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numero 19 - luglio 2014

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L'intervista

Intervista a Giampaolo La Malfa

Intervista a Giampaolo La Malfa

Abbiamo intervistato il Dott. Giampaolo La Malfa, specialista in Psichiatria e Neurologia e Psicoterapeuta, sul tema delle funzioni esecutive. Si tratta di un argomento di cui sempre più spesso si discute, e abbiamo chiesto a chi lavora in questo settore da molti anni di aiutarci a chiarire alcuni dubbi, soprattutto in termini di nomenclatura, e di spiegarci come si sviluppano queste funzioni cognitive, come possono essere danneggiate e che cosa il clinico può fare per recuperare eventuali deficit e migliorare la qualità di vita della persona.

D. È sempre più frequente il riferimento al concetto di “funzioni esecutive” in relazione ad ambiti diversi. Potrebbe cortesemente spiegarci come le funzioni esecutive si manifestano nella vita quotidiana dei bambini e degli adulti?

R. Il concetto di “funzioni esecutive” riguarda tutto un insieme di procedimenti cognitivi e affettivi connessi tra di loro in forma sequenziale e in maniera differente a seconda dei compiti e delle situazioni che l’essere umano affronta nella vita quotidiana. In termini forse più semplici le “funzioni esecutive” fanno riferimento proprio al funzionamento del nostro cervello e della nostra mente “in toto”, che regola e armonizza tutti i nostri comportamenti nel mondo. Tali funzioni, come è facile intuire si sviluppano nell’essere umano fin dalla primissima infanzia e per questo riguardano qualsiasi epoca della nostra vita: infanzia, adolescenza, età adulta, età anziana.

D. Come mai a livello scientifico si fatica a raggiungere un accordo in merito alle funzioni cognitive da inserire nel novero delle funzioni esecutive?

R. Essendo il concetto di “funzioni esecutive” estremamente ampio, tantissimi autori hanno individuato differenti aspetti: Previsione, Concentrazione, Ragionamento Astratto, Comportamenti programmati e orientati ad uno scopo, Esecuzione di sequenze di risposte per evitare interazioni o conseguenze negative, Apprendimento dall’esperienza, Interpretazione degli spunti sociali, Risoluzione dei problemi, Abilità verbale, Attenzione. Da ciò deriva, nonostante l’enorme interesse teorico e clinico in questo settore, la notevole confusione sia terminologica che di risultati delle ricerche. Credo si possa utilmente concordare che è utile individuare almeno quattro raggruppamenti di funzioni cognitive costituenti le “funzioni esecutive”: la Flessibilità cognitiva, il Controllo attentivo, la Capacità di definire un obbiettivo, l’Elaborazione delle informazioni. Questa confusione si riflette poi nel numero di test di valutazione molto alto, spesso troppo “semplificati” o selettivi, ma lontani dalla realtà quotidiana e clinica. Per tale ragione oggi prende sempre più campo un approccio “ecologico” allo studio delle “funzioni esecutive” che affianca ai tradizionali test neuropsicologici, l’utilizzo di questionari etero e autosomministrati che meglio riflettono il funzionamento della persona nella vita reale. Personalmente insieme ai colleghi Emanuela Gritti, Margherita Lang, Antonella Leccese, Teresa Maria Sgaramella e Salvatore Soresi stiamo lavorando alla versione italiana di uno dei più importanti tra questi strumenti “ecologici”: il Behavioural Rating Inventory Executive Functions – Adult Version (BRIEF-A) che è applicabile a tutti i soggetti in età adulta.

D. Qual è il percorso di sviluppo di queste funzioni cognitive così complesse?

R. Ovviamente la risposta a questa domanda deve essere articolata e comunque provvisoria. I dati sono talora contrastanti, soprattutto per quanto riguarda lo studio dello sviluppo di specifiche funzioni. I dati, tuttavia, anche se non ancora esaurienti, confermano quello che è chiamato approccio “life span”, per cui si ha una continua evoluzione di strutture e connessioni, per un lungo arco di tempo, che sicuramente sposta molto più in avanti la fine dello sviluppo cognitivo, che precedentemente si collocava nella seconda infanzia, con l’acquisizione delle “operazioni formali”.

D. Esistono dei quadri clinici che si caratterizzano per una compromissione selettiva del funzionamento rispetto alle funzioni esecutive?

R. In senso stretto non si può parlare di una “patologia” delle funzioni esecutive. In tutti i quadri clinici che interessano il funzionamento mentale le funzioni esecutive sono, in gradi differenti, coinvolte. Negli ultimi decenni in alcuni specifici campi clinici le funzioni esecutive hanno sollevato particolare interesse: si pensi all’ADHD, alla Sindrome di Tourette, in senso lato a tutte le Disabilità Intellettive e dello Sviluppo. Occorre comunque ricordare che la maggiore mole di lavori teorici e clinici riguardano i Disturbi dello Spettro Autistico

D. I deficit a carico di queste funzioni sono congeniti o possono anche essere acquisiti a seguito di eventi traumatici o di altra natura?

R. Precedentemente abbiamo accennato alla complessa via evolutiva delle funzioni esecutive; è evidente che tutti quei processi che alterano tale sviluppo (eventi traumatici, ma anche altre note mediche e aspetti psicologici) o alterano, nel corso del tempo, le strutture cerebrali coinvolte in queste attività, possono generare disfunzioni, anche gravi, al funzionamento di tali componenti cognitive. Ciò è particolarmente importante relativamente ad un concetto che oggi assume via via una sempre maggiore importanza, quello delle Disabilità Intellettive Acquisite, con il quale si fa riferimento a tutti gli esiti di malattie come demenza, traumi cranici, ictus ecc. Le “funzioni esecutive” vengono sicuramente alterate in tutti i casi in cui si riscontri una disabilità intellettiva acquisita. Un accurata indagine del funzionamento esecutivo può aiutare una corretta valutazione dei pazienti ed è di riferimento per ulteriori interventi terapeutici.

D. È possibile predisporre programmi di intervento finalizzati al potenziamento del funzionamento esecutivo?

R. La valutazione delle funzioni esecutive è della massima importanza per l’elaborazioni di progetti di intervento, sia nel campo neuropsicologico e cognitivo-comportamentale, sia in senso strettamente psicoterapico. Mi piace sottolineare come la valutazione di tali funzioni ci permette di cogliere non solo gli eventuali “deficit”, ma anche i “punti di forza” (funzioni esecutive ben funzionanti) sui quali spesso è possibile indirizzare fattivi progetti terapeutici.

D. Un deficit a carico delle funzioni esecutive può compromettere l’adattamento della persona al suo contesto di vita e dunque la sua qualità di vita?

R. La risposta non può che essere affermativa. La qualità di vita, concetto molto complesso e ancora troppo poco utilizzato in campo medico, prevede che la persona abbia con l’ambiente che lo circonda un continuo scambio tra esperienze e scelte dell’individuo, per raggiungere il massimo rapporto tra interesse e soddisfazione nei principali domini dell’esistenza. Quel complesso di attività che chiamiamo “funzioni esecutive” ne sono uno dei pilastri imprescindibili, anche se non esclusivi.