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numero 90 - settembre 2021

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L'intervista

Intervista a Ignazio Ardizzone

Intervista a Ignazio Ardizzone

Grazie alla collaborazione con il Prof. Ignazio Ardizzone, diamo visibilità al tema dell'emergenza psichiatrica in età evolutiva e adulta e alla sua gestione sanitaria. 

D. Gentile Professore, tra le sue molteplici attività, lei lavora presso Dipartimento di Emergenza Urgenza e Accettazione (DEA) dedicato all’età pediatrica del Policlinico Umberto I di Roma. Ci potrebbe spiegare come è organizzato il servizio e a chi è destinato?
R. Come neuropsichiatri infantili (psichiatri dell’età evolutiva in questo caso) svolgiamo consulenze sia per il DEA Pediatrico sia per il DEA adulti; in quest’ultimo vengono visti soprattutto a adolescenti che entrano in codice rosso (i più gravi, che necessitano di approfondimenti e interventi medici urgenti). Le consulenze riguardano ragazze e ragazzi in un range di età che va soprattutto dai 9 ai 17 anni. Ricordo, en passant, che l’età di esordio dei disturbi gravi mentali in età evolutiva si è molto abbassata (11-13 anni) e che in Italia, come in Europa, il primo contatto con un neuropsichiatra infantile avviene per la maggior parte attraverso il pronto soccorso. Dai due DEA ci vengono richieste consulenze, e di volta in volta bisogna decidere, in urgenza, se è necessario un ricovero presso i nostri reparti di degenza (14 posti). Reparti dove ormai da anni è impossibile effettuare ricoveri programmati per il grande numero di urgenze che appunto riempiono i nostri DEA.

D. Che tipo di patologie ricevono più frequentemente accoglienza presso il servizio?
R. Al DEA adulti, come già accennato, afferiscono adolescenti con quadri gravi di disregolazione emotiva su base ansioso depressiva e impulsiva, con forme gravi di autolesionismo e ideazione suicidaria accompagnata da atti anticonservativi. Oppure possiamo incontrare intossicazioni gravi da sostanze o ragazzi in preda a discontrollo su base ambientale (case-famiglia, famiglie multiproblematiche, minori non accompagnati) o su base tossica per abuso di sostanze varie.
Al DEA pediatrico afferiscono ragazze e ragazzi con stati ansiosi e distimici importanti, spesso ultimamente assistiamo alla presenza in comorbidità di sintomi alimentari, ansia, ossessioni e autolesionismo sulla base di un nucleo di narcisismo covert (vergogna e impotenza).
Aumentano i quadri di isolamento sociale e abbandono scolastico.

D. Che tipo di trattamento è possibile offrire all’interno di una struttura come questa?
R. Al pronto soccorso è possibile intervenire solo in termini di contenimento rapido, cercando se è possibile di gettare luce su una situazione che si presenta urgente e di emergenza per familiari e struttura sanitaria. Il contenimento è spesso farmacologico, per fortuna molto raramente si deve utilizzare la contenzione a protezione del paziente e del personale.

D. Quanto riuscite a coinvolgere le famiglie nella presa in carico dei giovani pazienti?
R. Il primo contatto al pronto soccorso è fondamentale per la costruzione dell’alleanza terapeutica successiva. Nella maggior parte dei casi, è nella consulenza al pronto soccorso che si gettano le basi per un buon intervento successivo. La consulenza, per fortuna consente di parlare, approfondire e cercare di comprendere che tipo di crisi evolutiva c’è dietro l’urgenza. Dare ascolto in questo momento concitato, pieno di sofferenza e allarme, è il nostro primo compito e dal nostro atteggiamento, dai nostri gesti e dalla nostra capacità di ascoltare dipenderà molto di quello che succederà dopo in termini diagnostici e terapeutici. 

D. Riuscite a stabilire con i pazienti una relazione terapeutica che va al di là della temporanea gestione della situazione di emergenza?
R. Per la maggior parte dei casi la relazione continua nei reparti di degenza e di day hospital, per cui sicuramente sì. Una parte dei casi vengono rimandati al territorio che come già detto soffre di carenze strutturali importanti.

D. Quanti dei pazienti del servizio arrivano ad ottenere una diagnosi formale di disturbo psicologico?
R. Il 90 % almeno ottiene una diagnosi psichiatrica, ma anche il restante 10 %, nonostante si tratti ci casi sociali e ambientali, non è esente chiaramente da disturbi psicologici ed emotivi.

D. Avete osservato una prevalenza in base al genere nella casistica dei pazienti del servizio?
R. Nonostante un nucleo comune di sofferenza basata sulla vergogna e la rabbia, attualmente abbiamo una prevalenza di ragazze sia in pronto soccorso sia nei reparti. Molti ragazzi presentano disturbi più internalizzanti come isolamento sociale, abbandono scolastico e dipendenza da internet in cui si riscontra una difficoltà maggiore ad accedere ad aiuti specialistici e, nonostante la gravità, questi casi appaiono a volte meno urgenti e gravi.

D. Avete notato delle differenze rispetto al numero e alla tipologia delle richieste ricevute in conseguenza, o in concomitanza, dell’emergenza sanitaria da Covid-19?
R. Sicuramente sì, ma l’onda già da qualche anno aveva iniziato ad ingrossarsi e a preoccuparci, tanto che la nostra richiesta insistente di aumento di posti letto nei reparti di psichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza era iniziata anni fa, ben prima dell’emergenza Covid. Per fortuna, almeno parzialmente, la nostra amministrazione ha risposto fornendoci un reparto con sette posti di degenza in più. Quelli che rimangono drammaticamente indietro, nonostante lo sforzo dei colleghi, sono i servizi territoriali, fondamentali per la gestione del post crisi e del reinserimento sociale.