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numero 11 - ottobre 2013

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L'intervista

Intervista a Gianluca Farfaneti

Intervista a Gianluca Farfaneti

La crisi economica e sociale in cui versa l’Italia (ma non solo) in questa fase storica sta avendo conseguenze molto negative sulla vita delle persone. L’aumento esponenziale del gioco d’azzardo è una di queste. Le strutture sanitarie hanno dovuto far fronte a un aumento spaventoso di questo tipo di dipendenza che, se per molti aspetti, ha caratteristiche sovrapponibili a quelle della dipendenza da sostanze psicoattive, per altri si contraddistingue da questi. Il Dott. Gianluca Farfaneti in collaborazione con la Dott.ssa Chiara Reali lavorano anche con questo tipo di dipendenze presso il Centro Diurno la Meridiana dell’AUSL di Cesena. Sono due professionisti, quindi, che operano in modo concreto su questo problema attraverso la messa a punto di programmi terapeutici personalizzati e che coinvolgono la rete paziente-operatori-famiglia.

D. Il numero di persone che si rivolgono al SERT sembra essere in crescita; e tra le persone che arrivano ci sono i giocatori patologici. Qual è il percorso attraverso il quale un giocatore patologico si rivolge al SERT?

R. Pur non avendo a disposizione in Italia dati e ricerche di tipo epidemiologico su larga scala, diversi indicatori segnalano come il fenomeno del gioco d’azzardo stia presentando problematicità crescenti. Si pensi ad esempio all’aumento di richieste di aiuto a servizi pubblici o privati da parte di giocatori o loro familiari, allo sviluppo di forme di auto-aiuto, al crescente – sebbene incostante – allarme sociale legato a fatti di cronaca ed al crescente fenomeno dell’usura, in parte non marginale imputabile al gioco.
Questo aumento del fenomeno ha ovviamente coinvolto i servizi per le dipendenze, solitamente usufruiti da persone con problematiche legate al consumo e dipendenza da sostanze stupefacenti, e di conseguenza attrezzati principalmente per tali tipologie di pazienti.
I servizi per le dipendenze si sono perciò dovuti riorganizzare, rimodularsi per questi nuovi scenari attraverso la formazione degli operatori e l’innovazione e lo sviluppo di trattamenti appropriati.
Normalmente il giocatore arriva al SERT in un forte momento di crisi e stress individuale. Tale condizione può essere causata da una situazione debitoria insostenibile e da una forte pressione dei familiari che non reggono più la situazione di dipendenza della persona. Altre volte l’invio avviene attraverso il medico di base e nei casi più attraverso lo psichiatra del territorio o del reparto ospedaliero.

D. Secondo voi ci può essere una relazione tra l’attuale situazioni economica del Paese e l’aumento del gioco d’azzardo?

R. La relazione con la situazione di crisi economica del fenomeno del gioco è certamente complessa e non lineare. 
Esiste sicuramente una peculiarità italiana di politiche precise e indicative rispetto al gioco. Lo Stato ha cercato, attraverso lo sviluppo del gioco d’azzardo e l’apertura di sale e spazi appositamente destinati a tali attività, di acquisire risorse e fondi perduti sia per la crisi economica che per gli interventi di tagli e risparmi richiesti dal patto di stabilità. Per cui vi sono più video slot e più giochi in circolazione rispetto agli anni precedenti, e questo aumento dell’accessibilità è sicuramente un fattore di rischio. Queste politiche sono senza dubbio legate alla crisi economica e al peggioramento del quadro finanziario dei fondi pubblici a causa di tagli e della spesa. Per questo il gioco d’azzardo è stato visto come possibilità di procurarsi risorse economiche per l’erario.
Più difficile un collegamento diretto tra situazione economica personale e gioco patologico. Oltre alla necessità di soldi e denaro si gioca per solitudine, noia, desiderio di novità; le componenti possono essere molteplici, anche se certamente il gioco viene percepito come un modo veloce, rapido e stimolante per ottenere denaro e per potersi  procurarsi oggetti o beni che in un tempo di crisi sono più difficilmente raggiungibili.

D. Il gruppo è una risorsa fondamentale nel vostro lavoro con i giocatori patologici. Come arriva ad esercitare ruolo chiave?

R. L’importanza degli interventi di gruppo, sia che abbiano un impostazione psico educativa o più clinica terapeutica, è oramai pienamente verificata e accertata. Come indicano Carraro e Liotti, indipendentemente dall’organizzazione formale e teorica, il gruppo terapeutico svolge una funzione complessa per i soggetti affetti da sindromi di dipendenze patologiche: esso li supporta nello sviluppo di un progetto comune all’interno del quale confluiscono fantasie, aspettative e desideri (individuali, interazionali e relativi all’ambito dell’istituzione curante).
Nell’ambito delle dipendenze patologiche gli  interventi psicoterapeutici di gruppo sono da tempo consolidati e utilizzati. Soprattutto nell’ambito istituzionale e in contesti strutturati (come Comunità Terapeutiche, Centri Diurni ecc.) hanno  trovato un sempre  maggior utilizzo e consolidamento. Si è osservato infatti che molte persone con problematiche legate alla tossicodipendenza trovano sostegno confrontandosi con persone che hanno avuto la stessa esperienza. La negazione è una difesa forte che si ritrova frequentemente in tutti coloro che fanno uso di sostanze. Un setting gruppale, inoltre può facilitare l’insight e favorire la presa di consapevolezza nei tossicodipendenti dei loro problemi.
Supportati da questo sfondo teorico ed esperienziale, abbiamo ritenuto che un gruppo di impostazione rogersiana, potesse avere un applicazione opportuna anche in riferimento alla problematica del gioco d’azzardo. Questa convinzione, ci giunge dal fatto che la metodologia dei gruppi d’incontro, permette da una parte una flessibilità, data proprio dall’etica dell’accoglienza incondizionata, dall’apertura e libertà, che consente a persone con resistenze e riluttanze, di avvicinarsi al trattamento; e dall’altra, la presenza di un setting strutturato e impostato, che prevede contenimento, protezione e sicurezza, ha la possibilità di fornire stimoli e motivazioni per un possibile cambiamento.

D. Quali sono le competenze fondamentali che deve avere uno psicologo che lavora con giocatori patologici?

R. Dal mio punto di vista le competenze sono quelle che deve avere un professionista clinico che lavori nell’ambito delle dipendenze patologiche e della salute mentale. Prima che clinico deve essere persona, in contatto con il proprio aspetto emotivo e con capacità di ascolto sia interno che esterno.
Poi sono importanti la capacità di accogliere e accettare senza pregiudizi o preconcetti ideologici o morali. 
Si evidenzia inoltre la capacità di lavorare in equipe e in gruppo con altri professionisti poiché le dipendenze richiedono un approccio multimodale e legato ad una visone della salute bio-psico-sociale. 
Infine sono necessarie competenze nell’area psicodiagnostica, di osservazione e diagnosi nonché capacità nel lavorare con i familiari e in rete.

D. Quali sono i più grandi ostacoli e le difficoltà con cui uno psicologo si deve confrontare nel lavoro con i giocatori patologici?

Con il giocatore patologico inizialmente vi sono sempre difficoltà legate alla motivazione al trattamento e all’accettazione delle conseguenze legate al suo comportamento compulsivo. Nonostante vi siano forti sensi di colpa e vergogna è difficile interrompere il gioco totalmente. Soprattutto se la scelta di rivolgersi al servizio è non autonoma ma passa da parenti o medici. 
È molto importante perciò creare un’alleanza terapeutica fondata su fiducia, accoglienza ma anche richieste di impegno e costanza al trattamento.
Un'altra difficoltà notevole riguarda ovviamente il fatto che il gioco d’azzardo è legale. Legale e presente in modo massiccio nelle nostre realtà cittadine. Tabaccai, bar, sale giochi, supermercati, offrono possibilità di video slot e gratta e vinci, mettendo il giocatore sempre in una situazione di disponibilità che rende molto ardua se non impossibile un’astensione almeno nelle prime fasi. Altra difficoltà è la gestione dei rapporti con i familiari che si trovano a scoprire il problema difficile da accettare e che porta forti sconvolgimenti del sistema famiglia.  Emergono forti sentimenti di rabbia e impotenza, desiderio di controllo e sfiducia che, se non opportunamente gestiti, possono interferire con il trattamento terapeutico.

D. Quali sono le condizioni (psicologiche, sociali, familiari ecc…) che proteggono dal gioco patologico?

R. Gli studi sui fattori di protezione non sono numerosi soprattutto in rapporto al gioco d’azzardo e affrontano il problema nell’ambito più ampio della dipendenza o spesso vengono derivati in negativo dai fattori di rischio. Come esempio riportiamo alcuni dati di una ricerca condotta dall’Alberta Alcohol and Drug Abuse Commission  (AADAC) nel 2002, che ha definito i fattori di rischio e di protezione associati ad “adolescenti e forme di addiction”. I Fattori protettivi vengono classificati inIndividuali, e qui rientrano abilità sociali e senso di responsabilità, stabilità emotiva, positivo senso di sé, abilità di problem solving, flessibilità, resilienza. Poi i fattori familiari, e cioè relazioni positive fra i membri della famiglia, supporto emotivo e assenza di critiche severe, senso di fiducia, ruoli e aspettative chiare. La scuola è un altro fattore importante. Un ambiente scolastico supportivo con modelli e ruoli chiari per un comportamento appropriato, partecipazione e coinvolgimento nei compiti e nelle decisioni scolastiche aiuta certamente a migliorare la propria autostima e senso di efficacia. Inoltre, il gruppo dei pari e la comunità aiutano a sentirsi parte di un sistema supportivo e solidale.
Il coinvolgimento in attività, il confrontarsi con le norme in un gruppo di pari positivo, le competenze sociali quali abilità nel prendere decisioni, l’assertività nella comunicazione personale sono sicuramente aspetti importanti.

Per quel che riguarda in modo specifico il gioco d’azzardo appare  essenziale tener conto di questi aspetti:

  • Valutare l’impatto della diffusione e delle diverse forme di gioco e il rapporto costi/benefici sulla comunità;
  • Definire, regolamentare, controllare e separare gli ambienti e i momenti di gioco da quelli di “non gioco”;
  • Aumentare l’auto-aiuto e il supporto sociale;
  • Sviluppare competenze e abilità personali attraverso le agenzie educative (famiglia, scuola, associazioni) considerando che in questi contesti si formano le conoscenze, le credenze, i valori individuali che possono sostenere o meno un’attrazione verso il gioco patologico.
  • Riorientare i servizi sanitari verso la consulenza, l’assistenza e la terapia per chi rischia di incontrare problemi al gioco. 

D. Di solito i giocatori patologici sono esposti ad altri tipi di dipendenze?

R. Come riporta La Cascia in un recente articolo sulla rivista E- Noos, la mancanza di indicazioni epidemiologiche sulla popolazione generale circa le dipendenze comportamentali rende difficile stimare la prevalenza delle stesse all’interno di specifici gruppi diagnostici. Si può, ad oggi, disporre soltanto di studi di settore che partono dall’indagine di una diagnosi per poi constatare eventuali comorbilità. 
Dalla nostra esperienza clinica e istituzionale rispetto alla comorbidità, si è osservato la presenza di disturbi dell’umore, con storie di tentato suicidio, ADHD (per la presenza di irritabilità e di intolleranza alla noia); abuso o dipendenza da altre sostanze (soprattutto alcool); disturbo antisociale di personalità (o condotte antisociali atte a procurarsi il denaro necessario per altre giocate); disturbo narcisistico e borderline di personalità.

D. C’è qualcosa che si può fare per prevenire il gioco d’azzardo? In altre parole quali sono o potrebbero essere le misure preventive più efficaci?

R. La questione prevenzione risulta essere uno dei temi principali e indispensabili per attivare un sistema virtuoso e protettivo rispetto al rischio del gioco patologico.
Dobbiamo di conseguenza considerare questo fenomeno una questione che riguarda la Comunità e non i singoli individui. Tornare ad essere più Comunità significa essere più informati sul fatto che il benessere non dipende solo da processi interiori, ma anche da una coscienza consapevole dell’ambiente circostante. Esiste il rischio di un aumento dei livelli di solitudine e alienazione individuale. Lo sforzo di una comunità solidale e centrata sulle relazioni è quello di spostare e muoversi verso modelli collaborativi e centrati sulla partecipazione al fine di permettere l’incontro con l’altro e non solo quello con se stesso.
Se si inizia ad affrontare il gioco come un problema di salute pubblica allora si rende necessario applicare misure già previste o in via di realizzazione in altri paesi.
Innanzitutto tutelare i minori prevedendo misure restrittive per l’accesso alle video slot (esempio tessera elettronica) e potenziando la formazione degli insegnati e gli interventi nelle scuole e le campagne di sensibilizzazione.
Inoltre è importante introdurre misure sulla pubblicità. La comunicazione commerciale relativa ai giochi non deve incoraggiare il gioco eccessivo o incontrollato; negare che il gioco possa comportare dei rischi, presentare e suggerire che il gioco sia un modo per risolvere problemi finanziari o personali, o costituisca una fonte di guadagno o di sostentamento alternativa al lavoro, piuttosto che una semplice forma di intrattenimento e di divertimento.  Attualmente la pubblicità gioca sul fatto di far credere cose non possibili matematicamente e di far sperare in cambiamenti di vita o miglioramenti dell’autostima. Inoltre andrebbero regolamentati i banner che appaiono su internet o sui cellulari.
È poi necessario un cambiamento culturale e sociale, che non veda il premio nella vincita, l’ottenere denaro come obiettivo ultimo e finale.
In questo, scuola e agenzie educative e locali possono intensificare gli interventi su stili di vita  e life skill già in atto.

D. Se il gioco d’azzardo può essere considerato una vera e propria dipendenza, come è possibile che nel nostro Paese questa pratica sia considerata legale, seppure limitatamente ad alcuni contesti?

Per la verità non è un fenomeno solo nel nostro paese ma tipico del mondo occidentale. Certamente in Italia a seguito di diversi disposizioni legislative vi è stato un vero e proprio boom del gioco d’azzardo. Lo Stato, come si diceva prima, ha visto il gioco inizialmente come una opportunità di lavoro e occupazione (liberalizzandolo) e di introiti fiscali per la propria spesa pubblica.
Il gioco è insomma diventato un fenomeno di massa, da una parte soddisfacendo un bisogno esistente, quello del vincere subito e facile, dall’altro essendo percepito un modo immediato per fare cassa anche per affrontare emergenze sociali (come ad esempio terremoti ed alluvioni).
Attualmente il gioco è diventato un’industria (la terza per fatturato) vera e propria e ovviamente ora vi sono grandi interessi e coinvolgimenti a che questa industria non abbia impedimenti e ostacoli.
È probabile che andremo verso una situazione analoga a quella di alcool e il tabacco dove conviveranno due approcci apparentemente contradditori ma culturalmente accettati a differenza di quello che succede per le doghe come i cannabinoidi, eroina o cocaina. In altre parole il messaggio che viene passato è che a piccole dosi alcool e gioco non fanno male (ma anzi sono un piacere), la cosa importante è non esagerare. 
Il problema è però per le persone fragili e vulnerabili per le quali questo assioma non si verifica. Per questo motivo è necessario attivare una legislazione che tuteli e prevenga proprio il rischio di dipendenza soprattutto per tali condizioni.