridimensionali), o oggetti che mostrano periodicità o regolarità strutturali. Ci sono inoltre aree di sviluppo che restano generalmente intatte, come le abilità motorie. I bambini con autismo tendono spontaneamente a raggruppare oggetti simili (per dimensione, colore, forma o tutte queste variabili). Sfruttare questi punti di forza significa soprattutto metterli nelle condizioni di accedere a questo tipo di informazioni, in un contesto che promuove un certo tipo di condivisione con coloro che gli sono accanto, ma senza sollecitare lo scambio reciproco o la normalizzazione.

D. Uno dei suoi maggiori interessi di ricerca sono i fenotipi autistici. Quanta variabilità può essere osservata in questo senso tra i bambini prescolari con autismo?

R. I tre principali sottogruppi sono:

  • quello chiamato Autismo di Kanner, che io definisco prototipico, e che si caratterizza per un’intelligenza non verbale nella norma, ritardo significativo nello sviluppo del linguaggio, ridotte iniziativa e risposta sociale e interessi percettivi esclusivi, soprattutto nelle prime fasi di vita.
  • quello che una volta era il sottotipo Asperger, il quale dovrebbe probabilmente essere rinominato, ma che può giustamente essere considerato diverso dall’autismo. Si caratterizza per un linguaggio precoce e molto ben sviluppato, frequente goffaggine motoria e interessi tematici, che iniziano a manifestarsi in età scolare.
  • l’autismo sindromico, in cui i bambini mostrano spesso limitazioni a carico dell’intelligenza non verbale e una condizione neuro-genetica identificabile, in associazione all’autismo.

La somiglianza del terzo gruppo ai due precedenti può essere oggetto di discussione, anche se gli appartenenti a quest’ultimo gruppo soddisfano i criteri diagnostici per l’autismo, così come attualmente definiti.  

D. Una delle principali ipotesi teoriche del libro è appunto la differenziazione tra l’autismo prototipico e l’autismo sindromico. Che cosa significa e quali possono essere le implicazioni cliniche?

R. Le implicazioni cliniche di questa distinzione sono principalmente legate al motivo per cui favoriamo quello che un bambino autistico preferisce e al contempo è bravo a fare. Mentre i punti di forza dell’autismo prototipico sono ben caratterizzati (sebbene ogni bambino li sviluppa a modo proprio), nell’autismo sindromico questi punti di forza sono meno dimostrabili e, di conseguenza meno importanti per l’intervento. Il secondo gruppo, inoltre, ha maggiore probabilità di restare non verbale, e questo esito è ancora più difficile da predire che nel caso dell’autismo prototipico.

D. Lei propone un nuovo concetto di autismo per i bambini in età prescolare, necessario per poter progettare interventi che effettivamente possano fare la differenza in termini di qualità di vita. Quali sono gli aspetti principali di questa nuova prospettiva?

R. Nonostante l’intero pianeta si muova verso la qualità di vita come obiettivo principale dell’intervento, questa è una direzione recente. Non molto tempo fa si pensava che l’accesso ad una maggiore autonomia richiedesse un riorientamento del bambino vero i “precursori” della comunicazione. Se invece, al contrario, accettiamo che gli autistici non accedono al linguaggio allo stesso modo dei bambini neurotipici, accetteremo il linguaggio tardivo e il lavoro di base su ciò che sono bravi a fare nel periodo in cui non parlano. Questo significa non focalizzarsi sul linguaggio orale nel periodo prescolare, ma dare ai bambini con autismo accesso a informazioni che possono essere scritte (per il linguaggio), pittoriche o a video (per la logica e la conoscenza del mondo) e materiali (per gli oggetti).

D. Lei ha espresso alcune critiche sui programmi comportamentali di intervento precoce per l’autismo. Potrebbe dirci quali sono a suo avviso i principali aspetti problematici di questi programmi?

R. Inefficienza, brutalità, assenza di effetto-dose, costo, ruolo economico nella loro promozione, carico per le famiglie, mancanza di convincente dimostrazione dell’effetto sulla qualità di vita, il fatto che si focalizzano su segni precoci dell’autismo che poi scompaiono o che si concentrino su funzioni che effettivamente non corrispondono al modo in cui i bambini apprendono.

D. Quali sono dunque gli elementi del nuovo approccio precoce all’intervento in età prescolare he lei propone?

R. Tutoraggio laterale: combinando il principio chiave del PACT (focus sulla sincronia ma non su manifestazioni esplicite di “precursori” neurotipici come l’attenzione condivisa) alla manipolazione combinata di informazioni complesse presentate in modo visivo, come tablet, alfabeto, forme, meccanismi, oggetti e costruzioni.

D. Lei ha dedicato un intero capitolo di questo libro al tema della socializzazione nell’autismo. Nello stereotipo dell’autismo, la mancanza di socializzazione o la carenza di abilità sociali è la prima cosa che viene in mente. A che cosa sta facendo riferimento?

R. I bambini con autismo non possono collaborare con piacere condiviso manifesto, preferiscono l’imitazione differita a quella immediata. Apprendono quando un adulto manipola vicino a loro lo stesso tipo di informazioni a cui loro stessi sono interessati, in particolare se hanno accesso a queste più tardi o senza l’adulto. Sono interessati ad evolversi in mezzo ad altre persone, solo se sono rispettati per quello che sono. Amano essere vicini ai loro genitori tanto quanto qualsiasi altro bambino. Si trovano bene all’asilo o alla scuola dell’infanzia, fintanto che a loro non venga chiesto di condividere attività in senso stretto, ma siano tollerati nel loro modo distante.

D. Il programma di intervento illustrato in questo libro è diretto a “sostenere un’intelligenza diversa”. A che tipo di intelligenza fa riferimento?

R. Un’intelligenza che non favorisce informazioni socialmente determinate, dove le interrelazioni sociali sono possibili, ma non sono una condizione necessaria alla sopravvivenza. L’intelligenza autistica sembra essere orientata verso le informazioni in sé, indipendentemente dall’uso sociale di queste, dai bias e dai vantaggi, è in grado di elaborare informazioni sociali così come qualsiasi altro tipo di informazione, ma non è predisposta verso di queste.